Vai al contenuto

I festeggiamenti per la vittoria della Coppa del Mondo sono alcune delle immagini più iconiche nella storia del calcio: i vincitori stravolti dalla gioia che sollevano il trofeo, cantano, ballano, si abbracciano… Le immagini più recenti nella nostra mente sono quelle del trionfo francese a Mosca nel 2018, quando tutti i transalpini, da Mbappé a Pogba e Griezmann alzarono la Coppa e si diedero alla pazza gioia. Tutti tranne uno: se riguardate quelle sequenza, noterete ad un certo punto quel colosso di N’Zonzi prendere possesso della Coppa e porgerla ad un compagno, piccolo e minuto che stava in disparte, timoroso di chiedere se poteva prendere parte ai festeggiamenti. Quel ragazzo timido e riservato dopo la vittoria più importante della sua carriera, in partita in realtà è un martello continuo e asfissiante per gli avversari, dotato di una tenacia e una grinta mai visti: N’Golo Kanté.

Nonostante il suo carattere estremamente riservato, infatti, Kanté è uno dei mediani più dominanti in circolazione. La sua resistenza e la sua abnegazione lo hanno reso un elemento insostituibile delle formazioni in cui ha militato, rendendo spesso più che naturale il paragone con un altro mediano francese che con il suo lavoro oscuro divenne famoso per essere il cardine imprescindibile di alcune squadre che grazie alla sua fatica potevano sprigionare un talento stellare: Claude Makelele.

Claude Makelele, il lavoro oscuro all’ombra delle stelle

Nato a Kinshasa, capitale di quello che all’epoca era lo Zaire ed oggi è la Repubblica Democratica del Congo, il 18 febbraio 1973, Claude Makelele si trasferì in Francia con la famiglia a soli 4 anni. Dopo essere cresciuto nei sobborghi parigini, dove iniziò a giocare a calcio nel Melun Football Club, a 16 anni si trasferì con il resto della famiglia a Brest, in Normandia, dove giocò con le giovanili della squadra locale fino al 1992, quando fu acquistato dal Nantes. Con i gialloverdi vinse un insperato campionato e si guadagnò la chiamata in nazionale ed il trasferimento all’Olympique Marsiglia.

Dopo una sola stagione, non particolarmente esaltante, con les Olympiens, Claude venne acquistato dal Celta Vigo, mettendosi in luce come frangiflutti di un centrocampo che, grazie al suo lavoro, poteva sprigionare un gioco offensivo e veloce che permise di ben figurare anche in Europa, con buone prestazioni in Coppa Uefa.

Sapendo dell’interesse del Real Madrid nei suoi confronti, Claude e il suo agente arrivano ad inscenare una finta aggressione con tanto di sassaiola contro la sua auto per forzare la mano ai galiziani e spingerli ad accettare l’offerta dei merengues. Nel luglio 2000 quindi Claude firma per il Real Madrid, nello stesso giorno in cui il passaggio di Luis Figo dal Barcellona alla Casa Blanca segna l’inizio dell’era dei Galacticos.

Non è un caso che anche l’acquisto di Makelele, per quanto sotto silenzio, apra la stagione di quella squadra nata per dare spettacolo e incantare con le sue stelle e i suoi Palloni d’Oro: in mezzo a tutti quei virtuosi del pallone, Claude è l’unico vero giocatore di contenimento. Se i vari Zidane, Raul, Figo, Ronaldo, Guti e via dicendo regalavano dribbling, giocate e ricami, quando gli avversari ripartivano c’era il solo Makelele a intercettare i passaggi avversari. Tecnicamente distante anni luce dalla maggior parte dei suoi compagni di squadra, Claude aveva un compito: recuperare palla e darla a chi sapeva creare gioco, in particolare Zinedine Zidane con cui costruì un‘intesa che trovò riscontro anche in Nazionale.

Purtroppo, per sua stessa definizione, il lavoro oscuro compiuto da un mediano in mezzo al campo non è facile da notare, soprattutto in una squadra che brilla della luce di tante stelle come quel Real Madrid. Le trattative per il rinnovo del contratto si arenano davanti alla scarsa considerazione del presidente Florentino Perez che reputava il francese poco veloce, con scarso talento e tecnica mediocre, un giocatore assolutamente ininfluente per la squadra. Nonostante il parere opposto del compagno Zidane, il mediano venne ceduto al Chelsea nell’estate del 2003. Dopo la sua partenza, i risultati ottenuti dal Real Madrid furono nettamente al di sotto delle aspettative, nonostante il numero di stelle che si aggiungevano alla rosa.

fu un’ulteriore mano di vernice dorata ad una Bentley senza motore.

