Avete presente quegli squadroni di calcio che hanno lasciato un marchio indelebile nella storia del football nostrano grazie alle loro imprese che sono durate nel tempo? Tornano subito in mente il Grande Torino, il Milan di Sacchi, gli ultimi anni della Juve la cui striscia di vittorie è ancora aperta.
Lo sport mondiale prima, e italiano poi, è pieno di questo tipo di dinastie, ma quello che combinarono i nostri pallavolisti durante l’ultimo decennio del XX secolo è davvero difficile da ripetere a livello di nazionale.
Generazione di fenomeni
L’indovinatissimo e orecchiabile ritornello che risuona spesso se siete amanti della buona musica e delle scorribande radiofoniche, venne fuori da una bellissima canzone di un gruppo storico cella musica italiana, gli “Stadio” e dal genio dei suoi tre autori, Saverio Grandi e Gaetano Curreri.
La canzone viene spesso associata alla serie televisiva in voga nei primi anni degli Anni 90, “I ragazzi del Muretto”, poiché di quel fortunato gruppo di puntate, ne fu a lungo la sigla finale.
Il lettore, in modo del tutto giustificabile, può chiedersi il motivo in virtù del quale stia leggendo un articolo di sport e si ritrova ad avere a che fare con gli Stadio, ma il percorso è meno tortuoso di quello che si può pensare.
Tra gli sport che in quegli anni hanno più solleticato l’orgoglio del nostro Paese, tenendo incollati alla televisione milioni di italiani, c’era la pallavolo.
L’attimo fuggente colto da Jacopo Volpi
I nostri giocatori avevano formato una corazzata capace di sbaragliare nazionali che in quegli anni erano delle vere e proprie super potenze, come Brasile, Cuba, Stati Uniti.
Ma una delle nazionali che più facevano la corsa su di noi era l’Olanda.
Nel 1994 si giocavano i mondiali di volley in Grecia, segnatamente nelle città di Salonicco e Atene.
L’Italia era campione del mondo in carica, reduce dal trionfo brasiliano che vide i nostri eroi trionfare nelle città di Brasilia, Curitiba e Rio De Janeiro.
Nel 1994 la squadra azzurra è praticamente perfetta, ma l’apice viene raggiunto proprio ai campionati del mondo, perché si sa che vincere un mondiale è difficilissimo, ma confermarsi diventa spesso un’impresa titanica.
L’Italia batte in una finale storica gli acerrimi rivali arancioni con il punteggio di 3-1, ma lo strapotere della squadra azzurra soprattutto in virtù del 15-1 rifilato agli avversari nell’ultimo set.
Quella partita viene commentata da Jacopo Volpi che azzecca in pieno la formula con la quale marchia i nostri giocatori: “Generazione di fenomeni”.
La storia di una squadra quasi imbattibile
La dinastia azzurra nella pallavolo maschile, comincia in realtà nel 1989, con l’arrivo in panchina di un allenatore celestiale, oltre che un personaggio carismatico, Julio Velasco.
Le idee dell’allenatore argentino sono rivoluzionarie. Non vi è nulla di stantio nel suo modo di pensare, fa giocare ai suoi ragazzi una pallavolo moderna, una sorta di precursore alla Sacchi, per un sestetto messo in campo secondo dettami studiati ancora oggi.
Anche il modo di porsi con la stampa denota tutti i crismi di una persona che sa il fatto suo, mai ancorato a regole di costume consolidato.
Velasco le cose le dice, se c’è da attaccare un giocatore lo attacca, se c’è da difenderlo lo difende. Niente sconti a nessuno.
E lo dice a chiare lettere, Velasco: “se vogliamo arrivare a diventare i migliori, servono i giocatori migliori”.
È una regola che ha sempre seguito, perché ciò che insegnava lui necessitava della migliore produzione italiana dell’epoca.
E che prodotto…
Giani, Gardini, Zorzi e Lucchetta
Se dalla panchina arrivava un “Andreaaaa” urlato da Velasco, si giravano in quattro. Ad alcuni di loro venne dato un vezzeggiativo, ad altri venne riservato un trattamento meno farraginoso, chiamati semplicemente per cognome.
