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Euro 92 è senza dubbio una delle edizioni più ricordate e particolari della storia dei campionati europei. Prima di tutto per l’esito quantomai inaspettato, che per la prima volta vede imporsi una sorpresa così grande nel contesto di uno dei maggiori tornei calcistici.

Ma questa edizione è importante anche perché è la prima manifestazione di livello globale ad essere giocata in Europa dopo gli stravolgimenti politici susseguenti alla caduta del muro di Berlino e la dissoluzione dei regimi comunisti dell’est. E i riflessi della situazione politica europea saranno decisivi ai fini dell’esito della competizione.

Le qualificazioni ad Euro 92

La formula non cambia rispetto a 4 anni prima, pertanto dal percorso di qualificazione usciranno 7 nazionali a cui si aggiungerà la Svezia padrona di casa.

Il percorso di qualificazione vede confermarsi i campioni in carica dell‘Olanda, vincitori del gruppo 6 sul Portogallo, e i freschi campioni del mondo della Germania, per la prima volta rappresentata sotto un’unica bandiera.

Passano la tagliola delle qualificazioni anche Inghilterra, Francia (a punteggio pieno e con un grande Papin) e Scozia.

Gli ultimi due posti sono i più controversi, perché interessano nazionali alle prese con grandi problemi politici interni che sfociano addirittura nella guerra civile.

La Jugoslavia ha la meglio nel gruppo 4, sopravanzando la Danimarca di un punto. Ma la nazione balcanica è dilaniata da una sanguinosa guerra civile, che porterà alla dissoluzione della nazione con l’indipendenza delle varie regioni. A pochi giorni dall’inizio della kermesse europea sarà la UEFA stessa ad escludere gli slavi dalla competizione, sostituendola con la Danimarca seconda del girone di qualificazione.

Il gruppo 3 vede invece prevalere l’URSS sull’Italia. Le speranze azzurre s’infrangono sul palo colpito da Rizzitelli nella gara di Mosca, e per l’ennesima volta la fase di qualificazione è fatale alle ambizioni europee della nazionale italiana.

Ma anche i sovietici sono alle prese con grossi problemi politici e prima che inizi la manifestazione la dissoluzione dell’URRS è realtà. Ci si interroga su quale squadra presentare all’europeo, e per un momento l’Italia spera in un ripescaggio. Alla fine si decide di presentare una nazionale sovietica sotto la dicitura CSI (Comunità Stati Indipendenti).

I gironi di Euro 92

Due gironi per quattro città ospitanti e una rosa di favorite all’apparenza ristretta: sicuramente l’Olanda detentrice, poi Germania e Inghilterra grandi protagoniste del mondiale di due anni prima, e la Francia che ha dominato il percorso di qualificazione.

Nei pronostici della vigilia non sembra trovare spazio la Svezia, nonostante giochi in casa, e nemmeno la neonata CSI che non pare aver formato un gruppo abbastanza coeso da poter trionfare.

Cenerentola assoluta appare la Danimarca che si è trovata nell’assurda situazione di dover richiamare i propri giocatori dalle vacanze per imbastire una nazionale presentabile. Lontana dai tempi della Danish Dynamite, la formazione di Nielsen si presenta in Svezia quasi per una scampagnata, non avendo alle spalle una preparazione seria e contando alcune defezioni importanti, come quella di Michael Laudrup, vero faro della squadra sostituito nel ruolo dal fratello Brian.

Eppure è proprio il girone A, quello con le due scandinave, a dare la prima scossa al torneo. Vengono clamorosamente eliminate Inghilterra e Francia, incapaci di dettare il loro gioco nonostante un tasso tecnico superiore. Emblematica l’ultima giornata del girone con la Svezia che ha la meglio sui maestri inglesi per 2-1 e la Danimarca che batte la Francia con il medesimo punteggio. Svezia quindi prima nel proprio girone e Danimarca clamorosamente in semifinale.

Tutto più regolare nel gruppo B, anche se con il brivido. All’ultima giornata una vittoria della CSI contro una Scozia già eliminata sarebbe fatale per la Germania campione del mondo alle prese con l’Olanda nel big match della prima fase.

I tedeschi perdono per 3-1 il confronto con gli orange, ma nell’altra gara fa addirittura peggio l’ex Unione Sovietica, che riesce nell’impresa di farsi sconfiggere per 3-0 da una Scozia priva di motivazioni, chiudendo addirittura ultima nel raggruppamento.

Alle semifinali si qualificano quindi Olanda come prima, e Germania (che tira un sospiro di sollievo) come seconda.

Le semifinali di Euro 92

Alla vigilia delle semifinali il tema è quello del calcio scandinavo all’assalto delle grandi d’Europa. Danimarca e soprattutto Svezia padrona di casa provano l’impresa di eliminare le due favorite della vigilia ed evitare così una finale che sembra già scritta.

La prima a scendere in campo è la Svezia contrapposta ai campioni del mondo tedeschi. Gli uomini di Berti Vogts fanno però pesare la loro maggior caratura e si portano sul 2-0 a metà del secondo tempo. L’uomo di maggior classe negli svedesi è Tomas Brolin, e la punta del Parma di Scala accorcia le distanze regalando una speranza ai tifosi di casa.

