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C’è una frase di ‘Notte prima degli esami’, film di Fausto Brizzi del 2006 (anno non casuale), che fa più o meno così: “Ma Ivano Bordon, secondo portiere della Nazionale del 1982, si può considerare Campione del Mondo?”. La risposta resta sospesa e distrae tutti i protagonisti, alle prese con gli ultimi ripassi prima della fatidica maturità. Gli occhi stralunati e il cambio repentino di scena non aiutano a capire, per fortuna ci siamo noi a sgomberare subito il campo da ogni singolo dubbio: sì che si può. Così come lo sono stati Marco Amelia e Angelo Peruzzi, nonostante non siano mai scesi in campo al posto di Gigi Buffon nel 2006.

Tutta questa premessa per dire cosa? Che non si scala il tetto del mondo esclusivamente con talento, abnegazione, incredibili qualità. Talvolta bisogna stare anche al posto giusto, al momento giusto, con l’onda giusta. Aver fortuna, insomma. E pure costruirsela. Ecco, a proposito dell’Ottantadue: non dimenticate mai la storia di Franco Selvaggi, la punta del Cagliari che Bearzot preferì a Roberto Pruzzo della Roma. Sdegnò l’opinione pubblica, ma quella medaglia d’oro resterà per sempre sul petto dell’attaccante.

Era un piccolo spoiler: c’è proprio Selvaggi nelle 5 ricostruzioni dei ‘campioni del mondo’ invisibili. Grandi storie, di vittorie e di festeggiamenti. Di uomini che hanno raggiunto il cielo con un dito, senza fare troppo rumore.

#1 Franco Selvaggi – Italia, Spagna 82

Che festa, quella di Pomarico, un paesino di appena 4000 abitanti nella provincia di Matera. Lì, Selvaggi, è sempre stato semplicemente Franco, quel ragazzino che correva e giocava tra le vie di una cittadina di come non ne esistono più. Rapido, brevilineo, si muoveva con una velocità spaziale e soprattutto dialogava con i compagni: ecco perché Bearzot lo preferì a Pruzzo. Ecco perché lo chiamavano Spadino: con quel 38 di piede, faceva girare la testa a tutti i difensori. Chiedere per credere a un colosso del calcio italiano come Pietro Vierchowod. Comunque: dalla Ternana alla Roma, poi Taranto e il grande amore Cagliari, che gli regalò la Nazionale. Con l’Italia collezionò tre presenze, e la vittoria più grande di tutte: quella in Spagna. Guadagnata senza un singolo minuto in campo.

#2 Daniele Massaro – Italia, Spagna 82

Oh, qui parliamo di una carriera ben diversa. E soprattutto di un ragazzo di appena 21 anni che entrava nel giro dei grossi calibri della Nazionale. Nasce mediano di spinta Massaro, che più avanti si farà conoscere come “provvidenza” dai tifosi milanisti, e così Bearzot si fa sedurre dalla sua forza, dal suo sprint, dalla sua qualità palla al piede. Erano i tempi della Fiorentina e delle promesse: nel settembre del 1981, l’esordio in azzurro e le buone sensazioni, soprattutto del commissario tecnico. Daniele, però, si rovina con le sue stesse parole: poco prima di partire per la Spagna, si lamenta con la stampa di non essere stato aiutato dai compagni. Caso nello spogliatoio: confermata la convocazione, ma resta fuori, in disparte, senza godersi il viaggio verso Madrid e la Coppa. Comunque, è campione del mondo.

#3 Paulo Sergio – Brasile, Stati Uniti 94

Una vita al Corinthians, poi il grande salto: il freddo di Leverkusen, con tutte le sue possibilità. Al Bayer divenne grande, sfruttando la scia anche per Roma e Bayern Monaco. In mezzo? Un mondiale, sì. Quello americano del 1994, che gli italiani ricordano bene. Paulo Sergio però non brillò. Anzi: non ne ebbe occasione. Appena 23 minuti in tutta la rassegna, divisi tra le partite della fase a gironi (contro Camerun e Svezia). In totale, in 3 anni, metterà insieme 12 presenze e due reti. A proposito di onde giuste.

#4 Stephane Guivarc’h – Francia, Francia 98

Fu l’anno in cui cambiò tutto, quel 1998. Soprattutto per Guivarc’h, attaccante – ai tempi – tra i più prolifici del campionato francese. Dopo due stagioni da oltre venti gol tra Rennes e Auxerre, per il ct Jacquet non ci sono dubbi: deve far parte del gruppo che proverà l’impresa tra le mura amiche. Servivano le sponde, il fisico, la mentalità di Stephane. Servivano soprattutto i gol, il suo senso dell’azione e la percezione della porta avversaria. Ecco: Guivarc’h ci provò. Eccome. Ma in sei partite, non arrivò nemmeno una rete. In ogni caso, non gli impedì di festeggiare la fine della fiera.

# 5 Vampeta – Brasile, Giappone&Corea 2002

Okay: Vampeta ha fatto la storia della nazionale brasiliana, a dimostrarlo ci sono anche le 41 presenze (con 2 gol) che tiene stretto nel palmarés. Però… però faceva parte anche del dream team del 2002, quello di Ronaldo e Cafù, di Ronaldinho e Kakà. E partì anche titolare, nella gara inaugurale contro la Turchia. Settantadue minuti filati, dopodiché non vide più il campo. Ma si fece notare, eh. Eccome. Nei giorni a seguire la vittoria del Mondiale, con la festa pazzesca tra strade e piazze, Vampeta andò in visita con la squadra dal presidente della Repubblica. In che condizioni? Questa è facile da intuire…