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Parlare di Stuart Errol Ungar, o semplicemente Stu Ungar, significa parlare di uno dei più grandi talenti mai apparsi nella storia del poker. Forse il più grande, anche se fare paragoni con il gioco di oggi diventa difficile tanto è cambiato il mondo del poker da quello in cui Ungar ha dominato la scena. E’ un po’ come chiedersi chi sia il calciatore più forte tra Pelé, Maradona e Messi, o se Roger Federer sia un tennista più grande di quanto lo siano mai stati Bjorn Borg o Rod Laver. Troppa distanza temporale, troppa differenza di mezzi economici, troppo scarto in termini di strutture di gioco e di allenamento.

Ma nel caso di Ungar una cosa è innegabile: la sua predisposizione per il gambling. Il suo cervello sembrava fatto per imparare con facilità ogni gioco e diventare subito il migliore. E’ successo con il Gin Rummy. E’ stato bannato da quasi tutti i casinò per l’eccessiva abilità ai tavoli di black-jack. E’ stato un ottimo giocatore di backgammon. Poi è arrivato il poker, un gioco per lui quasi “troppo facile”, con il quale ha vinto tantissimo, compresi 3 Main Event alle World Series Of Poker. Il resto della sua vita, invece, è stato un inferno a causa della sua instabilità emotiva che lo ha portato verso la droga e di lì alla prematura morte. Ma di questo si è già parlato in tantissime occasioni.

Molto meno, forse, si sa della sua vita personale. Ungar, ad esempio, aveva una moglie, Madeleine, dalla quale aveva avuto una figlia, Stefanie. Nel 1986 Stuey e Madeline divorziarono, poco tempo dopo il suicidio del figlio di primo letto di Madeleine che Ungar aveva legalmente adottato. Nonostante il divorzio e il conseguente avvicinamento alla droga, Ungar rimase sempre molto legato alla figlia Stephanie. Lo dimostra il gesto che il grande campione fece subito dopo la conquista del terzo titolo ME WSOP, quello del 1997. Intervistato da Gabe Kaplan, Ungar tirò fuori una foto della figlia che allora aveva 14 anni, per dire a tutti che lei era il perno attorno al quale ruotava la sua vita: “Ti voglio bene tesoro, e presto di rivedrò”, aveva esclamato davanti alle telecamere.

Non sappiamo se l’abbia rivista, sappiamo però che il 22 novembre 1998 Ungar fu trovato in una stanza dell’Oasis Motel di Las Vegas, ucciso da un’overdose di crack. Aveva 45 anni.

Oggi Stephanie Ungar-Campbell ha 38 anni, vive a Las Vegas con suo marito e due figli. Non gioca a poker perché suo padre non ha mai voluto insegnarglielo. Si concede solo qualche partita a blackjack quando capita ma soprattutto continua a condividere foto e ricordi del padre sui giornali e via internet. L’occasione per farlo è diventata un rituale: quello di celebrare l’anniversario della morte del grande campione di poker. Quest’anno è stato il noto magazine online PokerNews a raccogliere il testimone.

Ecco un estratto dell’intervista.

PN: Suo padre ha mai scritto le proprie idee sulla strategia del poker?

Stephanie Ungar Campbell: No mai. Ero solito dire che tutto quello che sapeva era nella sua testa, ma non sapeva dire come ci fosse arrivato. Aveva una mente brillante, un vero dono.

Come descriverebbe suo padre in tre parole?

Questa è difficile. Direi carismatico, acuto, spiritoso, perspicace e leale (mi dispiace non sono riuscita a sceglierne solo tre).

A parte il gioco d’azzardo, il poker e certe abitudini, quali altre passioni aveva suo padre, cose che magari potrebbero stupire gli appassionati di poker?

Mio padre amava la storia. E i film in bianco e nero. Ha detto che se non avesse giocato a poker sarebbe stato un avvocato. Non cucinava mai. In effetti, non ha fatto la maggior parte delle cose che per persone normali fanno nella vita di tutti i giorni. Non portava fuori l’immondizia, perché preferiva pagare 20 dollari il figlio adolescente dei nostri amici per farlo al posto suo. Questo mi irrita ancora oggi.

Suo padre ha lottato con la droga come molti altri. Questo ha avuto qualche impatto su di lei, soprattutto quando era adolescente?

No, non ho mai avuto dipendenze da droga o alcol. Invece, alcuni dei miei amici più cari hanno avuto questo tipo di problemie io a volte li ho aiutati ad entrare nei programmi di riabilitazione. Ho avuto un’adolescenza abbastanza sfrenata, ma non sono mai caduta nella trappola di alcol e droghe, né ho mai fatto cose di cui dovermi vergognare.

Qual era il cibo preferito di tuo padre?

Più di tutto amava la cucina italiana e quella cinese!

Da bambina ha avuto la sensazione che suo padre fosse una specie di celebrità?

Sì, certo. E mi chiedo come sarebbe stato oggi, con il settore del poker che si è sviluppato così tanto.

Ha mai pensato di scrivere un libro o magari di partecipare alla scrittura di una sceneggiatura per un altro film su suo padre?

In realtà ci ho pensato spesso. Mi piacerebbe produrre un film su di lui. Ma per queste cose servono le giuste connessioni.

Ha visto il film High Roller basato sulla vita di suo padre e se sì, ritiene che sia stato realizzato con una certa precisione e che la rappresentazione sia stata equa?

Non credo sia stato un lavoro accurato. Ecco perché abbiamo scelto di non farne parte dopo che sono venuti da noi con la sceneggiatura.

Qual è il ricordo più caro che lei ha di suo padre?

Oh, ne ho tanti! Il tempo che passavamo semplicemente sdraiati sul divano insieme a parlare. E poi quel giorno quando mi ha portato a fare shopping al centro commerciale e mi ha visto provare tutti i vestiti… abbiamo riso così tanto! È stato un grande giorno che non potrò mai dimenticare.

 

Immagine di testa: foto per gentile concessione di Stephanie Ungar-Campbell

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