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Il 5 ottobre del 1960 nasceva in Brasile Antonio de Oliveira Filho, per tutti Careca, ed è giusto celebrare e ricordare la storia di un calciatore che è rimasto nella memoria collettiva dei tifosi, nonostante sia passato più di un ventennio dai suoi fasti italiani.

Careca nasce nel comune di Araraquara, nello Stato di San Paolo, territorio a cui tuttora è legato. L’aneddoto sulle origini del suo soprannome è particolare, così come in genere sono queste storie legate ai talenti brasiliani. Careca, infatti, non è altro che una storpiatura di Carequinha, all’epoca un clown famosissimo in Brasile, che per il suo aspetto un po’ inquietante impauriva i bambini, così come Careca stesso impauriva le difese avversarie. Iniziata la carriera nel Guaranì, dove vinse il campionato brasiliano non ancora ventenne, si stabilì come uno dei migliori giocatori del Paese a suon di gol. Dopo pochi anni, nel 1983, iniziò a vestire la camiseta tricolor del San Paolo, la squadra più iconica dello Stato Paulista. Risalgono a questi anni anche le prime convocazioni in maglia verdeoro, con la quale disputò la Coppa America nel medesimo anno, perdendo però in finale. Al San Paolo Careca si stabilì come giocatore di altissimo livello: nel 1986 vinse il suo secondo campionato brasiliano trascinando la squadra con 25 gol, miglior marcatore della competizione, e sollevando al cielo la Bola de Ouro, il massimo premio riservato al calciatore brasiliano dell’anno. Al Mondiale del 1986 Careca segnò addirittura 5 gol, ma non bastarono per evitare l’eliminazione dei suoi ai quarti, tuttavia, era chiaro che fosse solo questione di tempo prima della grande chiamata in Europa. Di offerte, infatti, ne arrivarono tante, ma una fu sicuramente la più accattivante, quella del Napoli. È storia comune che l’allora Presidente Ferlaino rimase folgorato da Careca, dopo averlo visto in tv in una vacanza a Rio nel periodo natalizio. L’estate successiva, quella del 1987, Careca sbarcò a Napoli per la cifra di 4 miliardi di lire, facendo sognare i tifosi che poco tempo prima avevano festeggiato il primo storico Scudetto degli azzurri.

Careca scelse i partenopei per poter giocare insieme a Diego Armando Maradona, uno dei più grandi della storia del calcio, ieri come oggi. A completare il trio offensivo vi era un altro grande giocatore come Bruno Giordano, sostituito poi negli anni da Andrea Carnevale. I primi anni di Careca furono magici: 18 reti alla prima stagione in Serie A, con la grande delusione del titolo vinto dal Milan sul filo di lana, e ben 27 l’anno dopo, 19 in Serie A e 6 in Coppa Uefa, che non bastarono di nuovo per riconquistare il tricolore, ma diedero al Napoli il primo trofeo continentale della sua storia: quella Coppa vinta nella doppia sfida contro lo Stoccarda nella quale il brasiliano fu grande protagonista, tant’è che tuttora lo definisce il suo momento più bello nella squadra campana. Nel 1990 poi, arriva anche il secondo Scudetto, l’ultimo finora, alla quale comunque Careca contribuisce con 10 gol, frenato dagli infortuni. Una grande gioia, ma anche la grande delusione del Mondiale di Italia 90, uno dei meno esaltanti dei brasiliani, nella quale la squadra allenata da Lazaroni venne eliminata agli ottavi dagli acerrimi rivali dell’Argentina, guidati da Maradona. Una sconfitta che ancora brucia nei cuori dei brasiliani, e che i tifosi dell’Albiceleste non faticano a sottolinearlo. Da lì in poi iniziò la inevitabile fase discendente: Maradona abbandonò il Napoli nel ’91, Careca rimase e continuò a segnare, ma la squadra non era più quella di prima. Nel 1993 giocò la sua ultima partita in maglia azzurra, e anche l’ultima con il Brasile, il quale andò a vincere il Mondiale un anno dopo. Dopo aver esportato la sua classe anche in Giappone, tornò nella sua terra natìa, dove smise con il calcio giocato e aprì un suo centro sportivo, grazie al quale si occupa segnalare e consigliare al meglio i giovani talenti brasiliani. Nel giorno del suo 60esimo compleanno, risuona ancora più forte quel coro, in cui lo si invitava a “tirare la bomba”, ogni qualvolta si avvicinava, a gran velocità, alla porta avversaria.

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