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Per i nati tra gli anni sessanta e gli anni ottanta il Processo di Biscardi – e del Lunedì prima – è stata la trasmissione di chiacchiera calcistica principale, quella che poteva fare opinione e che metteva l’ultima parola sui casi più controversi della domenica di campionato.

Il calcio parlato da bar, dritto in televisione

Dal nome già s’intuisce che l’idea viene per prima ad Aldo Biscardi che nel 1980, appena insignito della carica di caporedattore sportivo in RAI, decide di portare il calcio parlato in tv proponendo un programma (oggi lo chiameremo talk show) che discutesse sulle vicende del nostro sport nazionale.

Inizialmente il nome è Processo del Lunedì, e l’idea di chiamarlo Processo arriva a Biscardi dal grande Gianni Rodari, che nella prefazione di un libro sul calcio italiano scritto proprio da Biscardi, definisce il modo del giornalista di parlare di calcio come una sorta di processo appunto.

Questo formula piacque molto, così tanto da riproporla come titolo per una trasmissione che destinata a fare epoca.

Il Processo inizialmente è molto diverso da come si è poi sviluppato per anni: si tratta di un salotto televisivo che accoglie le opinioni dei giornalisti più quotati, e fornisce un approfondimento dal taglio molto giornalistico, senza regalare troppo allo spettacolo e al sensazionalismo.

Non è raro trovare in studio personaggi di spicco, come Brera, o come un giovane Marino Bartoletti impegnato alla co-conduzione.

Dal 1983 scende in campo in prima persona proprio Aldo Biscardi, dando la sua impronta in diretta alla trasmissione e avvicinandola sempre di più a toni più urlati e polemici.

Il ragionamento che sottende a questo cambio di rotta è semplice: il calcio anima sempre discussioni animate, la polemica della domenica di campionato è spesso l’argomento che caratterizza il lunedì, con le piccole prese in giro tra tifosi davanti ad un caffè in ufficio, sull’autobus quando si va a scuola o quando ci ferma al bar per la colazione prima di andare a lavorare.

Trasportare quell’atmosfera, e riuscire a condensarla in 3 ore di trasmissione era l’obiettivo. Che negli anni sarà raggiunto ampiamente attraverso molte strade.

Polemiche e personaggi del Processo

Quando pensiamo al Processo di Biscardi un altro personaggio ci stuzzica la memoria automaticamente: ovviamente parliamo di Maurizio Mosca, perfetta spalla per quel programma nazional-popolare un po’ sopra le righe che Biscardi ha in mente.

Mosca viene recuperato al giornalismo proprio da Biscardi dopo una brutta storia di un’intervista inventata a Zico, che gli costa il posto in Gazzetta dello Sport. Si tratta di un’intuizione felice perché Mosca è un personaggio colto, tagliente, polemico fino all’esasperazione e sempre alla ricerca dell’applauso della platea. Si erge a paladino di posizioni da facile retorica e inscena siparietti che rimarranno nella storia del programma.

In un gioco delle parti sempre più marcato Biscardi finge di provare ad arginare le irruenze verbali di Mosca, ma il suo sorriso sornione in conduzione lascia trasparire tutte le volte la soddisfazione per il risultato acquisito.

Per gli amanti del genere non possiamo che citare la mitologica lite tra Mosca, Sgarbi e il regista Pasquale Squitieri, piena di battute da caserma, momenti di retorica estrema e con la chicca della scenetta finale di un Mosca che s’impadronisce della scena mettendosi a favore di telecamera davanti al conduttore stesso, un Biscardi in assoluto brodo di giuggiole per aver griffato l’ennesima pagina di trash tv applicata al calcio.

Ma oltre alle intemperanze di ospiti scelti appositamente per il loro carattere sopra le righe rimango nella memoria anche le polemiche più accese con gli addetti ai lavori: da Vittorio Cecchi Gori sorpreso dalla telefonata in diretta di un Gigi Radice che ha appena esonerato e che lascia furioso la trasmissione, fino alla lite tra Biscardi e Berlusconi nel 1993, che il giornalista conclude con un perentorio “presidente, lei non sa cos’è il pluralismo“.

Qualche mese dopo Biscardi trasporterà il suo processo proprio alle reti Tele +, una costola delle reti Fininvest appartenute al “Cavaliere”, nominando la trasmissione con il suo nome e potendo estremizzare quei concetti di tv trash che nel calcio indubbiamente funzionano.

Con lo scorrere dei campionati il gusto della polemica aumenta sempre di più, e Biscardi non perde l’occasione di cavalcare la tigre delle polemiche arbitrali che infiammano i campionati di fine anni 90′. Nasce quindi il mitico “moviolone” una riproduzione in 3D degli episodi più controversi della domenica calcistica, con sentenze definitive sparate a gran voce.

Il focus sulla polemica arbitrale sarà la portata principale del Processo per molti anni, con l’invenzione di quella che sarà una sorta di patente a punti per gli arbitri e la battaglia per la moviola in campo.

Questo aspetto sarà anche però il primo colpo alla credibilità della trasmissione, con le intercettazioni scoperte a margine dell’inchiesta su Calciopoli, che riportano un Moggi impegnato a direzionare l’interpretazione degli episodi in collaborazione con Biscardi e la sua redazione.

Il declino del Processo fino ai giorni nostri

Quella legata a Calciopoli è la prima crepa mostrata dal Processo e dal suo ideatore.

L’avvento massiccio delle Pay TV, e la concorrenza sempre più alta delle tv locali con trasmissione legate al calcio a rotazione continua, logorano piano piano la facciata di una delle trasmissione più amate sul calcio.

A questo si aggiunga la morte di Maurizio Mosca nell’Aprile del 2010 che priverà per sempre Biscardi della sua spalla prediletta. Si prova comunque a riproporre la trasmissione con gli stessi stilemi di sempre, adattandola ai personaggi usciti dalle tv private come 7Gold, quindi con l’ausilio dei vari Tiziano Crudeli ed Elio Corno, che trasportano le loro furiose liti da avanspettacolo direttamente sul palco del Processo biscardiano.

Aldo Biscardi infine, che ci ha lasciati l’8 ottobre 2017 lasciando la sua creatura professionale più amata alla conduzione di altri, tra cui il figlio, che non potranno però mai eguagliare quello che ha rappresentato il Processo tra anni 80′ e 90′: un varietà calcistico in piena regola, con tanto di vallette storiche, un salotto dove i vip amavano essere ospitati, per avere visibilità e battagliare con il giornalista di turno.

Un luogo della nostra nostalgia calcistica, non trapiantabile nel panorama dei talk show pallonari di adesso.