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Compie oggi 57 anni uno dei migliori difensori della scuola calcistica italiana, l’ex capitano e icona dell’Inter Giuseppe Bergomi.

Bergomi è stato un simbolo, un’emblema del calcio che fu, fatto di bandiere e giocatori capaci di restare a vita nella stessa squadra. Beppe Bergomi, originario del milanese, ha legato tutta la sua carriera all’Inter, giocandoci per 20 anni consecutivi. Un marcatore vecchio stampo, fenomenale nell’annullare il suo avversario mettendogli il fiato sul collo, e capace di adattarsi anche alla rivoluzione calcistica della zona, avvenuta nei suoi anni. Un giocatore di una grande maturità, capace di mantenere concentrazione e nervi saldi anche in contesti delicati, anche quando era giovanissimo, con i suoi iconici baffoni per i quali fu soprannominato “Zio” da Gianpiero Marini. Bergomi, nato a Settala, a pochi chilometri da Milano, ha iniziato subito a cimentarsi con il calcio, entrando nelle giovanili del suo paesino. La storia della sua carriera sarebbe potuta essere diversa, perché da ragazzo il Milan lo provinò, ma alla fine decise di scartarlo. Non lo fece invece l’Inter, che lo prese sotto le sue ali nel 1977, guadagnandosi la stima dell’allora tecnico Bersellini, rimasto impressionato dalla forza del ragazzo. Aveva appena 16 anni Bergomi, quando vestì per la prima volta la maglia nerazzurra nel 1980. Una grande gioia, capitata però in un anno in cui venne a mancare il padre, appassionato più di moto e bici che di calcio, che non riuscirà a vedere il figlio imporsi sul palcoscenico nazionale e mondiale. Beppe reagì con forza, e nel giro di due anni si guadagnò il posto da titolare, vinse una Coppa Italia con l’Inter, e venne convocato per i Mondiali ’82 dal tecnico Bearzot, quando era appena maggiorenne. Il rendimento dello Zio va oltre ogni aspettativa, e sappiamo bene come finì quel Campionato del Mondo: giocò nel 3-2 contro il Brasile, nella semifinale contro la Polonia, e ci mise lo zampino nella finale contro la Germania Ovest, marcando alla grande Rummenigge. Fu il più giovane italiano ad aver partecipato a un Mondiale, e lo vinse anche, da protagonista.

Negli anni successivi diventò sempre più una colonna dell’Inter, fino a ereditarne la fascia da capitano: giocò praticamente sempre in ogni stagione, compresa quella in cui la straordinaria squadra di Trapattoni vinse il tredicesimo Scudetto, fissando il record di punti 58 nel 1989. Prese parte ai Mondiali dell’86, oltre ovviamente a quelli di casa del 1990, che giocò da capitano e che considera un grande rimpianto della sua carriera, poiché gli Azzurri avevano tutte le carte in regola per trionfare, ma l’Argentina, come sappiamo, vinse ai rigori nella semifinale. Negli anni ’90 divenne definitivamente il capitano dell’Inter, celebrando le tre vittorie nella Coppa Uefa dei milanesi in quella decade. Saltò i Mondiali del ’94, poiché considerato poco avvezzo al suo gioco da Sacchi, ma giocò quelli del ’98, a 34 anni, onorando con tre presenze il suo quarto Campionato del Mondo, in cui sostituì degnamente prima Ferrara nei convocati e poi Nesta in campo. Nel 1998 fu re-inventato libero dal nuovo tecnico Gigi Simoni, e andò vicino alla vittoria di un campionato contestato ancora oggi. L’anno successivo, il 98/99, fu l’anno in cui lasciò il suo grado di capitano a Ronaldo, e disputò ben 37 partite, risultando uno dei più positivi in un’annata durissima per l’Inter. Annunciò il suo ritiro quella stessa estate, quando capì di non essere più nei piani del nuovo tecnico Marcello Lippi. In generale, con i nerazzurri, ha giocato un totale di 757 partite, 519 in Serie A, in vent’anni, secondo solo a Zanetti per presenze totali e in A con la maglia dell’Inter. Dopo il ritiro ha allenato diverse squadre giovanili con buoni risultati, è stato inserito nella Hall of Fame del calcio italiano, e tuttora è uno dei volti e delle voci più riconosciute dal grande pubblico, essendo telecronista e commentatore sportivo dal suo ritiro a oggi. Una grande carriera, una vita esemplare, una bandiera come non ce ne sono più: questo è stato lo Zio Bergomi.

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