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È nato a Tuluà, nella Valle del Cauca, una delle zone più torride della Colombia. Volto pieno, lo sguardo assente, un po’ teppista nei primi anni della sua vita. Per qualcuno era semplicemente un ‘vizioso’ della vita, chi lo conosceva l’ha spesso definito insopportabile. Un bruciatore di ponti, pure bravo ad adoperare il machete. Il suo destino? Era quello di giocare a calcio, anche perché nessuno l’avrebbe sopportato facendo altro.

Sua madre, Donna Marcela, disse che avrebbero dovuto lasciare il destino nelle mani del ragazzo: se avesse voluto fare il calciatore, suo figlio, allora avrebbe dovuto farlo. E così da Tulua sarebbe arrivato a Cali, da Cali al Cucuta Deportivo e da lì al Nacional de Medellin. Inarrestabile, vertiginosa, la tratta della sua carriera.

Quella di Faustino Hernan Asprilla. E non c’è dubbio: è sempre stata segnata da una sorta di patto con un diavolo tanto straripante quanto scaltro.

Black Gazelle

Sdraiato su un’amaca sulla sua Hacienda San Tino a Tuluà, con le ginocchia in frantumi, con i calci ancora vivi nelle gambe, a 50 anni è facile immaginare Tino Asprilla che oggi ricorda di tanto in tanto le tribune dell’Ennio Tardini o del Parco di San Giacomo – St James Park, casa del Newcastle – cantando il suo nome.

È stato uno dei migliori ‘scioperanti’ al mondo negli anni Novanta, potente, energico, verticale, ambito dai più grandi. L’emblema di una Parma gloriosa che, con Parmalat, gareggiava al di là dei suoi mezzi. Era un attaccante totale e veloce che, nei suoi giorni buoni, poteva sbrogliare da solo le difese avversarie.

Insieme a Brolin, Zola, Dino Baggio, Sensini e molti altri, Asprilla è diventata un’icona del calcio a maniche lunghe. ‘Black Gazelle‘, ‘Fausto’, ‘El Tino’ e ‘The Octopus’, con l’Undici sulla schiena e facendo mezza capriola, i suoi vari soprannomi danno ancora oggi un resoconto di quello che era e di quello che avrebbe potuto essere.

Un calciatore con una lunga carriera sul campo, ma molto più fuori. La lista dei suoi scandali, alcuni reali e altri alimentati dal protagonista stesso, è inesauribile. Lotte con la stampa, feste e baldoria in perpetua dissolutezza, atti di indisciplina con i suoi allenatori, sparatorie in aria e possesso illegale di armi, gravi incidenti stradali e, soprattutto, un incorreggibile donnaiolo che, come vedremo, si credeva giusto e addirittura obbligato a esserlo.

Ecco, non è difficile pensare che in tutta la Colombia ci devono essere stati tanti bambini con i geni de ‘El Tino’.

È nato a Tuluá, nella Valle del Calcio dei primi anni Novanta, che sembrava essere il luogo ideale per esaudire e trascendere i desideri di Asprilla.

Lusso, soldi, vizi: “Comprare una Ferrari è stato come comprare una bibita”, ha detto in un’intervista a Caracol TV. La fama di libertino che ha portato con sé dalla Colombia ha acquisito una nuova dimensione in Italia. Nei suoi primi anni a Parma è stato legato all’attrice porno Petra Scharbach. Ma ha dovuto negarlo in modo incondizionato: “Non sono mai uscito con lei”, arrivò quasi ad urlarlo.

Insieme a compagni come Massimo Crippa, per Asprilla “il più grande donnaiolo del pianeta Terra”, che è tanta roba detta da lui, “El Tino” conosce e gode la notte sconfinata di Milano. Frequentatore abituale di locali alla moda come l’Hollywood, l’attaccante colombiano si divertiva con personaggi del calibro di Steven Seagal, Madonna, Naomi Campbell e Claudia Schiffer. Tra tutti gli aneddoti, nessuno è così bizzarro come il giorno in cui incontrò Cyndi Lauper circondato da quindici travestiti che inseguivano audacemente Fernando Couto e i suoi capelli. Ma questa è decisamente un’altra storia.

