Nel precedente articolo abbiamo raccontato i successi del professionista inglese Sam Trickett il quale, dopo aver accumulato milioni di dollari con il poker, ha scelto di dedicarsi alla famiglia. Messa così, la sua storia appare come un percorso tutto in discesa, sia al tavolo da gioco che nella vita, coronato da un lieto fine dal sapore un po’ disneyano.
In realtà la vicenda personale di Sam Trickett è molto diversa, costellata com’è di scalate improvvise frutto dei suoi talenti, ma anche di altrettanto rapide cadute a causa del suo carattere ossessivo. Cadute che non riguardano solo il poker, anche perché non sono state le carte la prima passione del giovane player britannico.
Verso la fine degli anni ’90, Sam Trickett è infatti un adolescente ossessionato dal calcio. La parola “ossessione” non è usata a caso: è una parola chiave nel suo racconto, perché riguarda tutto ciò di cui Trickett si innamora. E’ lui stesso ad ammetterlo descrivendo il suo atteggiamento estremo che lo caratterizza sin da giovanissimo: “Ogni cosa che catturava la mia attenzione diventava subito un’ossessione” racconta a Pokernews in una lunga intervista. “Nella mia testa, impegnarsi a scuola non era così importante perché quello che volevo era diventare un professionista di calcio“.
Il giovane Trickett ci prova più volte. La prima a soli 10 anni, quando cerca di entrare nelle giovanili del Nottingham Forest. Niente da fare. Ci riprova poco dopo, con lo Sheffield United, ma di nuovo viene scartato. E poi di nuovo con il Nottingham. La risposta è sempre la stessa: “sei un buon giocatore, ma come te ce ne sono tanti“.
Sostenuto dal padre, il futuro campione di poker non demorde. Continua a giocare nella squadra locale, il Retford United fino a quando qualcuno lo nota. L’Hucknall Town – una squadra poco più che dilettantistica ma legata a società semipro – manda uno scout a visionare Trickett durante la finale di coppa. Potrebbe essere la volta buona per salire di livello, ma il destino ha altri piani per lui: un contrasto duro e Trickett si infortuna al crociato anteriore. Il medico è esplicito: “Se tu fossi David Beckham ti consiglierei di provare a sistemarlo, ma se fossi in te non ci penserei proprio, perché continuando a giocare potresti finire su una sedia a rotelle“.
Game over, almeno con il calcio. Il ragazzo, che ormai è quasi maggiorenne, ha bisogno di un altro obiettivo per realizzarsi, altrimenti la piccola cittadina in cui vive rischia di diventare una prigione. L’unica alternativa al calcio che Retford offre è il pub, dove Trickett scopre il biliardo. Lì si gioca a snooker e a biliardo all’americana, soprattutto quello dell’eight ball o “palla 8” (una variante del più noto biliardo con 15 palle). Si impegna ed è pure bravo, l’unico problema è l’elemento economico. I premi per chi gioca a 8 ball sono davvero modesti: il campione del mondo vince 10mila dollari al massimo. Troppo poco per Sam Trickett che, già da tempo, ha ben chiaro il “colore” dei soldi.
“Le cose che non puoi avere sono quelle che spesso ti danno le motivazioni più importanti. Ho sempre cercato di capire come fare i soldi… Mio padre è un artista di fama mondiale, uno che ha un sacco di talento, ma nessuno dei miei genitori è mai stato particolarmente motivato dal denaro“. Lui invece sì, visto che a 13 anni è già uno che compra e rivende orologi usati.
Al momento, però, l’unico modo (onesto) per lui di guadagnare qualcosa è lavorando. E infatti l’ormai 18enne Trickett si trova un impiego come tecnico del gas, pur continuando a giocare a biliardo. Il tavolo con le buche non è secondario nella sua vita, perché sarà decisivo per l’incontro con l’ossessione definitiva.
Si potrebbe dire che galeotto è il biliardo. Durante una partita di 8 ball, un collega di lavoro gli parla del poker americano. “Sei uno che ama rischiare, ti piacerà“, gli dice. E tanto basta per convincere Trickett a prendere in mano per la prima volta le carte. “Non immaginavo che si potesse essere bravi a poker, pensavo fosse solo una questione di fortuna. Ma quando mi hanno spiegato che invece è un gioco di abilità, tutto è cambiato“.
