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Vincere un grande torneo di poker o incassare cifre elevate nelle sessioni di cash game è la speranza, nonché l’obiettivo, che tiene viva la passione dei giocatori. D’altra parte, il poker senza almeno un premio in palio perde quasi tutto il suo appeal. Ma arricchirsi rapidamente attraverso il gioco può anche trasformarsi in una maledizione.

La cronaca più o meno recente del poker ci offre alcuni episodi paradigmatici di giocatori i quali, chi più chi meno, sono andati “broke” (cioè sono finiti “al verde”) dopo aver vinto tanti soldi con le carte. Il caso forse più eclatante è quello di Jamie Gold, del quale vi abbiamo parlato qualche tempo fa, vincitore del Main Event più ricco di sempre e oggi costretto a ricostruire la propria carriera da eventi con buy-in medio-basso. Gold ha sempre negato di aver dilapidato completamente l’enorme cifra incassata nel 2006 – e forse questo corrisponde a verità – ma ci sono alcuni segnali che fanno pensare che le sue risorse finanziarie si siano nel tempo molto assottigliate. Una conseguenza della lunga serie di sconfitte subite nei tornei e nelle partite di cash game tra il 2006 e il 2013 (anno della sua temporanea scomparsa dal mondo del poker), ma anche delle cause legali con Crispin Leyser e Bodog Poker, tutte finite con accordi in via stragiudiziale. E poi ancora i business andati male nel settore televisivo (il reality tv Buzz Nation) e in quello dei casinò (la pokeroom Tropicana di Las Vegas), seguiti dalle vicissitudini con l’IRS (il fisco statunitense) che lo hanno costretto a vendere all’asta il braccialetto WSOP.

Anche due “mostri sacri” come Phil Ivey e Tom Dwan hanno subito qualche duro colpo. Per il Tiger Woods del poker c’è stata l’accusa di frode ai danni dei casinò Borgata di Atlantic City e Crockford di Londra che ha di fatto congelato i suoi averi, almeno quelli presenti negli States. La vertenza legale è però adesso in fase di risoluzione e, a quanto sembra, in favore del professionista americano, il quale nel frattempo ha continuato a vincere soprattutto a Sochi e a Macao.

Sempre nel casinò asiatico Tom Dwan ha ricostruito la sua carriera dopo le “montagne russe” milionarie dell’online. Nella pokeroom di Macao, “Durrrr” continua ad essere vincente anche se qualche anno fa ha subito un brutto colpo in una partita di cash game, la sua specialità: nonostante la vicenda rimanga tuttora ammantata di mistero, il forte professionista statunitense sembra aver perso qualcosa come 30 milioni di dollari a favore di un ricco tycoon. Una cifra enorme, ma che non ha impedito a Dwan di continuare a giocare ad high-stakes. Nel caso di Ivey e di Dwan, quindi, non si può ancora parlare di giocatori al tramonto.

Ma ci sono almeno due casi eclatanti che possono fare compagnia a Jamie Gold. Il primo è quello di Ted Forrester, 6 volte vincitore di un braccialetto alle World Series Of Poker (3 vinti in un’unica edizione, quella del 1993) e di un titolo del World Poker Tour. Nonostante i suoi 6,4 milioni di dollari accumulati in eventi dal vivo e riportati da thehendonmob.com, Forrester nel 2013 è finito nei guai per aver emesso assegni non coperti al Wynn Casino, per un totale di 270.000 dollari. Dopo aver ammesso la tentata frode, l’ormai ex-pro ha cercato di ripagare la casa da gioco, ma dai resoconti del tribunale la somma non sarebbe mai stata saldato in toto. Nel 2015 è arrivata poi la richiesta di saldare un debito di $40.500 con il casinò Mirage, quale parte ancora non restituita di un debito di 100mila dollari contratto nel 2013. Insomma, una striscia continua di problemi economici che oggi, nonostante le apparizioni di Ted Forrester alle WSOP negli anni successivi fino al 2018 – tra queste un 4° posto da 72.000 dollari centrato nel 2016 -, fanno pensare che il giocatore sia sull’orlo della bancarotta.

In bancarotta è invece di sicuro finito Erik Lindgren, e pure in un programma di riabilitazione dalla dipendenza da gioco d’azzardo. Giocatore vincente per buona parte degli anni Duemila tanto da diventare pro di Full Tilt, dopo la chiusura della pokeroom legata al Black Friday e le conseguenti frodi ai danni dei giocatori, Lindgren si è tuffato a pancia bassa e senza alcun controllo nel mondo delle scommesse sportive. Una vera e propria ossessione per il betting la sua, che lo ha condotto ad indebitarsi senza mai riuscire a restituire il denaro preso a prestito. Nel 2012 il giocatore statunitense è stato costretto a dichiarare la bancarotta ed è entrato in terapia. Secondo quanto riferito da Howard Lederer, uno dei principali indagati per lo scandalo Full Tilt, la pokeroom avrebbe prestato a Lindgren 7 milioni di dollari, ovviamente mai restituiti ed ereditati da PokerStars che nel frattempo aveva acquistato il brand e il database di Full Tilt. Di qui una nuova causa, questa volta avviata dalla pokeroom dell’Isola di Man, e una nuova condanna per bancarotta per quasi 8 milioni di dollari (Corte del Nevada).

La devastante situazione finanziaria non ha però impedito a Erik Lindgren di continuare a giocare a poker, soprattutto a Las Vegas, dove dal 2013 a oggi il professionista ha messo a segno numerosi ITM di valore, compreso un secondo posto da 650mila dollari nel $25.000+500 WPT World Championship (con il “nostro” Rocco Palumbo piazzato all’8° posto) e un braccialetto WSOP da 606mila nel $5.000 No Limit Hold’em – 6 Handed.

Cifre notevoli, che hanno portato il totale delle sue vincite nei tornei dal vivo a quota 10,5 milioni di dollari, ma che evidentemente non sono bastate a ripagare gli enormi debiti accumulati.

 

Foto di testa: Erik Lindgren (credits PokerNews)

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