E poi Luca Cantagalli, Paolo Tofoli, Lorenzo Bernardi, Pasquale Gravina. Uno dietro l’altro, una batteria di campioni che non verrà mai dimenticata.
Il 1989 parte subito alla grande, l’Italia vince i campionati europei battendo in finale la più che sorprendente Svezia, che non aveva mai raggiunto risultati di quel tipo, nemmeno lontanamente, e nemmeno mai più li raggiungerà.
Il secondo impegno ufficiale dell’Italia è la Coppa del Mondo dove Velasco porta i suoi al secondo posto perdendo con Cuba l’incontro decisivo.
Il primo mondiale
Nell’estate del 1990 si gioca il mondiale in Brasile.
Gli azzurri partono con tante speranze, ma il Brasile giocherà con i favori del pronostico e del pubblico nelle arene di Rio De Janiero e Brasilia dove, quando giocano i verde-oro, non vi è la possibilità di fare entrare uno spillo dopo l’inizio delle partite.
La prima parte della spedizione è positiva, ma senza la perfezione a cui quella squadra ci abituò negli anni successivi: l’Italia batte nettamente Camerun e Bulgaria, ma si arrende a Cuba con la qualificazione già in tasca.
Siamo secondi e ci tocca la Cecoslovacchia agli ottavi che regoliamo 3-0, per poi superare con lo stesso punteggio l’Argentina.
La semifinale viene ricordata come una delle partite più incredibili della storia della pallavolo moderna: giochiamo col Brasile e vinciamo al quinto set per 3-2.
È una partita drammatica e il tifo fa pendere dalla parte brasiliana anche qualche decisione arbitrale di troppo. Ma noi siamo più forti di tutto e tutti.
La finale non è una formalità, ma la supremazia azzurra è evidente. Bernardi mette il sigillo a quel mondiale e all’ultima partita con Cuba che vinciamo per 3-1.
Le Olimpiadi del 1992 e quella sconfitta clamorosa
Il 1992 è segnato dalla cocente delusione dei Giochi Olimpici dove l’Italia non va oltre i quarti di finale dove la solita Olanda ci rimanda a casa al termine di un’altra partita dai connotati epici. Perdiamo 3-2.
Il 1993 segna invece l’inizio della vera rivalità con gli olandesi, squadra con la quale gli azzurri spartiranno praticamente tutti i trofei degli anni a seguire.
Gli azzurri battono gli “Orange” sia nella finale di Grand Champions Cup che in quella degli europei.
È il 1994 quello che dà le maggiori soddisfazioni alla squadra di Velasco.
Nella World League disputata a Milano, gli azzurri salgono per la quarta volta in cinque edizioni sul gradino più alto del podio.
I mondiali del 1994
È ormai autunno quando gli azzurri scendono in Grecia per andare a difendere il titolo dei mondiali brasiliani.
Il primo girone, esattamente come 4 anni prima, è macchiato da una sconfitta, quella contro il Giappone per 3-2, ma il primo posto è in cassaforte e le vittorie successive contro i padroni di casa della Grecia agli ottavi e contro la Russia, anche.
Ancora una volta Cuba e ancora una volta Olanda i due ostacoli superati in semi e in finale, entrambe battute per 3-1.
È un trionfo e le parole di Volpi lo fotografano al meglio.
L’anno successivo l’Italia continua a fare incetta di trofei e questa volta a cadere nelle mani della squadra di Velasco sono ancora una volta la Coppa del Mondo, gli europei e la World League.
Mancherebbe solo l’oro olimpico.
La maledizione delle Olimpiadi si abbatte ancora una volta sulla nostra nazionale e per l’ennesima volta dobbiamo fare i conti con l’Olanda.
La squadra azzurra batte tutte le sue avversarie in un cammino che fa paura. Il girone all’italiana è dominato: 5 vittorie e nemmeno un set perso.
Poi è il turno di Argentina e Jugoslavia, regolate abbastanza in scioltezza.
La finale è ancora contro di loro, gli acerrimi rivali dell’Olanda, già battuti nel girone per 3-0, ci sgambettano per l’ennesima volta, probabilmente quella più cocente. E addio Olimpiadi.
Termina con le dimissioni di Velasco al termine della stagione, la cavalcata di una nazionale che ci fece sognare per quasi 10 anni.