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La lotta per lo scudetto degli ultimi anni è quasi sempre stata una faccenda al massimo per due contendenti (a volte nemmeno quelli). In qualche stagione e per qualche periodo del campionato, forse si è arrivati a tre pretendenti. Ma c’è stato un tempo, quello a cavallo tra fine anni novanta e inizi anni duemila, in cui a inizio stagione le squadre che potenzialmente potevano ambire al vertice erano decisamente di più. Erano gli anni delle così dette “Sette Sorelle“.

Le Sette Sorelle del calcio italiano

Vantarsi di avere il campionato più bello del mondo è una consuetudine di molte nazioni e deriva da molti fattori: avere i giocatori migliori, il gioco e le tattiche migliori, una competizione aperta fino all’ultimo.

E in quel periodo che va da metà anni novanta ai primi del nuovo millennio, il campionato di Serie A italiano era tutto questo. I grandi investimenti e contratti milionari per i top player, avevano creato un gruppo di squadre quasi con pari ambizioni di vittoria. Fu allora che venne coniato il termine di “Sette Sorelle“, per definire Juventus, Milan, Inter, Roma, Lazio, Parma e Fiorentina. Ovvero, quelle che si contendevano i primi sette posti della classifica.

Sette società, sette presidenti

Ma quando si arriva ad avere una così alta competitività, c’è bisogno di solito di avere qualcuno alle spalle che sostenga queste enormi spese. Non è un caso se dietro ognuna di queste sorelle, c’è stato in quegli anni un Presidente di rilievo.

Gli Agnelli alla Juventus erano ormai dinastia storica, come pura quella di Moratti all’Inter e un Berlusconi che era riuscito a vincere tutto con il suo Milan. Ad avvicinarsi alle grandi sono state invece la Roma di Sensi (che riuscirà a riportare lo scudetto nella capitale nel 2001) e la Lazio di Cragnotti (che l’aveva invece vinto proprio a cavallo del secolo).

Oltre alle due ascendenti, il Parma di Tanzi che riuscì solo a sfiorare lo scudetto ma portò a casa comunque due Coppa Uefa. E la Fiorentina di Cecchi Gori che oltre a un terzo posto in campionato, si aggiudicò invece due Coppa Italia in quel periodo.

Tempi d’oro insomma, per le vittorie, per lo spettacolo e per il calcio italiano. Eppure, proprio da quelle gioie vennero poi fuori le braci di molti dei problemi societari di ieri e di oggi.

La fine delle Sette Sorelle

Ironia della sorte, proprio questa spirale alla ricerca di vittorie e di competitività porterà un tracollo pesante per molte di queste società.

Si comincia con la Fiorentina che prima prova a risollevarsi dai debiti con la cessione di alcuni preziosi elementi (Toldo e Rui Costa tra gli altri), salvo poi capitolare costringendo Cecchi Gori al fallimento della società. Retrocessa sul campo in Serie B nel 2002, dovrà poi ricominciare dalla C2 la scalata.

Nel 2004 tocca poi al Parma abbandonare il gruppo delle pretendenti, dopo lo “Scandalo Parmalat” che coinvolse il suo presidente Tanzi. La società però riuscì a restare a galla cambiando nome all’inizio, pur con ambizioni decisamente diverse. Qualche salvezza, una retrocessione in B, la risalita, fino al tracollo ulteriore del 2015 che la vide riprendere dalla Serie D dopo il fallimento.

Anche la Lazio dovette subire un momento di arresto, dopo che il crollo della Cirio coinvolse il suo presidente Cragnotti costretto poi ad abbandonare la carica proprio per salvare il salvabile. Carica che poi passo a Claudio Lotito, che acquistando il 32% del pacchetto, salvò di fatto la Lazio da un probabile fallimento (e dopo qualche anno di assestamento, tornare anche competitivo come sappiamo).

Debiti, problemi economici, costi troppo alti. Portarono comunque anche tutte le altre società ad adeguarsi, calando drasticamente le spese folli di quegli anni. Lo fecero Berlusconi, Moratti e anche la Juventus che perso il suo storico presidente della famiglia Agnelli, subì anche l’onta di calciopoli.

Insomma la storia del campionato più combattuto del mondo non finì benissimo per le sette protagoniste. Anche se oggi sappiamo come il destino abbia poi riservato strade particolari per ognuna di esse. Ma in fondo, anche questo è il bello del calcio. E chissà quali altre sorprese avremo da qua a dieci anni.