In campo

Tornando al calcio, il successo internazionale di Asprilla è stato quello di arrivare giusto in tempo per la famosa vittoria per 5-0 contro l’Argentina nelle qualificazioni ai Mondiali di calcio negli Stati Uniti.

Il culmine della generazione de ‘El Pibe’ Valderrama, René Higuita, Óscar Córdoba e Leonel Álvarez, Asprilla si è trasformato in una burrasca nel secondo tempo in cui, con gli spazi sconfinati, riuscì a distruggere completamente Simeone, Redondo, Borrelli, Ruggeri e l’intera Albiceleste.

Due gol: meraviglioso il secondo in una parabola perfetta su Goycoechea, ‘El Tino’ ha sorvolato il Monumental quel giorno come un signore, elegante e letale, che ha fatto alzare Maradona dal suo posto.

Quattro anni dopo, nel 1997, quando giocava per il Newcastle, Asprilla segna una tripletta contro il Barcellona nella prima partita della fase a gironi della Champions League. In coppia con l’attaccante danese Tomasson, assistito sulla fascia dalla velocità di Keith Gillespie, Faustino mostra tutto l’imbarazzo della squadra di Van Gaal, con Celades, Nadal e Reiziger che traboccano in difesa.

Un gol, un rigore da lui stesso provocato a cui seguirono due potenti colpi di testa contro cui nulla può fare Ruud Hesp. Tre gol che, guardando indietro, rappresentavano il canto del cigno di un giocatore pazzesco. Che nonostante gli infortuni al menisco, riuscì ad adattarsi allo stile Premier.

L’amore con il Parma

A Parma arrivò nel 1992. Feste, donne e scherzi, il classico genio e sregolatezza. “Una volta in Italia sono stato con 5 o 6 ragazze insieme”, aveva raccontato a Fabio Cannavaro in una delle ultime dirette Instagram. “Eravamo in ritiro. Un compagno mi disse ‘Vieni qui che ci sono 5-6 ragazze’. Ci divertimmo, almeno fino alle 5 del mattino. Sempre Crippa, mi portava in giro…”. Ma Tino è stato tanto anche in campo: 150 gettoni, 43 gol e 4 assist. Ma soprattutto la Supercoppa Uefa del 1994 vinta contro il Milan, con Tino in campo tutti i 210 minuti della doppia sfida. Poi, l’Uefa del 1999. Una squadra fortissima, da Thuram a Buffon, da Cannavaro a Hernan Crespo. E il genio d’Asprilla.

Del resto, questa era la squadra capace di vincere due volte la Coppa Italia, due volte la Coppa Uefa e una volta pure la Supercoppa Italiana – oltre a quella europea -, insieme a una Coppa delle Coppe (e una finale persa con l’Arsenal). E di allenatori, poi. Durissimi e unici. A partire da Malesani: “Mi ricordo quella volta della multa di tre milioni che mi diede – il ricordo di Asprilla -, mi disse che era stufo, che dovevo cambiare e non potevo sempre fare casino a tavola altrimenti mi avrebbe ceduto. Non ero capace di stare in silenzio, dovevo fare scherzi a tutti. Ah, quella multa la mangiai a tavola”.

Non da meno il rapporto con Nevio Scala: “Il mister ci faceva fare sempre le passeggiate la mattina, un giorno caddi nel lago, avevo sonno”.

E conoscete quella storia con Chilavert? Pare che nel 1997, un famoso narcotrafficante colombiano gli diede l’autorizzazione a uccidere l’avversario. “Ma ciò che accade in campo deve restare in campo”, gli dirà Asprilla.