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Lo sport è sempre stato un modo perfetto per raccontare storie ed emozioni importanti che vanno al di là del semplice gesto atletico individuale o di squadra. C’è qualcosa di magico nel destino riservato ad alcuni momenti dello sport che non solo sono poi entrati nella storia, ma ne hanno forse anche modificato il corso.

Il “Miracle on ice” (il miracolo sul ghiaccio) è certamente uno di questi. Siamo esattamente nel 22 Febbraio del 1980, durante i XIII Giochi Olimpici invernali. Lo sport è quello dell’hockey su ghiaccio, di fronte ci sono Stati Uniti e Unione Sovietica, e quello che accadrà a Lake Placid quella sera sarà davvero miracoloso.

Il dominio sovietico nell’hockey

Partiamo dall’ambito puramente sportivo. L’Unione sovietica era da tempo l’assoluta dominatrice in ambito di hockey su ghiaccio. Da 16 anni stava vincendo tutto quello che c’era da vincere: Oro alle ultime quattro edizioni olimpiche, 13 volte campioni del mondo su sedici edizioni (tre volte invece furono i rivali della Cecoslovacchia).

Questo per dire che stiamo parlando di una squadra che era forse qualcosa più che l’assoluta favorita. Ancora più vero in quel torneo olimpico, dove i russi potevano schierare la loro miglior formazione visto che il professionismo non era comunque contemplato in patria.

In campo quindi tutti i top player della massima serie sovietica (dal mitico capitano Boris Mikhailov a Vladislav Tretiak tra i pali). Mentre per squadre come gli Stati Uniti si trattava per la maggior parte di dilettanti (o universitari) con solo pochi già sotto contratto nella NHL.

La lotta sul ghiaccio sembrava quindi totalmente impari. Ma tra le due super potenze non era certo quello l’unico scontro in palio.

La guerra fredda

Lo sfondo politico di questo periodo infatti è quanto mai teso e pericoloso. La “Guerra Fredda” coinvolge le due super potenze mondiali già da qualche decennio, ma sembra ora di nuovo arrivata al culmine, tanto che questo momento storico verrà poi definito come “Seconda Guerra Fredda”.

L’Unione Sovietica aveva da poco invaso l’Afghanistan e la reazione dell’allora presidente Jimmy Carter (anche in cerca di consensi per le imminenti elezioni) aveva già aperto un campo di battaglia diplomatico anche in campo sportivo: o ritiravano le truppe o l’America non avrebbe partecipato alle Olimpiadi di Mosca di quella stessa estate.

Quando Stati Uniti e Unione Sovietica scesero sul ghiaccio quindi, la spinta politica era davvero enorme e il risultato importante non solo per la “semplice” vittoria, ma anche per le sorti della diplomazia mondiale.

Le Olimpiadi di Hockey del 1980

Si arriva così alle Olimpiadi invernali, giocate proprio in casa degli americani, a Lake Placid. La squadra però non partiva con molto favore dei pronostici, e anche nella prima amichevole fatta poco prima della manifestazione, erano usciti nettamente sconfitti proprio dai russi.

Ma qua come detto gli occhi del mondo erano su di loro e il tifo sugli spalti decretava una rivalità che andava ben oltre il gioco.

A disputarsi la vittoria dodici squadre divise in due gironi,e se da una parte i sovietici confermarono la loro potenza strapazzando tutte le avversarie (5 vittorie su 5 con punteggi anche perentori come il 16-0 sul Giappone o il 17-4 sui Paesi Bassi), dall’altra la vera sorpresa furono proprio gli americani capaci di chiudere con 4 vittorie e 1 pareggio, nonchè di battere già una delle possibili favorite come la Cecoslovacchia.

A giocarsi l’oro furono quindi USA, Unione Sovietica, Svezia e Finlandia.

La partita della storia: USA-URSS

L’ultimo turno per aggiudicarsi l’oro fu composto da due partite per ciascuna, contro le avversarie dell’altro girone. I punti raccolti si sarebbero poi sommati a quelli del girone precedente e il migliore avrebbe decretato il vincitore assoluto.

Questo solo per dire che la partita delle partite tra USA e URSS non fu di fatto una finale, ma tutti la vissero in quel modo tanto era l’importanza del match.

Il clima quella sera era incredibile, con ottomila persone stipate nel palazzo del ghiaccio ognuna con una bandiera in mano e pronta a cantare ogni inno patriotico della storia americana. Così come quel discorso pronunciato negli spogliatoi degli Stati Uniti che entrò poi nella leggenda americana e che regala il senso di quanto quei ragazzi misero il cuore quella sera:

“Se li sfidassimo in dieci partite, ne vincerebbero nove. Ma non questa, non stasera. Siete nati per essere giocatori di Hockey. Questo è il vostro giorno.”

Ma allo scoccare del via, è il gioco quello che ha preso la scena. Per la verità lasciato particolarmente libero di esprimersi in tutto il suo agonismo da un arbitraggio piuttosto libero che ha portato a parecchi scontri di gioco (va detto, senza mai degenerare in qualcosa di più nonostante l’hockey portasse spesso a vivere risse di ogni genere in campo). Ma non questa volta, il messaggio sarebbe stato deleterio per tutti.

La cronologia della partita è altrettanto incredibile. Prima il gol dei sovietici al minuto numero nove. Poi il pareggio americano cinque minuti dopo. Sovietici di nuovo in vantaggio a tre minuti dalla fine del primo tempo, raggiunti proprio al suonare della sirena tanto da far restare tutti con il fiato sospeso prima dell’ufficialità della rete.

Il terzo vantaggio è ancora una volta per i sovietici, ma ancora una volta dopo poco tempo arriva il pareggio. Il tabellona segna il minuto 10 quando l’italo americano Mike Eruzione mise in rete l’incredibile 4-3 che fece esplodere il palazzo.

La cronaca dei secondi finali è un altro pezzo di storia, con i russi alla disperata ricerca del pareggio che però, non arriverà.

Epilogo

Il finale è noto. Gli USA giocarono poi in un clima surreale di festa contro la Finlandia per aggiudicarsi l’oro, con tutto il pubblico a scandire quello che sarebbe poi diventano il classico coro americano: “iu es ei! iu es ei!”.

Ma c’era da vincere ancora quella partita (non facile). E quando la Finlandia finì il secondo tempo in vantaggio per 2-1, la paura che tutto potesse sfuggire proprio all’ultimo si presentò. Ma i terribili ragazzini americani tornarono sul ghiaccio pronti a recuperare, e così fecero, finendo addirittura senza prendere altre reti con un 4-2 finale e l’oro storico al collo.

Storico quanto irripetibile, visto che non solo quasi nessun giocatore di questa epica squadra americana ebbe poi molto successo tra i professionisti (Mike Eruzione si ritirò proprio dopo questa vittoria, nonostante i suoi soli 25 anni), ma la Russia viceversa continuò a vincere altri due Ori consecutivi restando al top per diversi anni.

Ma quell’impresa rimane ancora nella storia. E forse la storia, ha anche contribuito a scriverla visto che dopo qualche anno, le prime crepe che diedero poi il via al crollo del muro di Berlino e alla fine della Guerra Fredda, videro la luce.

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