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La tendenza fondamentale del nostro tempo è l’omologazione. Viviamo in una società che premia l’uniformità del pensiero, del comportamento e anche dei desideri. Ed è pertanto scettica – a volte perfino antagonista – nei confronti di coloro che decidono di “cambiare vita”, perché per farlo è necessario chiamarsi fuori dal gruppo. Una scelta che richiede coraggio e dietro alla quale spesso si nascondono percorsi inaspettati.

Come quello, ad esempio, di Pier Paolo Fabretti. E’ lui stesso a raccontarci il grande cambiamento iniziato nel 2017. Dopo tanti anni trascorsi nella città d’origine, Roma, e in giro per l’Italia e per l’Europa come ambassador di una nota pokeroom online, Fabretti ha mollato tutto per “andare a vivere in campagna”. Non proprio tutto, sia chiaro. In primis l’avventura è rimasta un percorso a due, quello che da tempo il poker pro ha intrapreso con la compagna Giulia. E poi il poker non ha smesso di seguirlo.

Oggi spostarsi in campagna non è come un tempo, cioè non significa necessariamente fare l’eremita. Uno, se vuole, ha il computer, la connessione internet e tutto quello che di buono la tecnologia può offrire. La necessità era quella di dare un taglio alla vita precedente, quella frenetica della grande città, dei mille impegni, dello stress, dell’inquinamento“.

Una fuga dalla città, quindi, da Roma, dalle sue insidie e dalle sue lusinghe: “una scelta per la quale serve coraggio, perché comunque vuole dire allontanarsi da amici, parenti e abitudini consolidate“. Ma per i protagonisti di questa storia in ballo c’è un progetto di vita che si chiama L’Ultima Thule.

Il nome fa riferimento al mito molto antico di una terra misteriosa ed estrema, “al di là del mondo conosciuto” (Virgilio), e che i vichinghi credevano fosse l’attuale Islanda. Nel caso di Pier Paolo e Giulia la location è molto più vicina, beneficia di in un clima decisamente mite ed è immersa nel verde del colli senesi. L’Ultima Thule è infatti il nome dell’agriturismo che i due hanno aperto nel dicembre 2019 a Montepulciano (Siena), dopo alcuni anni dedicati alla ristrutturazione di un vecchio casale. “Un timing pessimo“, specifica subito Fabretti, “perché, dopo una buona partenza nei primi tre mesi, a marzo del 2020 abbiamo dovuto chiudere a causa della pandemia“.

Il business è ovviamente incentrato sull’accoglienza (l’agriturismo dispone di 3 stanze per gli ospiti) e sulla coltivazione di prodotti della terra: uva (che viene poi trasformata dalla cooperativa locale nell’ottimo vino tipico dei colli senesi), olio, miele, frutta varia (mele, pere, mandorle, noci e nocciole). Il tutto, però, utilizzando un sistema di agricoltura super-sostenibile: quella teorizzata dal botanico nonché filosofo giapponese Masanobu Fukuoka, e improntata al “senza azione” (“Mu”) del Buddhismo Zen. “L’uomo deve intervenire il meno possibile, anche quando si tratta di agricoltura“, spiega Pier Paolo Fabretti. “Quindi no ai prodotti chimici e ai macchinari troppo invasivi, sì alle coltivazioni sinergiche e ad un’agricoltura naturale“.

A questo punto del racconto, ci accorgiamo che dietro a questa fuga dalla città c’è una scelta dettata da una “diversa” filosofia di vita. Una scelta che può anche essere coniugata con il business ma che prima di tutto privilegia un’esistenza eco-sostenibile. Ciononostante, i tempi difficili obbligano a scendere a patti con altre soluzioni. Ed ecco che il poker non può smettere di avere un ruolo importante nella vita di Pier Paolo Fabretti.

