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Compie oggi 41 anni uno dei migliori registi della storia del calcio, nonché il calciatore con più presenze in assoluto con la maglia del Barcellona.

Poco meno di un quarto di secolo con la stessa maglia. Otto campionati spagnoli, Tre Coppe del Re, sei Supercoppe nazionali, quattro Champions League, due Supercoppe Europee e due Mondiali per Club con il Barça. Uno dei pochissimi giocatori con più di 1000 presenze in carriera, 1135 per la precisione, nell’arco di una carriera incredibile. Tutto questo è Xavi Hernandez Creus, ex calciatore e ora allenatore ritiratosi circa due anni fa, dopo aver dato tutto al calcio. Regista di centrocampo dalle eccelse abilità nel controllo del pallone e nell’assist, pur non avendo mai vinto il Pallone d’oro, è stato inserito da France Football nel Dream Team del prestigioso trofeo, venendo scelto come centrocampista difensivo in una rosa comprendente tutti i giocatori in attività dal 1956 al 2020. Xavi, nato a Terrassa in piena provincia catalana, entra a far parte del Barcellona nel ’91, poco dopo aver compiuto il decimo anno di età. La cantera blaugrana lo forgia come calciatore, facendolo esordire in prima squadra nel ’98. Nel primo periodo della sua carriera, in cui raccoglie l’eredità di Pep Guardiola a centrocampo, si mette in luce anche con la maglia della Nazionale Spagnola, con cui partecipa e vince il Mondiale Under 20, disputatosi in Nigeria, oltre a partecipare ai Giochi Olimpici di Sydney, ove guadagna la medaglia d’argento, arrendendosi solo all’Olanda in finale. Una curiosità dei suoi primi anni di carriera riguarda la possibilità molto concreta che il ragazzo si trasferisse al Milan, dato che, racconta la madre del giocatore, Galliani ebbe modo di trattare con il padre offrendogli uno stipendio decisamente elevato per un calciatore della sua età. Fu proprio lei a impuntarsi per non far partire il figlio, che alla fine decise di rimanere con la maglia che lo accompagnerà per tutta la vita. Tra l’altro Xavi, come ricordato da lui stesso questa volta, fu vicino anche a raggiungere l’Inter, circa dieci anni dopo, ma fu trattenuto proprio da quel Guardiola di cui aveva raccolto l’eredità nel Barcellona.

I primi anni non sono i migliori per il Barcellona, anche perché il Real Madrid dei Galacticos fa valere tutto il suo peso tecnico ed economico. Xavi, ormai titolare fisso, raggiunge in pochi anni le 100 presenze con la maglia di un Barcellona che, con l’arrivo di Ronaldinho e Samuel Eto’o, torna a sognare. Nel 2005, grazie alla mano di Rijkaard in panchina, arriva la vittoria in campionato, bissata l’anno successivo. Il centrocampista, reduce dal più brutto infortunio della sua carriera nel novembre 2005, si riprende dalla rottura dei legamenti in tempo per partecipare ai festeggiamenti e per vincere la sua prima Champions League, il 17 maggio 2006 contro l’Arsenal, in una partita in cui ha dovuto assistere dalla panchina al trionfo dei compagni. Nel 2008 trascina la Spagna alla conquista del suo primo Europeo, talmente fondamentale nello schieramento iberico da essere nominato miglior giocatore della manifestazione. Iniziano qua gli anni d’oro di una squadra che dominerà il mondo del calcio con Guardiola negli anni successivi, campione di Spagna, d’Europa e del Mondo tra il 2009 e il 2011. Xavi è un protagonista del doppio Triplete e dei sei trofei in un anno dei suoi, giocando alla grande entrambe le finali di Coppa dei Campioni con il Manchester United e respingendo l’assalto del ferito Real Madrid di Mourinho, a cui segna anche nel famoso 5-0 del Clasico 2010, una partita da ricordare. Senza contare che nello stesso periodo è tra i migliori della Spagna che vince il suo primo Mondiale in Sudafrica nel 2010 e ripete il successo agli Europei 2012 in Polonia e Ucraina. Rimane impiegato spesso anche negli ultimi anni, e saluta il Barça sollevando la sua quarta Champions nel 2015, nella finale vinta contro la Juve. Lascia i catalani dopo 767 presenze in tutte le competizioni, record assoluto del club, avendo giocato più di 30 partite all’anno in 15 delle 17 stagioni con i blaugrana, uniche annate escluse quella del debutto e quella dell’infortunio. Si trasferisce in Qatar, all’Al-Sadd, dove mette altri trofei in bacheca prima di ritirarsi nel 2019, rimanendo con i qatarioti in veste di allenatore. La sua avventura in panchina gli ha già fruttato tre trofei, segno di DNA vincente, che speriamo di ammirare anche in Europa.

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