Cinque anni. Questo è stato il tempo in cui l’Union Saint-Gilloise ha riscritto le regole del calcio belga. Ma non era davvero una sorpresa, anzi: è come se oggi, in Italia, tornasse la Pro Vercelli a vincere titoli, a giocare la Champions League. Sì, perché la Royale Union, con il titolo portato a casa nell’ultima stagione, ha vinto quello che è il suo 12esimo titolo. Proprio così.
I primi undici? Ecco, l’ultimo di questi era arrivano novant’anni prima, nel 1934-1935. Giusto in tempo. Il primo? Nel 1903-1904, a soli sette anni dalla fondazione del club. Nel 1900 il primo massimo campionato. Poi quattro titoli di fila dal 1903 al 1907, un secondo posto e due di fila tra 1908 e 1910. E così via, fino all’inizio degli anni Trenta.
Una storia particolare
Di sicuro, una storia particolare, almeno quella della rinascita. L’Union Saint-Gilloise a ogni modo ha sempre bazzicato tra serie B e massima serie, solamente negli anni Sessanta è arrivata la mazzata della terza lega belga, la Division 2, diventata addirittura 3 nel 1980, e la 4 raggiunta nel 1982. Sono stati a un passo dal baratro e hanno saputo riprendere slancio per poi tentare la scalata, il cui via si può probabilmente datare nel 1995.
Il primo sussulto era infatti arrivato nel 1996 con la promozione in Division 2, a cui ha fatto seguito un’altra retrocessione e altri 10 anni in Division 3; il salto da una parte all’altra, anni di assoluta mediocrità, sono durati comunque per almeno vent’anni. Nel 2014-2015, riecco la seconda serie e una squadra cambiata, diversa, che puntava alla massima serie. Mancava da 50 anni.
La nuova era
Il ritorno in Pro League è arrivato dunque nel 2021, ed è stata subito un’altra storia: al primo anno tra i grandi, l’Union è arrivata seconda in campionato, qualificandosi alla Champions e finendo per giocare i quarti di finale di Europa League nel 2022-2023; un anno più tardi, fase a gironi di Europa League, secondo posto in campionato e percorso in Conference League, fino agli ottavi. Soprattutto: il primo trofeo dopo quasi 90 anni. La Coppa del Belgio, il terzo titolo in assoluto dopo l’ultimo nel 1913-1914. Una fenice.
Nel 2024-2025, l’apoteosi: la vittoria in campionato è la ciliegia su un percorso di rinascita semplicemente da film. E voluto, fortemente, a tal punto da rinunciare presto alla coppa nazionale e all’occasione in Europa League. Naturalmente, l’obiettivo era più grande: giocare in Champions League, e lo farà con l’Inter.
Cos’è cambiato?
Molti parlano della storia che è tornata, molti parlano di un cambio di rotta. La verità sta forse nel mezzo e un grosso aiuto è arrivato da un nuovo approccio generale per il club. Il successo è stato infatti un percorso costruito su un metodo, sull’intelligenza e naturalmente è partito tutto da un’intuizione. Dietro il ritorno del Saint-Gilloise c’è stato un espediente che molte squadre, anche le più grandi, stanno cercando di far proprio: l’ultilizzo dei dati.
Un uomo fondamentale dietro il loro ritorno ai fasti è stato Marc Delcour, capo analisi dell’Union. In un intervento dedicato a un podcast sulla performance, Delcour è stato chiaro: “Gli analisti sono coinvolti in ogni aspetto della preparazione. Dallo studio degli avversari ai video degli allenamenti, fino ai report del giorno gara: siamo lì per dare allo staff e ai giocatori l’immagine più chiara possibile”. Non bastano naturalmente solo i dati: questi ultimi devono trasformarsi in decisioni.
La più importante? Era arrivata già nel 2014: l’imprenditore tedesco Jurgen Baatzsch acquista la maggioranza del club e – pensate – per una cifra simbolica di un euro. Baatzsch era conosciuto come il fondatore di Redcoon: era un rivenditore di elettronica. Il suo legame con l’Union nacque un anno prima, quando visitò per la prima volta lo Stade Joseph Mariën, lo storico impianto della squadra. Quello che trovò fu un club allo sbando, sia dal punto di vista economico che strutturale. Lo stadio, un tempo orgoglio di Saint-Gilles, versava in condizioni di abbandono. Baatzsch decise di intervenire, e il destino giocò un ruolo importante nella salvezza del club.
Tony Bloom e i suoi dati
Salvezza, appunto. E non ancora trionfo. Questo arriva grazie a Tony Bloom. Dice qualcosa? Già proprietario del Brighton & Hove Albion, Bloom ha costruito la sua fortuna grazie al poker e alle scommesse sportive. Veniva chiamato “Lizard”, il lucertolone, per la freddezza e la razionalità delle sue decisioni. La sua azienda, Starlizard, è specializzata nell’analisi dei dati e nello sviluppo di modelli predittivi considerati tra i più accurati al mondo. E torniamo al mondo dei dati. In particolare al suo approccio: un metodo di scouting basato sui dati, tale da permettere di individuare talenti sottovalutati ma dal grande potenziale.
Un esempio? Deniz Undav, attaccante di terza divisione tedesca, acquistato dal SV Meppen nel 2020 proprio grazie alle analisi di Starlizard. 17 gol in 26 partite. Cessione veloce per 7 milioni al Brighton. L’Union reinveste quasi per intero la cifra incassata per Undav su un altro giovane attaccante emergente: Victor Boniface. Anche qui: ricorda qualcosa? Acquistato per 6,1 milioni di euro, il nigeriano non replica i numeri del predecessore ma si fa comunque notare, segnando 9 gol in 37 partite di campionato e altri 11 gol tra preliminari di Champions ed Europa League. Le sue prestazioni gli valgono un trasferimento da 20,5 milioni di euro al Bayer Leverkusen, un altro affare straordinariamente redditizio per il club. E così è iniziata la scalata, quella verso la vittoria.