La Svezia a quel punto si riversa nella metà campo teutonica sorretta dal pubblico, ma fatalmente si scopre: arriva così a due minuti dal termine il sigillo di Kalle Ridle, che manda la Germania in finale. A nulla vale la rete di Kenneth Anderson che riaccende solo l’ultimo assalto alla porta di Illgner.

L’altra semifinale sembra invece più segnata, almeno sulla carta. L’Olanda campione in carica sembra aver assorbito bene la delusione del mondiale italiano e lo stesso percorso verso la semifinale ha confermato i galloni di favorita.

Ad una squadra già forte, che ruota attorno al trio olandese del Milan di Sacchi, passato a Capello, ha aggiunto il nucleo vincente di un Ajax che ha appena trionfato in coppa Uefa, con uomini del calibro di Dennis Bergkamp, nuovo astro nascente del calcio europeo.

La Danimarca è approdata letteralmente per caso fino a questo punto della competizione e affronta le gare con la leggerezza di chi sa di aver già fatto ben più del dovuto. E sarà proprio la condizione di underdog a favorire i danesi.

Pronti via, e sorprendono subito la retroguardia orange dopo appena 5 minuti di gioco portandosi clamorosamente in vantaggio.

L’Olanda si scuote, trova il pareggio con Bergkamp ma dopo 10 giri d’orologio è di nuovo sotto. Ogni minuto che passa l’impresa danese prende sempre più corpo, ma l’Olanda trova in zona cesarini la forza di impattare con una rete di Rijkaard.

I supplementari non sortiscono effetto, anche perché l’europa del pallone fa la conoscenza del portierone danese Peter Schmeichel, che si dimostra giocatore di livello mondiale.

Si arriva ai rigori, e gli orange vengono traditi dal loro uomo di maggior classe, Marco Van Basten che sbaglia il proprio. I danesi non falliscono mai e tutta l’Europa si scopre tifosa della Danimarca che approda così alla più insperata e clamorosa delle finali europee di sempre.

La finale di Euro 92: la sorpresa più grande

Sono tutti per la Danimarca alla vigilia della finalissima di Euro 92 che si gioca il 26 giugno allo stadio Ullevi di Göteborg. Tutti tranne i tedeschi ovviamente che sognano una doppietta mondiale/europeo già centrata (a parti invertite) nel biennio 72-74.

La carica di simpatia che giorno dopo giorno sono riusciti a creare i danesi attorno a loro, si amplifica ancor di più alla vigilia della finale, quando si viene ad apprendere di una storia drammatica e commovente.

Il numero 18 danese, Kim Vilfort, ha risposto alla chiamata in extremis della sua nazionale nonostante il terribile dramma familiare che lo coinvolge: la figlia, appena 8 anni, è ricoverata in ospedale a combattere contro la leucemia. Tutti i giorni, terminato l’allenamento, Vilfort vola in Danimarca e passa la notte con la piccola Line per poi tornare dai suoi compagni. Per lui il pallone è una bolla di ossigeno in un mare di angoscia, ed è la possibilità di regalare un sogno anche alla sua piccola che vede il papà alla tv.

Quel 26 giugno Vilfort è regolarmente in campo, e supporta il centrocampo assieme a Larsen, reduce dalla doppietta in semifinale, e Jensen. Ad ispirare la squadra, l’elegante regia di Brian Laudrup. A difendere il sogno le spalle larghe di Peter Schmeichel tra i pali.

La Danish Dynamite per una sera torna a scoppiettare, sotto il sole calante di una giornata che, a quelle latitudini e in quel periodo dell’anno, non finisce mai. Si percepisce come la Germania sia più forte, ma è altrettanto chiaro che il destino ha già deciso da quale parte deve pendere l’ago della bilancia.

Avviene semplicemente quello che tutti si aspettano, in una sorta di profezia collettiva che si autoavvera. Dopo 18 minuti Jensen trova la via della rete e da li in poi Schmeichel custodisce il sogno, andando a prendere anche palloni che sembrano impossibili.

Laudrup e compagni soffrono e ripartono quando possono, ormai sono troppo vicini all’impresa per lasciarsela sfuggire. Si arriva quindi a 12 minuti dal termine, quando una ribattuta di testa del centrocampo danese provoca una palla vagante ai limiti dell’area tedesca.

Su quella palla si avventa Vilfort, proprio lui, che la controlla, stringe il dribbling e con un sinistro calibrato manda la sfera a baciare il palo interno alla sinistra di Illgner. Finalmente sul volto del numero 18 danese si dipinge una smorfia di gioia. Tutti i suoi compagni lo abbracciano e capiscono che nulla ormai può cambiare il finale della favola.

Quella Danimarca rappresenta l’essenza stessa dello sport. Di quello sport bello perché imprevedibile, animato da una palla così meravigliosamente rotonda che può prendere strade che sembravano impossibili.

Ma quella Danimarca è anche la storia di un gruppo che fa quadrato attorno ad un singolo e si cementa nelle difficoltà, trovando la forza proprio in quella che dovrebbe essere una debolezza.

Kim Vilfort è l’emblema del sacrificio e dell’amore che il calcio può trasmettere, la risposta definitiva quando qualcuno obietta che questo, in fondo, è solo un gioco. L’ultimo sorriso regalato alla piccola Line è tutto fuorché un gioco. Anche per questo l’impresa della Danimarca a Euro 92 è destinata a non essere mai dimenticata.