In realtà a me il poker piace ancora e non ho mai pensato di metterlo da parte. Certo, gioco meno di un tempo, soprattutto per ragioni… anagrafiche (ride)! Oggi non riuscirei più a grindare 40 tavoli come facevo un tempo, però gioco ancora in maniera competitiva, soprattutto per sostenere l’altro progetto, in attesa di tempi migliori“.

Parliamo naturalmente di poker online visto che, a parte qualche eccezione, di live in Europa non se ne vede proprio (men che meno in Italia). Eppure i tornei di poker dal vivo sono la cosa che gli manca di più, quando si parla di competizione. Cogliamo una lieve accenno nostalgico e ne approfittiamo subito. “Mi manca quell’elemento di socialità che solo il poker live ti sa dare. Le persone al tavolo, gli amici, le cene post torneo con le discussioni infinite sul gioco e mille altri argomenti. Non appena sarà possibile, di sicuro farò qualche torneo dal vivo, anche solo per rivedere gli amici di un tempo“.

Il fattore “amarcord” prende il sopravvento. Pier Paolo Fabretti è stato infatti un protagonista del periodo d’oro del poker in Italia, quello che più o meno va dal 2008 al 2015 e che in termini di eventi dal vivo riporta alla memoria l’Italian Poker Tour, La Notte degli Assi, l’Italian Poker Open, il Tana delle Tigri, le tappe italiane del WPT e dell’EPT, e via dicendo. “Gli eventi live hanno rappresentato esperienze molto importanti per me. Ed erano espressione di una community di appassionati molto più coesa di quanto lo sia oggi“.

Sono anche gli anni nei quali Pier Paolo Fabretti è un giocatore sponsorizzato (dal 2009 all’inizio del 2017) e durante i quali mette a segno 21 piazzamenti a premio, per un totale di $379.630: un buon bottino, in particolare per un giocatore che si dedica soprattutto al poker online (anche per ragioni contrattuali). Il suo miglior risultato rimane un 2° posto da €70.000 ottenuto all’IPT di Nova Gorica nel 2013 e nei confronti del quale Fabretti nutre ancora qualche rimpianto. “Senza nulla togliere al mio avversario (Claudio Di Giacomo, ndr), in quella occasione avrei potuto fare meglio. Ma questo riguarda più in generale tutta quella stagione: vincere era molto più facile rispetto a oggi e forse mi sono un po’ adagiato. Applicandomi di più avrei potuto ottenere risultati superiori, sia live che online. Però va bene lo stesso. Ripeto, quello che mi manca di più è l’atmosfera che si respirava in quel periodo all’interno della community“.

La domanda è inevitabile: cos’è successo al poker negli anni successivi al boom?

L’analisi è complessa perché coinvolge sia aspetti specifici del gioco, che gli attori principali di quell’industria. La sostanza però è chiara: “Più o meno dal 2012 in avanti, tutto ciò che sa di professionismo ha preso il sopravvento nel mondo del poker. Software di supporto per l’online (molti dei quali poi bannati dalle pokeroom), immagine del pro player (o grindi e parli lo slang, oppure sei una nullità), cannibalizzazione del field: tutto questo ha portato ad un progressivo disamoramento del giocatore occasionale. Il gap è diventato troppo ampio e si è persa di vista l’importanza dell’intrattenimento. Di conseguenza, anche la community ha reagito diventando meno aperta e più ostile”.

Per qualcuno si è trattato di un destino inevitabile: gli squali hanno divorato i fish e a quel punto il field si è trasformato. “Probabile. Ma anche prevedibile: io ho cominciato a dirlo già in quel periodo, quando qualcosa poteva ancora essere fatto. Adesso però stiamo assistendo ad un progressivo ritorno dei giocatori, in parte dovuto ai limiti imposti dalla pandemia, ma che va comunque coltivato per il futuro“.

Il tema della sostenibilità vale quindi anche per il poker. E per il resto del gaming? Ad esempio per gli eSports? Su questo Pier Paolo Fabretti ha le idee chiare, anche perché nel suo background “ludico” non esiste soltanto il poker.