Zinedine Zidane sulla cessione di Makelele

Dopo un primo anno di ambientamento con Claudio Ranieri in panchina, con l’arrivo di José Mourinho sulla panchina dei Blues Makelele torna ad essere quel perfetto equilibratore in mezzo al campo, sfruttando la sua grande intelligenza tattica e la capacità di occupare gli spazi sia in fase offensiva, fornendo utili appoggi ai compagni, sia in fase difensiva, coprendo le spalle ai centrocampisti offensivi come Ballack e Lampard, che potevano così permettersi di lanciarsi in area ad ogni occasione sapendo di avere le spalle coperte dal francese.

Dopo i trionfi dei primi due anni di Mourinho, nel biennio successivo molti equilibri si ruppero e nel 2008 Makelele decise di tornare in patria, firmando per il Paris Saint-Germain che si apprestava a diventare quella squadra di stelle che ricorda molto il Real Madrid dei Galacticos. Non a caso, dopo il suo ritiro nel 2011, divenne l’assistente sulla panchina del PSG di Carlo Ancelotti, nel momento in cui i parigini inziarono a diventare una potenza del calcio europeo.

Kanté, il ragazzo timido ed educato che in campo è ovunque

Nato nei sobborghi di Parigi il 29 marzo 1991, N’golo Kanté inizia a giocare a calcio a 9 anni nel JS Suresnes, per poi entrare a far parte delle giovanili del Boulogne nel 2010. Nell’arco di 2 stagioni conquista il posto in prima squadra e viene acquistato da Caen, con cui centra subito la promozione in Ligue 1. Nella sua prima stagione di Ligue 1 si mette in luce tanto che iniziano a fioccare i primi paragoni con Makelele e squadre come l’Olympique Marsiglia si interessano a lui, ma dall’Inghilterra il Leicester investe 9 milioni di euro per metterlo a disposizione della rosa di Claudio Ranieri.

Nella stagione 15/16 il Leicester è protagonista di uno dei più grandi miracoli calcistici degli ultimi anni, ovvero l’esaltante cavalcata che porta le Foxes, una squadra che l’anno prima si era salvata a fatica, a vincere la Premiership davanti a tutte le grandi squadre multinazionali e miliardarie.

Kanté è riconosciuto da Ranieri e da tutti gli osservatori come uno dei componenti fondamentali di quello storico successo: pare incredibile come questo ragazzo, alto 1,68 e dal fisico tutto sommato esile, sia diventato il dominatore dei centrocampi fisici della Premier. Nella stagione successiva Antonio Conte lo vuole al Chelsea, dove Kanté vince nuovamente il campionato, unico calciatore della storia, insieme ad Eric Cantona, ad aver vinto la Premier per due stagioni consecutive con due squadre diverse. Le incredibili statistiche di Kanté lo vedono in testa ai chilometri percorsi in Premier nel triennio dal 2014 al 2017: la particolarità è che Kanté ha giocato solo due delle tre stagioni in esame.

Un giorno ti vedrò crossare e andare a concludere tu stesso di testa

Claudio Ranieri a Kanté in allenamento

Due caratteri agli antipodi, un’idea di calcio simile

Sebbene il carattere e la personalità dei due siano distantissimi, con il timido e riservato Kanté che si preoccupa di dare fastidio ai compagni di stanza quando prega e l’assertivo e sicuro di sé Makelele che arriva a inscenare una finta aggressione pur di andare al Real Madrid, sul campo le similitudini ci sono.

Entrambi i giocatori sfruttano al massimo il senso della posizione, in primis in fase di recupero palla, ma riuscendo anche a fornire soluzioni offensive per i compagni grazie alla loro capacità di occupare le zolle di terreno più adatte allo svolgimento dell’azione.

La differenza sostanziale risiede nella velocità: se Makelele utilizzava la sua enorme intelligenza tattica per ovviare alle lacune dei compagni e alla sua scarsa velocità, Kanté si applica costantemente e per tutti i novanta minuti, correndo, pressando e inserendosi ad altissima velocità. Se in genere gli interventi di Makelele andavano a interrompere l’azione avversaria e creavano una pausa nel gioco, in attesa che il mediano servisse palla ad uno dei compagni preposti a far ripartire l’azione, nel caso di Kanté ogni suo intervento comporta un’accelerazione del gioco della sua squadra, che in quel momento riparte velocemente in cerca della conclusione vincente.

Quello di Makelele era un lavoro oscuro e difficile da notare, mentre quello di Kanté non può non saltare agli occhi, perché il giocatore è un moto talmente perpetuo che ti fa dubitare che ce ne siano due in campo. Il gioco di Makelele era più ragionato e al servizio dell’azione dei compagni, mentre la frenesia di Kanté lo rende meno pragmatico e più istintivo.

Il 70% del pianeta Terra è coperto dall’acqua, il resto da N’Golo Kanté

Gary Lineker

Così come la cessione di Makelele mise a nudo l’incredibile squilibrio del Real Madrid che senza di lui non riuscì più a vincere e fu costretto a cercare un sostituto surrogato come Gravesen, così il Leicester di Ranieri non riuscì a imporsi nuovamente dopo il miracolo del 2017, nonostante l’unica variazione di rilievo nella rosa fu proprio la cessione di Kanté.