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Negli Stati Uniti il poker è quasi uno sport nazionale, nel senso che lo conoscono quasi tutti e lo giocano in tanti. Perfino i politici.

Nella storia americana del ‘900 quattro Presidenti hanno avuto la passione per la carte. Il primo in ordine di tempo è stato Franklin Delano Roosevelt, ospite alla Casa Bianca dal 1933 al 1945. Per il Presidente del New Deal il poker era un puro passatempo, un modo per allentare lo stress dovuto alla politica. In particolare durante il periodo di guerra in cui assunse, secondo la Costituzione, il ruolo di comandante in capo dell’esercito.

Vale la pena notare che la parola “deal” indica “accordo, riforma, patto” (New Deal è spesso tradotto come “Nuovo Corso”), ma come verbo significa anche “distribuire le carte”. I tornei di poker, infatti, prendono il via dopo la frase “shuffle up and deal” pronunciata dal direttore di sala.

Tornando a Roosevelt, il Presidente democratico giocava più volte alla settimana, di solito dopo cena. Erano tutte partite con amici e collaboratori. E sempre con bui molto bassi, tranne in una occasione in cui il limite più alto venne fissato a $1. In quella sessione Roosevelt se ne uscì con un -35 dollari: poca cosa per un miliardario (dell’epoca) come lui. D’altra parte era lo stesso Presidente a rifiutare un aumento degli stakes, perché per lui la partita era un’occasione per socializzate e fare qualche buona conversazione.

Il gioco più gettonato era il dealer choice, ovvero chi dà le carte decide a quale tipo di poker americano giocare. Le preferenze di Roosevelt erano per il Seven Card Stud, giocato spesso con i J che avevano valore di Jolly.

L’unico a venir sistematicamente escluso da queste serate di gioco e di relax era il vicepresidente John Garner. Garner era un ottimo pokerista che amava puntare forte. Ma soprattutto aveva idee politiche diverse da quelle di Roosevelt e questo, evidentemente, non favoriva un’atmosfera conviviale.

Il Presidente Franklin Delano Roosevelt dà il via alla stagione 1938 della Major League di Baseball (Photo by Mark Rucker/Transcendental Graphics, Getty Images)

Il 12 aprile 1945 Franklin Delano Roosevelt muore. Gli succede il vicepresidente Harry S. Truman che solo tre mesi prima aveva accompagnato Roosevelt nella vittoria per il quarto mandato.

Anche Truman era un appassionato di poker. Nonostante fosse cresciuto in una famiglia molto religiosa, una volta aveva ammise: “Mi piace giocare a carte e ballare… Andare agli spettacoli e fare tutte quelle cose che le persone religiose non dovrebbero fare. Ma in tutto ciò non sento alcun rimorso“.

Il poker lo aveva accompagnato e aiutato psicologicamente durante la Prima Guerra Mondiale e la stessa passione per il gioco se l’era portata anche alla Casa Bianca. Tuttavia la sede preferita per le partite era il suo yacht. Giocava quasi esclusivamente nei weekend, mentre l’imbarcazione portava i passeggeri in crociera sul fiume Potomac. Il poker preferito era lo stud, come per Roosevelt, anche se i limiti ai quali giocava erano ben più alti di quelli del suo predecessore: buy-in di 500 dollari con possibilità di un re-buy. Il 10% di ogni piatto, però, veniva redistribuito a chi aveva perso entrambi i buy-in.

Non sappiamo se fosse un buon giocatore, ma fonti varie dicono che amava bluffare e chiamare con troppa disinvoltura i rilanci. Messa così, oggi verrebbe definito un “fish”. Ma non tanto quanto Winston Churchill che nel 1946, avendo mancato la rielezione a primo ministro, era andato a lavorare di diplomazia negli States. Durante un viaggio in treno da Washington a Fulton in compagnia di Truman e del suo staff, Churchill prese parte a una delle note partite presidenziali. L’ex Primo Ministro inglese continuava a perdere al punto che Truman di nascosto chiese ai suoi collaboratori di lasciar vincere un po’ di mani a Churchill. E questi obbedirono, naturalmente. Churchill recuperò buona parte delle perdite e andò a dormire abbastanza soddisfatto da poter pronunciare il giorno successivo il famoso discorso sulla “cortina di ferro in Europa”.

