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Compie oggi 52 anni l’ex calciatore serbo, ora mister del Bologna, che ha fatto del coraggio e della tenacia il suo motto di vita.

Due anni fa, in occasione del cinquantesimo compleanno, Mihajlovic dichiarò in un’intervista: “Per l’energia e l’entusiasmo, me ne sento venti in meno. Anche se certe volte penso di averne già centocinquanta, per tutto quello che ho già vissuto”. In questa frase c’è tutto Sinisa, c’è tutta la sua vita, da calciatore, da allenatore, da uomo che ha vissuto la guerra e combattuto con la leucemia, da persona abituata da sempre a dire ciò che pensa e a camminare a testa alta. Era un difensore dai mezzi tecnici fuori dal comune, anche goleador, visto quante volte è andato in rete su punizione, 28 in Serie A, record assoluto, una specialità della casa che lo ha convinto e iniziato al calcio, vista la sua passione per il basket, per cui è stato anche playmaker in gioventù, abbandonata proprio perché “Nel basket non si possono tirare le punizioni”. Ma era anche un giocatore duro, arcigno, difficile da superare, sempre impegnato al massimo per impedire il gol agli avversari, caratterizzato da una forte tempra, sviluppata sin da quando era bambino. È nato a Vukovar, nell’ex Jugoslavia, il 20 febbraio 1969, vivendo un’infanzia non semplice, in quanto i soldi erano pochi e bisognava arrangiarsi con quello che c’era. Sinisa ricorda la sua passione per il calcio, affermando di giocare fino a tardi, senza mai stancarsi, nei campetti in strada, dove mancavano anche le reti e quindi era necessario ogni volta andare a riprendere la palla. Lo sforzo paga, e da poco maggiorenne giunge al Vojvodina, dove giocherà i suoi primi campionati prima di trasferirsi alla prestigiosa Stella Rossa di Belgrado nel 1991, anno in cui vincerà anche la sua prima e unica Coppa dei Campioni con i serbi. A proposito di serbi, gli anni Novanta sono anni terribili per il popolo slavo, martoriato dalle guerre intestine che portarono allo scioglimento della Jugoslavia. Sinisa ha vissuto l’orrore del conflitto sulla sua pelle, ricordando che anche persone fino a quel momento amiche, erano pronte a far di tutto pur di annientare l’altro. Ricorda quando la sua famiglia si spostò nella vicina Ungheria per sfuggire alle bombe, ricorda quando tornò nella sua città, Vukovar, e la trovò completamente rasa al suolo, senza più strade, vie, palazzi. Troverà la forza di tornarci solo 25 anni più tardi.

Nel frattempo per lui si aprono le porte dell’Italia, dopo che la Roma lo acquista nell’estate ’92. Il nostro Paese è diventata la seconda casa di Mihajlovic, quella dove ha conosciuto e si è sposato con Arianna Rapaccioni, e dove ha avuto sei figli, cinque dall’attuale moglie. Gli anni in giallorosso portano in totale 69 presenze e 7 gol, prima di venire girato alla Sampdoria, che in seguito ne acquisterà il cartellino. Nelle quattro stagioni a Genova il riccioluto difensore si afferma come uno dei migliori difensori della competizione, perpetrando la sua fama di difensore bomber. Sono comunque anni di transizione, la Samp ha finito il ciclo iniziato con Vialli e Mancini, e serve un salto di qualità. Quello step giunge nel 1998, allorché la Lazio di Cragnotti si assicura le sue prestazioni per una cifra superiore ai 20 miliardi di lire. L’immagine del Mihajlovic calciatore è legata indissolubilmente alla Lazio, con cui ha giocato sei anni e ha vinto Scudetto, Coppa Italia, Supercoppa Italiana, Coppa delle Coppe e Supercoppa Europea. Erano anni d’oro per i capitolini, che avevano i migliori giocatori della Serie A, e Sinisa formava, con Nesta, un duo di difesa solido e temibile. Il suo apice lo raggiunse il 13 dicembre 1998, tripletta contro la Samp nel 5-2 finale, tutte le reti su punizione, un altro record. La sua carriera terminò all’Inter, in cui fece in tempo a far sue altre due Coppe Italia, sparando qualche ultima bomba dalla distanza. Dopo l’inizio come vice di Mancini sempre in nerazzurro, diventò un allenatore vero e proprio nel 2008, iniziando il suo percorso al Bologna, la squadra in cui è tornato ora, dieci anni dopo un giro di esperienze che include le panchine di Catania, Fiorentina, Sampdoria e Torino, nonché quelle del Milan e della Nazionale serba, con fortune alterne. Nel luglio del 2019 annuncia al mondo di aver contratto la leucemia, dovendo iniziare un’altra battaglia. Il Bologna lo aspetta e lui risponde presentandosi già in panchina alla prima di campionato. La malattia non l’ha piegato, l’ha affrontata e l’ha vinta con tanto coraggio, nonostante l’inevitabile paura. Un leit-motiv nella vita di un guerriero, Sinisa Mihajlovic.

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