Il seme sta mettendo radici. Si butta a capofitto nel gioco, prima online e poi nella pokeroom della vicina Nottingham e l’inizio è spumeggiante. Forse troppo, perché l’ossessione inizia a prendere il sopravvento: “Pensavo al poker continuamente, anche al lavoro. Nelle pause mi chiudevo nel mio furgone con gli amici per discutere le mani giocate la sera prima. Rimanevo sveglio fino alle tre di notte per giocare online. Era un comportamento malsano, ma io ne ero ossessionato. Vivevo per il poker“.
Ancora più pericoloso è il senso di sicurezza che cresce dentro di lui, la sensazione di poter fare soldi facili e rapidamente. E così arriva l’errore più grave, quello in cui purtroppo incappano tanti appassionati di poker alle prime armi. Gioca fuori bankroll. Si fa ingolosire da partite di cash game che non si può permettere e, nonostante l’inizio promettente, perde tutto (circa £30K) in breve tempo. Va in rosso sulla carta di credito. La banca lo chiama e Sam Trickett è costretto a chiedere aiuto al padre.
Una scelta che il 18enne, ormai pokerista incallito, non avrebbe mai voluto fare conoscendo il punto di vista del genitore: “Non ci sono vincitori con il gioco d’azzardo“. Il padre salda il debito con la banca e ottiene dal figlio la promessa che non avrebbe mai più giocato a poker. Il problema è che Trickett ha chiaro il concetto che il poker è uno skill game. Su questo ha ragione ma, come in tutte le cose nuove, ci vuole pazienza e lui ne ha poca. Ci ricade e brucia un’altra carta di credito. “Mio padre era inferocito. Ero chiaramente ossessionato dal gioco e così ho dovuto smettere. E’ stato difficile stare mesi senza giocare, avendo capito quali erano gli errori fatti e con in testa un chiodo fisso: non li commetterò più, non posso perdere di nuovo“.
La svolta è nell’aria. Sam Trickett torna al lavoro, il tanto che gli basta per saldare i debiti e mettere da parte 5mila sterline per ricominciare a giocare. “Mi piaceva l’idea di guadagnare soldi giocando a poker, e così ho ignorato tutti i consigli. Ho pensato: sono più bravo dei giocatori che ho incontrato finora e soprattutto ho capito i miei errori, non li commetterò di nuovo. Bisogna anche dire che in quel periodo (primi anni Duemila, ndr) era più facile vincere“.
E soprattutto Sam Trickett scopre il poker da torneo. Lascia quindi il lavoro, deriso un po’ da tutti, e decide di provare la carriera del giocatore professionista. “E’ la cosa di cui vado più fiero, aver scelto il poker quando tutti mi dicevano che stavo sbagliando. E invece ha funzionato“. Tra il 2007 e il 2008 incassa più di £20.000 partecipando a tornei small buy-in in Inghilterra. Una cifra che gli consente nel 2008, a 22 anni, di volare a Las Vegas e sfiorare un braccialetto WSOP.
Questo risultato ci collega al suo percorso vittorioso nel mondo del poker. In realtà ci saranno altre cadute. Ad esempio nel 2009, quando perderà nuovamente quasi tutto giocando partite high-stakes contro Gus Hansen. Ma di nuovo la lezione del passato gli tornerà utile: imparare dagli errori commessi e trovare la forza di migliorarsi. In fondo questa si chiama determinazione e fiducia nei proprio obiettivi.
Il resto della sua storia lo abbiamo già raccontato: quella di un giocatore di poker straordinario che oggi, grazie anche ai nuovi affetti familiari, è libero dalle proprie ossessioni. Proprio questa ci sembra la chiave di lettura del Sam Trickett persona: la capacità di trasformare l’ossessione in determinazione.
“Se riesci a mettere abbastanza impegno e sei determinato a imparare dai tuoi errori, allora puoi farcela. Penso che tutte le critiche ricevute per le scelte fatte, alla fine si siano trasformate in motivazioni“.
Fonte di riferimento: PokerNews