1951: Il Presidente di Israele Ben-Gurion (dx) consegna al Presidente USA Harry Truman (sx) un regalo, sotto lo sguardo dell’ambasciatore israeliano negli States Abba Eban (centro). (Photo by Fritz Cohen/GPO/Getty Images)

Nel 1953 il generale Dwight Eisenhower diventa il nuovo Presidente degli Stati Uniti dopo Truman. Al pari di Truman e a differenza di Roosevelt, Eisenhower aveva alle spalle una famiglia modesta. Con entrmabi predecessori aveva invece in comune la passione per il poker: gioco che conosceva bene, anche dal punto di vista tecnico.

Era quindi un buon poker player, uno che sapeva vincere anche cifre grosse. Aveva perfezionato le proprie skill nel periodo dell’accademia militare di West Point. Durante la Seconda Guerra Mondiale, mentre si trovava a Fort Meade agli ordini del Generale Patton, Eisenhower era solito giocare ad high stakes contro altri ufficiali. E a vincere, il più delle volte. Al termine di una sessione, uno di questi gli consegnò tutto il denaro che in quel mese aveva messo da parte per la famiglia. Fu un episodio che cambiò il modo di concepire il poker da parte del futuro Presidente USA.

Racconta lo stesso Eisenhower nelle sue memorie: “Decisi di smettere di giocare, non perché quel gioco non mi appassionasse più – adoravo realmente il poker – ma perché mi sembrava che non fosse più adatto all’ufficiale superiore che ero diventato e ai valori che rappresentavo“. Non è chiaro se abbia restituito la vincite al suo compagno d’armi, ma è certo che da quel momento Eisenhower e il poker presero strade diverse.

Campagna elettorale del 1956. (Photo by Robert Nickelsberg/Getty Images)

E’ probabile che il più forte giocatore di poker tra tutti i Presidenti americani sia stato Richard Nixon.

Cresciuto in una famiglia di quaccheri per i quali il gioco d’azzardo era “causa di anatema”, è difficile immaginare come il futuro Presidente degli USA si sia avvicinato al poker. Nel suo caso galeotta fu la guerra nel Pacifico.

Nixon si era arruolato in marina ma di fatto non era mai arrivato al fronte. Il suo ruolo era quello di un addetto alla logistica. E così dedicava parte del suo tempo ad insegnare i fondamenti del diritto commerciale ai marinai, i quali in cambio gli spiegavano i segreti del poker.

La specialità era il draw poker (il poker all’italiana, per capirci) e, secondo alcuni commilitoni, “vinceva più spesso di quanto perdesse, abbastanza per mandare a casa, in California, una bella somma di denaro“. Nixon lo conferma nelle sue memorie. “Con la mia paga, quella di Pat (la moglie, ndr) e le mie vincite al poker, durante la guerra abbiamo potuto mettere da parte diecimila dollari“. Una cifra che avrebbe utilizzato nel 1946, per finanziare la sua prima campagna elettorale come deputato della California e conclusa con successo.

Sappiamo anche qualcosa anche del suo stile, grazie al tenente James Udall, che lo definisce “…molto prudente, ma non temeva di rischiare nel momento opportuno. L’ho visto bluffare con un capitano di corvetta puntando mille dollari quando aveva in mano solo una coppia di 2“.

Nonostante le buone qualità di giocatore, Nixon nel 1952 decise di non giocare più. Era alla vigilia della corsa come vicepresidente degli Stati Uniti, al fianco di Eisenhower. Al contrario di Roosevelt e Truman, Nixon temeva che il poker gli potesse alienare una parte degli elettori. Non aveva torto, visto che allora il poker era da molti considerato puro azzardo e illegalità.

Un’immagine negativa che purtroppo è rimasta legata a questo gioco per molto, forse troppo, tempo.

Richard Nixon (sx) e Elvis Presley (dx) alla Casa Bianca. 21 Dicembre 1970. (Photo by National Archives)

Immagine di testa by Getty Images.