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In questi giorni si sta giocando la finalissima del Campionato maggiore di pallacanestro italiana. Le due squadre impegnate sono Milano e Bologna e i loro due coach sono accomunati da una curiosa circostanza capitata a entrambi: l’esonero lampo.

Messina e Djordjevoc, destini, per una volta, comuni

Due allenatori diversi, un’infinità di partite in panchina a cercare di portare a casa i risultati richiesti da società e tifosi, uno relativamente giovane e uno piuttosto esperto che ha alle spalle alcune annate importanti in NBA. 

Ettore Messina nasce a Catania il 30 settembre del 1959 e può vantare una carriera che lo pone tra i coach più titolati d’Europa, per una storia da allenatore che comincia addirittura da adolescente in quel di Mestre dove la famiglia si era trasferita quando lui era ancora bambino.

A 21 anni, ancora giovanissimo, gli viene affidato il settore giovanile del basket Mestre, stessa carica che acquisisce a Bologna con la Virtus, dopo aver lavorato un paio di anni con Massimo Mangano in quel di Udine. 

A Bologna lavora con gente del calibro di Sandro Gamba e Alberto Bucci, per poi prendere la guida della prima squadra nel 1989 quando porta a casa subito la Coppa Italia e la Coppa delle Coppe.

Nel 1993 nasce il sodalizio con la nazionale. 

Messina: dai trionfi del 2001…

Il coach catanese torna a Bologna nel 1997 e la sua seconda parentesi con la Virtus assume i connotati del trionfo, con alcune stagioni pregne di successi. 

L’apoteosi arriva nel 2001, quando la Virtus porta a casa il pieno: Coppa Italia, Eurolega e Campionato. 

È la Virtus di Ginobili, Sconochini, Rigaudeau, Abbio e Griffith che rimarrà per sempre nei cuori dei tifosi delle V Nere. 

Ma nessuno in quel momento poteva immaginare ciò che sarebbe successo di lì a poco. 

La stagione non sembra andare come quella precedente, la squadra è cambiata poco, si affaccia in prima squadra il quindicenne Marco Belinelli, Sani Becirovic si fa male a inizio 2002, Abbio e Granger salutano ad aprile e i rumors dell’addio di Ginobili a fine stagione logorano uno spogliatoio che non sembra saldo come nella stagione dei trionfi.

A fine anno arriveranno comunque un’altra Coppa Italia, un terzo posto in regular season completato dalla semifinale ai playoff persa da Treviso per 3-1 e la Finale di Eurolega persa contro il Panathinaikos. 

…all’esonero lampo del 2002

Qualche mese prima della conclusione della stagione e una situazione complicata ma non certo disperata, l’undici marzo del 2002 il presidente della Virtus di allora, Marco Madrigali, comunica la propria intenzione di esonerare Ettore Messina, facendo seguire alle parole, i fatti. 

A Basket City sponda Virtus succede il finimondo, anche perché l’esonero di Messina arriva dopo una sconfitta in quel di Pesaro per 95-62, una partita anomala nata male e finita peggio, ma comunque un passaggio a vuoto non certo frequente per quella squadra. 

Quando il giorno dopo va di scena la partita di campionato al PalaMalaguti contro Trieste, i tifosi palesano tutta la loro insofferenza nei confronti del Presidente, accerchiando più di una volta lo spicchio di campo dal quale Madrigali è solito guardare le partite della sua squadra. 

Sputi, calci, monetine, le Forze dell’Ordine costrette a intervenire e scortare Presidente e famiglia fuori dal Palazzetto per evitare il peggio. 

Antoine Rigaudeau prende più volte il microfono in mano per chiedere a tutti di tornare sugli spalti e la partita può cominciare, ma le minacce non mancano e Madrigali è costretto a riassumere in fretta e furia Messina che terminerà, come detto degnamente, la stagione. 

Col senno di poi Messina ha sempre etichettato come un suo errore la scelta di tornare sui suoi passi su richiesta di Madrigali. 

La stagione successiva è quella del canto del cigno della Virtus, che, orfana del pubblico e di Messina, non raggiunge i playoff, non palesa una situazione economica brillante e, anche a causa del caso “Becirovic” a cui non vengono pagati gli stipendi, affonda nei debiti e viene radiata dalla FIP.

Il guerriero dei balcani 

Di otto anni più giovane rispetto a Messina, Aleksander Djordjevic nasce a Belgrado il 26 agosto del 1967 e diventa prima un grandissimo giocatore, tra i più talentuosi di fine millennio e poi, sulle orme di papà Bratislav, intraprende la carriera di allenatore, vincendo da coach una Coppa di Grecia col Pana, una di Germania col Bayern e una Champions League con la Virtus. 

Quando sale alla guida della panchina della nazionale, si guadagna di diritto il titolo di eterno secondo, conquistando con la Serbia ben tre argenti, alle Olimpiadi del 2016, ai Mondiali del 2014 e agli Europei del 2017. 

L’avventura con la Virtus comincia nel 2019, all’indomani della deludente eliminazione contro l’Argentina ai mondiali e delle sue successive dimissioni. 

Ai saluti, anzi no, “Avanti insieme”

Sulla falsariga di quello che successe al suo predecessore nel 2002, anche al “pelato”, come lo chiamano i tifosi della Virtus, viene riservato lo stesso trattamento poco edificante dell’esonero, poi rientrato dopo pochi giorni. 

Durante la stagione in corso, quella del 2020/2021, Djordjevic attraversa un momento non proprio lucido dopo alcune gare di campionato e un filotto di 4 sconfitte consecutive, tra cui quella contro Sassari quando Djordjevic decide di non mettere in campo il nuovo acquisto Marco Belinelli. 

Dopo la comunicazione a mezzo stampa dell’esonero di Djordjevic, meno di 24 ore usciva un comunicato della società che rendeva noto di aver rimesso le cose in ordine e che veniva scelta la linea del “Avanti Insieme”. 

Luca Baraldi, Amministratore Delegato della Virtus, spiegava a Radio108 che un incontro leale tra lui, il coach e Paolo Ronci, aveva risanato la frattura. 

Due allenatori così diversi, quindi, che hanno vissuto la stessa esperienza, peraltro curiosamente con la stessa squadra, e a distanza di quasi 20 anni!