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L’Italia della pallanuoto è spesso stata tra le protagoniste dei principali tornei mondiali, portando a casa anche diversi successi in campo Olimpico e nei Campionati del Mondo.

Tutte vittorie in qualche modo epiche, anche se il ricordo dell’Oro Olimpico di Barcellona nel 1992 assume sicuramente un ruolo di primaria importanza visto che apre un ciclo con alla guida Ratko Rudic e che vede una delle finali più spettacolari di sempre proprio contro i padroni di casa della Spagna.

Gli Ori azzurri prima di Barcellona

Fin dalla prima olimpiade post bellica del 1948, la nazionale italiana di pallanuoto è conosciuta con il soprannome di “Settebello“. Termine quanto mai azzeccato coniato dal maestro delle telecronache, Nicolò Carosio, travolto come tutti dall’entusiasmo di quella prima medaglia d’Oro alle Olimpiadi di Londra, sulla corazzata ungherese che dal 1932 al 1956, vinse tutti gli altri Ori disponibili. 

Un periodo meraviglioso per le sorti della squadra azzurra, che si portò poi a casa un’altra medaglia color oro nel 1960, proprio nelle acque dello Stadio Olimpico del Nuoto chiudendo senza sconfitta le sette partite del girone finale, di cui sei furono vittorie. Il solo pareggio, manco a dirlo, contro l’Ungheria, che chiuse però solo terza quell’anno, dietro anche all’Unione Sovietica. 

Bisognerà poi aspettare fino a metà degli anni settanta per vedere di nuovo un’Italia competitiva ai massimi livelli, capace di portarsi a casa la vittoria nei Mondiali di Berlino (nel 1978), dopo essere però stata costretta all’argento due anni prima nel quadro olimpico di Montreal, con una sola sconfitta all’attivo, ad opera della stessa perenne avversaria, l’Ungheria. 

Le Olimpiadi del 1992: come arriva l’Italia

Prima di quell’edizione olimpica, le cose per l’Italia non stavano andando benissimo. Quattro anni prima si era chiuso solo al settimo posto a Seul, mentre l’anno prima non eravamo riusciti ad andare oltre il sesto posto ai mondiali in Australia. 

In tutte queste occasioni, a dominare la scena mondiale c’era una squadra quasi imbattibile, la nazionale della Jugoslavia: doppio oro olimpico nel 1984 e 1988, doppio oro mondiale nel 1986 e 1991. Semplicemente ingiocabili. Purtroppo a fare le carte del destino, è stata l’imponderabilità della guerra scoppiata proprio nei Balcani e che ha stravolto la geografia del paese, oltre a quella sportiva. 

A Barcellona, le sanzioni ONU hanno così escluso i balcanici dalla competizione, affidando il posto vacante alla Cecoslovacchia. Unita all’assenza della Russia (sostituita da una Squadra Unificata che comprendeva i migliori atleti di molti paesi ex sovietici), la gerarchia per la vittoria era quanto mai tutta da definire, con i padroni di casa certamente favoriti, oltre a Stati Uniti e la solita Ungheria. 

La svolta di Ratko Rudic

A cambiare le sorti del Settebello italiano, fu proprio l’arrivo di un ex jugoslavo come Ratko Rudic. Assoluto protagonista in nazionale con quasi 300 presenze in vasca, ma soprattutto fautore da allenatore dei due successi balcanici nelle precedenti olimpiadi (’84 e ’88), oltre a successi in praticamente tutte le competizioni a cui ha partecipato. 

Insomma, con il suo arrivo nel 1991, la nazionale azzurra si prende fin da subito un posto di rilievo tra le possibili favorite in campo mondiale. Anche se troppo acerbi i suoi talenti, per competere con le grandi ed esperte nazionali presenti, si diceva. A meno di un possibile miracolo. 

L’esordio olimpico

L’avventura della nazionale azzurra, comincia con un girone sulla carta piuttosto complicato. Due soltanto i posti validi per accedere alle semifinali, e con Spagna e Ungheria come principali avversari, l’impresa sembra complicata. 

L’esordio è subito in salita, con gli Ungheresi come primi avversari. Una partita che sembra però mettersi bene per il Settebello, in vantaggio per gran parte della partita, ma sciupona in molte occasioni con l’uomo in più a favore. 

Errori che materializzano il ritorno degli Ungheresi, capaci nell’ultima frazione di ribaltare il risultato e portarsi sul 7-6 che potrebbe dichiarare già il “game over” per gli azzurri. A rimettere le cose in parità, ci pensa così Gandolfi con una rete (tre le marcature per lui in questa gara) che consegna un punto e tanta speranza. 

Le prime critiche e il passaggio del turno

E mentre la Spagna e l’Ungheria procedono come tritasassi con le altre sfide (12-1 dell’Ungheria contro Cuba, 12-6 della Spagna contro i Paesi Bassi), sembra chiaro ormai che per passare il turno non solo serve un’impresa contro di loro, ma anche segnare quanti più gol possibili contro le altre, diventando la differenza reti una delle possibili condizioni per la classifica. 

Un’idea che si infrange però in prestazioni non sempre eccellenti e che continuano a essere deficitaria proprio in alcuni momenti essenziali in cui concretizzare il vantaggio. Contro i Paesi Bassi arriva la prima vittoria, ma con un misero 6 a 4. E contro Cuba non si va oltre al 11 a 8 finale. 

