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Il 7 agosto 1942 nacque a San Javier il pugile argentino, così indomito, temerario e viincente sul ring quanto violento e sconsiderato nella vita privata

Carlos Monzon nacque a San Javier, nella provincia di Santa Fe, il 7 agosto 1942. Nel 1948, la famiglia Monzon decise di trasferirsi da San Javier a Santa Fe e durante il loro viaggio Carlos si ammalò di tifo. Quando il medico visitò il bambino fu molto scettico sulle probabilità di sopravvivenza dalla malattia, ma a dispetto di questa diagnosi, Monzon riuscì a guarire e sviluppò una struttura fisica possente e longilinea. La stessa struttura fisica, che anni dopo lo portò ai vertici della boxe mondiale. La vita a Santa Fe era dura, il giovane Carlos per vivere si arrangia facendo diversi tipi di lavori e in alcuni casi anche piccoli furti. In questo contesto di miseria e illegalità si formò il giovane pugile. Il momento in cui la sua vita cambiò fu quando incontrò Amilcar Brusa. Amilcar Brusa era quello che si dice in gergo un “mister di vecchio stampo”. Era un uomo del pugilato, ma di quello vero, che in palestra ci viveva, dai metodi rigidi, dalla ferrea disciplina e dagli allenamenti sfiancanti. Con Monzon costruì un rapporto che andò oltre quello sportivo. Brusa rimase al fianco del pugile anche nei momenti più bui della sua vita. L’allenatore si rese subito conto del potenziale di questo ragazzo non dal punto di vista tecnico ma da quello fisico. Monzon era alto, aveva un fisico longilineo e dotato di un ottimo allungo di braccia. Avversari come il grande Emile Griffith e Josè “Mantequila” Napoles di piccola taglia rispetto a lui vennero demoliti dall’argentino da lontano. Altri pugili, che si confrontarono contro Monzon, dotati di una grande forza fisica vennero demoliti nel combattimento corpo a corpo. Carlos Monzon era un pugile completo, nonostante la sua tecnica non fu mai di quelle sopraffine, era cattivo, era devastante sul ring e sul ring non temeva il confronto. Fu un picchiatore da corta e da lunga distanza. Di fatto molti critici sportivi del tempo si erano sempre espressi in maniera scettica verso l’argentino proprio perché privo di una tecnica piacevole. Ai loro occhi era solo un pugile ricolmo di cattiveria agonistica. Ma fu proprio quella cattiveria che Monzon usò per aprirsi la strada della gloria nella categoria dei pesi medi. Nonostante non avesse una grande scherma pugilistica, queste caratteristiche che avrebbero offuscato la mente di ogni pugile, fecero di lui un atleta freddo e sempre padrone della situazione. Dopo una serie di incontri convincenti, Brusa decise che era il momento di portare il giovane a Buenos Aires, più precisamente alla corte di Tito Lectoure uno dei massimi organizzatori degli eventi pugilistici argentini del tempo. Per il giovane Carlos arrivò così il momento di esordire al mitico Colosseo Luna Park, nel 1965, luogo che vide calcare il ring dai più grandi pugili argentini di sempre come Nicolino Locche, Horacio Accavallo, Pascual Perez e in futuro anche Oscar “Ringo” Bonavena. Nel 1969 Monzon conquistò il titolo dei pesi medi argentino e quello sud americano. Era il momento di fare il salto di qualità. Nel 1970 arrivò la grande occasione, quella di poter sfidare il campione in carica Nino Benvenuti. Così, il 7 novembre 1970 a Roma, si presentò questo sconosciuto pugile argentino che era venuto a reclamare la corona mondiale dei medi. Un perfetto sconosciuto che contava la bellezza di 79 match disputati in Argentina. Riuscì nella sua impresa piegando Benvenuti al 12 round laureandosi così campione del mondo dei pesi medi. Ma se dentro il ring sembrava aver trovato una sua dimensione non si poteva dire lo stesso al di fuori del quadrato. Dopo aver vinto il titolo, Monzon divenne un divo a tutti gli effetti. Cominciò a condurre una vita sregolata fatta di feste, di amanti, di alcool e sigarette. Questi furono gli anni dove intraprese anche la carriera d’attore, dove interpretava un ruolo fatto a pennello per lui: cioè dell’attaccabrighe e donnaiolo. Ma questa sua immagine di campione e idolo delle grandi folle era solo una maschera per nascondere ciò che era veramente nella sua vita privata. Monzon spesso usava brutali atti di violenza senza dignità alcuna verso le sue mogli e nei confronti dei giornalisti che provavano, secondo lui, a violare la sua vita privata. Il culmine di questa condotta violenta venne raggiunto nella notte di San Valentino del 1988. Dopo l’ennesima brutale lite, Monzon uccise la sua terza moglie Alicia Muniz che venne strangolata e scaraventata dal secondo piano della loro abitazione nel Mar della Plata. La vita di Monzon finì l’8 gennaio del 1995, al termine di una battuta di caccia, per un incidente stradale, dopo che aveva ottenuto una libertà vigilata che imponeva al pugile di tornare a pernottare al carcere di Las Flores.

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