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Tra le tante famiglie che in Italia hanno lasciato in eredità pagine importanti sulla pallacanestro, quella che forse ancora oggi fa risuonare maggiormente il proprio cognome – non fosse altro perché due elementi su tre sono ancora in attività ed entrambi ad altissimo livello – è quella dei Gentile.

Partendo da Nando e arrivando a Stefano e Alessandro, tutti sanno di chi stiamo parlando se ne nominiamo il cognome, segno distintivo di un gene che è stato trasmesso lasciando segni importanti, nella vita dei protagonisti stessi e delle persone che insieme a loro hanno gioito per vittorie e trofei.

Papà Nando: il trascinatore

Tutto inizia con papà Nando, nato nel 1967 a Caserta e per anni simbolo e bandiera dell’intera città, non solo di quella cestistica. Appassionatosi al basket grazie al fratello Guido, primogenito di famiglia e vero faro cestistico di casa che convinse anche la sorella minore, Immacolata, a giocare (raggiunse la Serie A), è grazie a Bogdan Tanjevic che diventa il giocatore che ricordiamo.

Fu il coach slavo a farlo esordire in A2 a soli 15 anni con la JuveCaserta, dove giocò dal 1982 al 1993, vincendo un campionato e una Coppa Italia formando una coppia pazzesca insieme a Vincenzo Esposito. Poi Trieste, Milano dove vinse Scudetto e un’altra Coppa Italia, l’esperienza greca al Panathinaikos vincendo tre campionati e soprattutto la Coppa dei Campioni nel ’99-’00, per poi tornare in Italia girandola negli ultimi anni: Udine, Reggio Emilia, Siena, Caserta e Arturs Maddaloni, squadra della città natale dei suoi due figli, Stefano e Alessandro.

Nel mentre la Nazionale, con la cui maglia però vanta un argento agli Europei disputati in Italia nel 1991 e un bronzo ai Mondiali Under 19 di Bormio nel 1987.

Stefano: solido e gagliardo, un sesto uomo di lusso

Primogenito di Nando e Maria Vittoria, Stefano nasce a Maddaloni il 20 settembre 1989, periodo nel quale il padre giocava a Caserta, facendola diventare grande. Sballottato dai successivi viaggi del padre (Milano, Atene), gioca un anno nelle giovanili del Panathinaikos (2000-2001) per poi tornare in Campania e proseguire tra Maddaloni e Caserta, dove esordisce tra i professionisti nel 2005-06.

Come il papà, non si è mai posto il limite sul “dove” giocare, l’importante era seguire la propria strada per arrivare al massimo livello possibile. E così inizia il viaggio, che lo porta a Imola, Milano, Ostuni, Trento, Casale Monferrato, nuovamente Caserta, Cantù, Reggio Emilia, Bologna (sponda Virtus) e poi Sassari, dove si è stanziato dal 2018 e da dove non ha intenzione di andarsene; a maggior ragione dopo aver dato i natali al piccolo Ferdinando, primogenito suo e della compagna Altea.

Tra i suoi successi un campionato di Legadue con Casale nel 10-11, uno con la Virtus nel 16-17, due supercoppe italiane con Reggio Emilia (2015) e Sassari (2019) e una FIBA Europe Cup nel 18-19 sempre con la Dinamo. Uscito dal giro della Nazionale abbastanza presto, è storicamente un giocatore prezioso, che ha saputo calarsi bene in ogni contento in cui è andato. Da titolare a Caserta a sesto uomo in tante squadre dove ha militato successivamente, ritagliandosi spesso quel ruolo di guastafeste specialista con la mano educata da fuori e l’arte di saper gestire la squadra in playmaking, Stefano è oggi un punto saldo del Banco di Sardegna, dove ha scritto pagine importanti del club e dei cui tifosi è un beniamino, o forse meglio dire uno di famiglia.

Alessandro: un fenomeno incompiuto dalle tante vite

Il cerchio si chiude con Alessandro, nato nel 1992 sempre a Maddaloni. Da sempre il meno tranquillo della coppa di fratelli, inizia a giocare nel 2000 vicino casa, per poi smettere e riprendere seriamente dopo essere stato ingaggiato (a 14 anni) dalla Virtus Bologna, dove resta un anno prima di firmare con la Benetton Treviso, che ne intravede il brillante talento.

Con la Benetton arriva alla finale scudetto U18 nel 07-08, vincendolo l’anno dopo segnando 33 punti in finale contro la Montepaschi Siena. Esordisce con la maglia biancoverde nella stagione 09-10, iniziando a mostrare le sue qualità nel massimo campionato, entrando nelle idee di tutte le principali squadre nazionali e internazionali, venendo eletto miglior U22 della stagione 10-11.

L’anno dopo il passaggio a Milano, dove diventa uno dei punti di riferimento della prima era Armani, vincendo due Scudetti, una Coppa Italia e una Supercoppa italiana, da capitano. Quelli biancorossi resteranno per sempre i suoi anni migliori, nonostante un atteggiamento e un feeling con la piazza fatto di tanti alti e bassi, per via di una scarsa solidità mentale che solo oggi sembra aver consolidato, dopo anni di lavoro su se stesso.

Nel 2014 le sue prestazioni sono talmente devastanti che viene selezionato al secondo giro del draft NBA dai Minnesota Timberwolves, che cedono i suoi diritti agli Houston Rockets, senza però che Ale abbia mai messo piede in una partita NBA. I problemi fisici e un carattere a volte troppo irruento destabilizzano una carriera che sembrava destinata realmente al palcoscenico americano, mentre da lì le strade lo portano prima in prestito a Panathinaikos e Hapoel Gerusalemme, poi alla Virtus Bologna (dove gioca con il fratello), Estudiantes, Trento, Varese, Brindisi, Udine in A2 (l’anno passato) e quest’anno a Scafati.

Un viaggio che lui in primis avrebbe sognato diverso, ma che la vita e le scelte fatte hanno condizionato non poco. Oggi quello che vediamo in Serie A con Scafati è uno sbiadito ricordo dell’Alessandro Gentile che iniziò con Treviso e dominò con l’Olimpia Milano: in 20′ di media segna 5.7 punti, senza essere ancora andato mai in doppia cifra in sei partite giocate, pur con percentuali discrete.

Ma la sua storia non è ancora finita e la capacità con la quale si è sempre rialzato da ogni situazione, potrebbero farcelo ritrovare a livello più alto ancora una volta, anche contro le aspettative. L’anagrafe dice 30 anni, quindi ancora tutto il tempo per riscrivere un’altra importante pagina della personale storia, sua e della famiglia Gentile, che anche dal suo lato ha visto nascere un elemento in più, il piccolo Dusan. Chissà se lui e il cugino Ferdinando avranno voglia di far proseguire l’epopea di una delle famiglie più iconiche del basket italiano.