Vai al contenuto

Due padrone, più o meno attese, qualche grande che dà segnali di ripresa e pure la prima panchina che salta.

A un mese esatto dall’inizio della regular season la NBA si conferma il solito coacervo di notizie e soprattutto avvenimenti.

Quello più importante nella notte italiana di lunedì, che ha visto disputarsi solo cinque partite, è accaduto alla Little Caesars Arena di Detroit, dove non si è vissuta una pagina esaltante di pallacanestro durante il match tra Detroit Pistons e Los Angeles Lakers.

Perché gli scontri sul parquet possono capitare, ma di risse parse a tratti inarrestabili come quella tra LeBron James e Isaiah Stewart (per fortuna) non se ne sono viste tante nei tempi recenti.

La tempesta nella rimonta Lakers

È accaduto tutto all’inizio del quarto periodo, con i Lakers in piena rimonta. Durante un contrasto a rimbalzo, Stewart è finito a terra a seguito di un duro tagliafuori da parte di LeBron, andato decisamente oltre i limiti del consentito avendo rifilato una gomitata all’avversario provocandogli una profonda ferita che non ha però impedito a Isaiah, furioso, di cercare immediatamente di rialzarsi per provare a farsi giustizia da solo.

Le scene da Pulp Fiction che sono seguite, con compagni e avversari che hanno cercato di trattenere il centro dei Pistons, hanno fatto da prodromo all’inevitabile doppia espulsione per i due protagonisti, con l’aggiunta di un tecnico a Russell Westbrook, considerato dagli arbitri come uno dei provocatori della rissa, oltre che all’incredibile tentativo di Stewart, fuggito negli spogliatoi, di rientrare sul parquet da dietro per “replicare” a James.

In attesa di capire le entità delle squalifiche i numeri sono quelli che aggiornano a due le espulsioni subite in carriera da LeBron, dopo quella del 28 novembre 2017 contro i Miami Heat (doppio tecnico e proteste).

Resta il fatto che a scatenare la rissa è stato il gesto di James, che ha surriscaldato una partita già sufficientemente vibrante dal punto di vista tecnico e che ha visto Los Angeles risalire dal -17, maturato proprio poco dopo la ripresa seguita alla lunga interruzione per la rissa.

Il 121-116 finale fa sperare coach Vogel che si tratti del successo svolta della stagione e in effetti aver risalito la china, pur non contro un avversario impossibile, senza il contributo del proprio leader, autore di soli 10 punti, è un ottimo segnale per i gialloviola, nella notte in cui oltre al solito Anthony Davis, autore di 30 punti e 10 assist, ha brillato anche la stella di Russell Westbrook. Per il numero 0 tripla doppia sfiorata (26 punti, 10 assist e nove rimbalzi) e un apporto finalmente decisivo per i meccanismi di squadra. I Pistons invece ripartono da un sempre più ispirato Cade Cunningham: per la prima scelta dell’ultimo Draft c’è la tripla doppia e il ruolo di ispiratore di 36 punti di Jerami Grant.

Arriva il primo esonero

Nella notte che ha visto tornare a sorridere dopo due sconfitte anche l’altra metà di Los Angeles, i Clippers, vittoriosi per 97-91 sui Mavs ancora privi di Luka Doncic (29 punti per Paul George), le squadre del momento comunque sono altre e il riferimento è a Chicago Bulls e a Golden State.

Gli Warriors liquidano anche i Raptors, cogliendo il successo numero undici nelle ultime dodici partite e il numero 15 della stagione, con due sole sconfitte, score che vale il primato solitario a ovest con ampio margine sui Suns, che hanno giocato una partita in meno e che sono stati protagonisti della vittoria più netta della giornata, il 126-97 sui Nuggets, ingiudicabili viste le pesantissime assenze di Jokic, Murray e Porter Jr.

Tornando agli Warriors, il 119-104 finale su Toronto racconta di una gara senza particolari patemi, ma la vittoria è tanto più preziosa perché giunta al termine di una notte “normale” di Steph Curry, autore di soli 12 punti. Ad esaltare coach Kerr sono allora Jordan Poole, autore di 33 punti con otto triple a segno, e Andrew Wiggins (32 punti e 7 rimbalzi).

Chicago invece supera i Knicks per 109-103 e aggancia i Nets al comando della Eastern Conference. Come Golden State, anche per i Bulls è importante che il successo sia arrivato nonostante la prova non esaltante di Lonzo Ball. Il trascinatore è DeMar DeRozan, autore di 31 punti, ma tutta la squadra di coach Donovan sa esprimersi su alti livelli anche sul piano difensivo.

Intanto, salta la prima panchina. Dopo un inizio di stagione sconfortante, con solo sei vittorie e 11 sconfitte, sette delle quali nelle ultime otto partite, i Sacramento Kings hanno messo alla porta Luke Walton. Al suo posto è stato promosso l’assistant coach Alvin Gentry, che ha un lungo passato da vice, ma anche da first coach a Los Angeles sponda Clippers, Phoenix e New Orleans.

Un tecnico di esperienza al quale i vertici della franchigia chiedono di sistemare i disastrosi numeri difensivi che avevano caratterizzato la gestione Walton già nella scorsa stagione per provare a centrare il difficilissimo obiettivo dei playoff, dai quali i Kings mancano da 15 anni.

[Credits Foto: Getty Images]