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Qual è la fase più importante in una mano di Texas Hold’em? Nel poker moderno, cioè quello trasformato dall’arrivo dei gioco online, la tendenza più diffusa è quella di dare molto peso all’action preflop. Essere gli “aggressori” prima che scendano le carte del board consente di avere più controllo nelle fasi successive, in particolare se a questo si aggiunge il vantaggio della posizione.

Ma le prime tre carte comuni, quelle del flop, possono cambiare tutto. Qualcuno potrebbe aver “hittato” un punto o aver trovato un progetto (draw). C’è anche la possibilità di mettere a segno un bluff. E se invece il flop avesse consegnato a più di un giocatore una monster hand?

Al flop i cooler non sono poi così rari. Alcuni però possono rivelarsi mostruosi, come ad esempio quello che vi abbiamo proposto ieri tra Phil Hellmuth e Doug Polk. Ci vuole tutta l’abilità di un grande campione per evitare di perdere tutte le chips in situazioni come quella, ma nella maggior parte dei casi i giocatori finiscono ai resti.

Scavando nei meandri dell’European Poker Tour, è riemersa una mano con un flop che, se non fosse documentato, potrebbe sembrare costruito ad arte. Ma in quella occasione anche turn e river non scherzano.

La mano arriva direttamente dal Main Event dell’EPT di Barcellona del 2012. Per capirci: quello vinto da Mikalai Pobal, detentore del primato – insieme a Victoria Coren Mitchell – della doppia “picca”. Almeno per ora.

E’ il Day2 del torneo. L’azione comincia con il rilancio a 2.000 chips (i bui sono 400/800) da middle position di Theo Jorgensen, che ha A♦K♣. Chiamano in quattro: Alex Poplavskis da hijack con 6♠6♣, Rune Nikolaisen da bottone con Q♣10♣, Vladimir Troyanovskiy da SB con Q♦J♦ e Martin Schleich (vincitore dello stesso torneo un anno prima) che difende il BB con A♣2♦.

Si crea così il classico family pot, tanto apprezzato dagli spettatori (un po’ meno dai giocatori coinvolti) perché spesso garantisce spettacolo. Le aspettative del pubblico in sala e di quello collegato da casa alla diretta streaming non vengono deluse: Q♥6♦Q♠.

Riassumendo: Poplavskis ha centrato fullhouse, mentre Nikolaisen e Troyanovskiy hanno trips. Gli altri due sono di fatto fuori dai giochi, anche perché azzardare un bluff contro 4 avversari è altamente sconsigliato. E infatti Jorgensen sceglie di fare check. Ne approfitta Poplavskis che punta 6.500 su un pot di 11mila. Il successivo call di Nikolaisen lascia campo libero a Troyanovskiy che va all-in per 13.000 gettoni. Seguono i fold scontati di Schleich e Jorgensen, ma quando l’azione torna a Poplavskis arriva il reshove a 50.000.

A questo punto il problema è solo per Nikolaisen. Il norvegese potrebbe forse intuire di essere indietro ma non trova il coraggio di buttare via la mano. Call con le ultime 38mila chips e si va allo showdown a tre. Poplavskis è avanti 68%, mentre gli altri due hanno uno il 12 e l’altro il 13%.

Le sorprese non sono finite. Il turn è infatti un 10♦ che manda avanti Nikolaisen con il fullhouse superiore a quello del giocatore lettone. Adesso il norvegese è nettamente favorito con l’84% di vittoria, rispetto all’8% di Troyanovskiy e al 3% di Poplavskis.

Il river è la ciliegina sulla torta di una mano che è già tanto spettacolare quanto crudele. Un J♥ che ribalta per l’ultima volta gli equilibri: Vladimir Troyanovskiy  si aggiudica il piatto con fullhouse over fullohouse di Nikolaisen over fullhouse di Poplavskis. Buon per questi ultimi due che il professionista russo (ca. 8 milioni di dollari vinti in carriera) sia lo short stack: Nikolaisen incassa il side pot da Poplavskis, il quale rimane in gioco con 17.000 chips.

Questa è la prova che la mano è stata realmente giocata:

 

Foto di testa: Vladimir Troyanovskiy (credits PokerNews)

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