Insomma, le cose si fanno difficili e diventa sempre più determinante la sfida contro la Spagna del cinque agosto. Gli iberici arrivano con un filotto di tre vittorie su tre, compresa quella per 8-5 contro i forti ungheresi. Ma soprattutto con la convinzione dei propri mezzi, la forza del pubblico di casa e un fenomeno in squadra come Manuel Estiarte, autentico fuoriclasse della pallanuoto mondiale e nel fiore della sua carriera. 

Ed è forse proprio in quell’occasione che la squadra di Rudic, dimostra per la prima volta tutto il suo potenziale. Una partita tiratissima e giocata alla pari, così come paritario è il punteggio finale, 9-9. Una battaglia che regala agli azzurri un match-ball incredibile, da giocarsi contro la Grecia, fanalino di coda del girone con un solo pareggio all’attivo. 

Per la verità, ad agevolare l’impresa azzurra furono per una volta proprio gli ungheresi, che qualche ora prima di vedere l’Italia scendere in vasca contro la Grecia, si erano fatti fermare sul 13-13 dai modesti Paesi Bassi, regalando così una chance in più agli azzurri. 

La partita contro gli ellenici in effetti fu tirata oltre i valori assoluti, probabilmente forti del doppio risultato utile per passare il turno. Si chiude con un 8-6 che consegna il secondo posto al Settebello, per un’impresa già di per sé fantastica. 

L’ostacolo sovietico: l’impresa azzurra

Se il pareggio contro la Spagna era da considerarsi un’impresa, la vittoria contro la CSI in semifinale sfiora i contorni dell’epicità. Gli azzurri sono sfavoriti, ma mettono in vasca proprio tutta la speranza di chi non ha niente da perdere e tutto da guadagnare. 

Rudic continua a giocare tutte le sue carte, attingendo a tutto il materiale umano a sua disposizione. Ripagato da ogni suo elemento, a cominciare da un superbo Alessandro Campagna, che rifila una tripletta anche ai sovietici, compreso il gol vittoria che chiude il risultato sul 9-8 dopo una battaglia campale giocata al limite. 

La finale contro la Spagna: il sogno diventa realtà

Ci immaginiamo gli spagnoli aprirsi in un malcelato sorriso, nel momento in cui gli azzurri si qualificano per la finalissima, togliendo di torno il rivale più accreditato, la CSI dei fortissimi sovietici. 

Ed è forse questa troppa sicurezza iniziale che spariglia le carte in tavola, con un Settebello sceso in piscina invece con il coltello tra i denti, che domina letteralmente i primi due quarti di gara chiudendo sul 4-2 la prima metà di gioco. 

Grande protagonista in questo avvio è Ferretti, in una giornata perfetta per lui tanto da chiudere con ben quattro reti all’attivo. 

Proprio nel momento più complicato, però, viene fuori la classe del campione. Gli iberici mettono da parte la sicumera e affidano le loro speranze al grande campione, con Estiarte che si fa carico di tutte le scelte difficili in vasca, fino a recuperare lo svantaggio e segnare una rete a soli trenta secondi dal termine che regala il pareggio e i supplementari. 

L’inerzia (e il pubblico) è tutta dalla parte degli spagnoli, che al primo tempo supplementare si portano anche in vantaggio grazie a un rigore realizzato dal solito Estiarte. Mancano meno di un minuto alla fine e le sorti sembrano segnate. Ad ammutolire lo stadio ci pensa però ancora Ferretti, che insacca il pallone del pareggio con il cronometro che segna appena venti secondi da giocare. 

Si va al secondo supplementare, questa volta con il morale probabilmente invertito. C’è grande timore di sbagliare e la stanchezza comincia a farsi sentire. Non a caso nessuna delle due squadre riesce a segnare in questa frazione, protraendo la sfida al terzo tempo supplementare. Dove per la verità le cose non sembrano cambiare e lo stallo non vuole saperne di sbloccarsi. Fino a una manciata di secondi dal termine, quando Nando Gandolfi trova il tiro giusto per battere Rollan e fissare la sfida sul 9-8 per l’Italia. 

Il settebello è Oro olimpico. L’Italia sul tetto del mondo. E lì resterà a lungo. 

L’inizio dell’epoca azzurra

La vittoria dell’Italia di Rudic è sicuramente una grande sorpresa, ma è anche basata su elementi destinati a durare. La grande capacità del tecnico slavo è stata sicuramente quella di valorizzare tutta la sua rosa a disposizione, con cambi frequenti che hanno contribuito a tenere alto il ritmo di gioco e dare fiducia a tutti. 

Oltre a una serie di elementi di qualità che diventeranno poi colonne portanti di questa nazionale anche negli anni a venire: Attolico, D’Altrui, Bovo, Giuseppe Porzio, Campagna, Caldarella, Fiorillo, Pomillo, Gandolfi, Ferretti, Silipo, Averaimo, Francesco Porzio.

Dopo quell’oro olimpico la bacheca degli azzurri si arricchirà di parecchi altri trofei: dal Grande Slam con i Mondiali del 1994, ai due Europei vinti nel 1993 e nel 1995. Vittorie che hanno consolidato l’enorme successo di pubblico del Settebello, entrato definitivamente nei cuori dei tifosi al pari di altri grandi nazionali vincenti.  

E tutti siamo, da allora, in attesa di rivederli sul gradino più alto del podio olimpico (sfiorato nel 2012 con un secondo posto a Londra, sconfitti dalla Croazia in finale).