Nella sua esperienza di giocatore, il Texas Hold’em è il secondo arrivato. Gli inizi della sua carriera sono infatti legati a Magic: The Gathering, il famoso gioco di carte collezionabili pubblicato nel 1993 dalla Wizards of the Coast (oggi di proprietà Hasbro). Verso la fine degli anni ’90, Fabretti fa parte di un gruppo di ottimi giocatori italiani di Magic (tra questi Dario Minieri e Mauro Stivoli) che gareggiano a livello internazionale. E’ proprio durante una trasferta oltreoceano, per la precisione a New Orleans, che Fabretti & friends scoprono il poker, grazie ad alcuni player di Magic che hanno già iniziato a dedicarsi al Texas Hold’em. Lì scatta la scintilla che ancora oggi fa di lui un professionista delle due carte, ma l’amore per Magic e in generale per altri giochi di abilità non si è mai consumata: “Ogni volta che posso faccio una partita alla versione online di Magic (Magic: The Gathering Arena, ndr), anche se ormai si tratta di puro divertimento. Ma gioco anche a Hearthstone e Starcraft 2, tutti videogame che stimolano molto la mia propensione per la strategia“.

Il fil rouge tra poker e videogiochi strategici (competitivi, cioè eSports) è evidente: “Sono tutti giochi di abilità, anche se in alcuni il fattore fortuna è più presente rispetto ad altri. In Starcraft, ad esempio, le skills richieste per diventare un player competitivo sono molto alte: contro un giocatore professionista durerei pochi minuti! Ma la fortuna aiuta la sostenibilità del gioco, perché aggiunge quel pizzico di bilanciamento che permette anche al giocatore occasionale di avere qualche chance. Rimane però innegabile che tutti questi eSports si basano su processi di apprendimento e livelli di ragionamento strategico. La chiave per vincere è essere almeno un passo avanti all’avversario, proprio come avviene negli scacchi“.

Il riferimento agli scacchi non è casuale. Pier Paolo Fabretti ci spiega infatti che l’inventore di Magic aveva immaginato il collectible card game come una versione fantasy del nobile gioco. Ed è proprio la combinazione di strategia e ambientazione (presente in Magic) che sta decretando il successo dei videogame competitivi nel mondo, oltre al contributo offerto accidentalmente dal COVID-19. “Non posso definire gli eSports come i giochi del futuro, perché di fatto sono già il presente. E sono quello che cercano i giovani: un ambiente competitivo ma tutto sommato equilibrato, e una passione da condividere insieme”. In questo senso l’avvicinamento e l’interscambio tra giochi della mente (videogame, scacchi, poker e altri ancora) “potrebbe avere un effetto positivo e trainante per tutte le varie discipline: un ecosistema ludico con valore formativo e di crescita per tutti i giocatori“.  Per Fabretti si preannuncia un ruolo anche nel mondo degli eSport? “Magari“. Gli operatori del settore sono avvisati.

Agricoltura naturale, poker e eSports rappresentano tre percorsi con grandi potenzialità, a condizione che tutti rispettino il principio della sostenibilità. E’ questo il fulcro e il senso dell’intera chiacchierata con il poker pro, al termine della quale però un dubbio ci resta. Come si conciliano una scelta di vita ecologica, fondata su quello che potremmo definire un ritorno alle origini, e una professione legata in maniera indissolubile a tutto ciò che è virtuale? Natura e tecnologia non sono due estremi inconciliabili? Ancora una volta, Pier Paolo Fabretti ha la risposta pronta: “Sono i due estremi all’interno dei quali si svolge la vita dell’uomo. Non possiamo rinunciare alla natura così come siamo necessariamente esseri tecnologici. Uno diventa il guardiano dell’altro, impedisce che le nostre vite siano orientate solo in un senso piuttosto che nell’altro. Trovare il giusto equilibrio, quello è il compito che ci aspetta”.

 

Foto di testa: Pier Paolo Fabretti (per gentile concessione dello stesso)

 

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