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Davvero indimenticabile la «dichiarazione d’amore» dei tifosi del Milan nei confronti di Leonardo Nascimento de Araujo, pochi istanti prima del derby che decise lo Scudetto nel 2011.

Era il 2 aprile di quell’anno e si giocava il derby di Milano tra Milan e Inter.

Da una parte Allegri, che vincerà lo Scudetto – l’ultimo prima del dominio Juventus a tinte bianconere –, dall’altra lui, Leonardo, allenatore dei nerazzurri e considerato alla stregua di un traditore dai suoi ex tifosi.

L’Inter finirà la stagione a ridosso dei rossoneri, ma perderà il derby per 3-0 (due volte Pato e una volta Cassano). Curiosamente, però, quella rimane una delle migliori stagioni dell’Inter dal 2011 ad oggi: secondo posto e vittoria della Coppa Italia (3-1 contro il Palermo in finale) nonostante la terribile uscita dalla Champions League contro i tedeschi dello Schalke 04 (indimenticabile il 2-5 di San Siro con eurogol di Stankovic ma debacle nerazzurra nei 90’).

Il clamoroso passaggio all’Inter

Quando verrà intervistato nel 2018, da direttore tecnico del Milan, Leonardo dichiarerà: «Mi chiamarono traditore quando passai all’Inter. Capisco e rispetto certe reazioni anche perché era tutto legato a qualcosa di positivo che era successo. Viviamo tutto questo nel limite del rispetto, l’ho vissuto nel momento del mio passaggio all’Inter, capisco e rispetto certe reazioni. A Milano sono diventato adulto quando ho smesso di giocare a calcio.»

La verità è che Leonardo, nel decennio appena trascorso, ha acquisito dalle sue esperienze al Milan, all’Inter e al PSG un bagaglio tecnico, dirigenziale e umano che molti gli invidiano. Il passaggio all’Inter non era certo pronosticabile, visto il suo passato (glorioso) a tinte rossonere, ma ancora meno lo era, se vogliamo, quello al Milan del 2018 – durato pochissimo, fino all’anno successivo quando tornerà a controllare il traffico mercantile dello sceicco residente a Parigi.

D’altra parte, di passaggi dal Milan all’Inter o viceversa se ne potrebbero citare a bizzeffe (Seedorf, Pirlo, Ronaldo, Pioli, Ibrahimovic, Balotelli…).

Quando Moratti lo chiamò per guidare l’Inter dal dopo Benitez fino al termine della stagione, Leonardo rispose al patron nerazzurro: «Lei sta scherzando, vero?». Fu lo stesso Leonardo, quindi, a non concepire un simile passo – più lungo della gamba, quella che gli ha permesso di scrivere pagine importanti come calciatore del Milan.

Dopo quel «sì» al patron nerazzurro, però, la sua vita è cambiata. È diventato un “uomo” del suo tempo forse proprio in quell’istante. Ciò che va capito in questa sede non è tanto il tradimento in sé, comunque parzialmente attutito dopo quella sonora lezione nel derby, quanto l’essenza dell’uomo Leonardo. Un uomo di mondo, si direbbe oggi. Di certo non un giuda, né un infame, semplicemente il simbolo dell’uomo moderno.

Più che la vicenda legata all’Inter, è semmai il rapporto con Gennaro Gattuso, da direttore tecnico del Milan (2018), ad essere semi-rivelativo. Tra i due non è mai corso buon sangue, e non c’è bisogno di conoscere personalmente Rino Gattuso per trarne le ragioni.

Secondo una parte del tifo milanista Leonardo si è spesso preso gli onori, ma non gli oneri, dei fallimenti delle società per le quali ha lavorato. Così per l’addio al PSG dopo l’ennesima caduta in Champions, lo stesso dicasi dell’ultimo addio al Milan (2019), in una società in difficoltà e abbandonata (quasi) da tutti, che ora si sta invece riprendendo tutto con gli interessi.

Il Leonardo allenatore del Milan

Addio al Milan che, tra l’altro, non è per Leonardo una novità.

Nel 2009, infatti, l’allenatore brasiliano subentrò a Carletto Ancelotti sulla panchina dei rossoneri. Qui al Milan applicherà quel 4-2-fantasia in grado di regalare vittorie memorabili (3-2 al Bernabeu in Champions League) e sconfitte terrificanti (come il 4-0 nel derby).

Perfettamente in linea con il Brasile che, tra il 1982 e il 1986, pur giocando un calcio stellare e a tratti inimitabile (frutto del 4-2-4 del Tele Santana cui si ispirerà Leonardo), non riuscirà a vincere alcunché.

Leonardo ha avuto l’intelligenza di sapersi reinventare. Quello che molti chiamano tradimento, codardia, infamia, forse non è altro che professionismo, e nel calcio iper globalizzato di adesso è una componente fondamentale.

Leonardo lascia la panchina del Milan il 15 maggio del 2010, anno del tripudio nerazzurro, vincendo contro la Juventus col punteggio netto di 3-0.

Saluta il proprio pubblico a San Siro con una sfilata che lo stesso pubblico non ha concesso – atto tra i più gravi della storia del calcio – al capitano di una vita Paolo Maldini.

Quasi a voler punire quell’errore imperdonabile, gli dèi riserveranno al popolo rossonero uno smacco da ricordare: Leonardo allenatore dell’Inter, appena l’anno successivo.