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Joypad e strumenti per controllare le azioni all’interno di un videogame, fra non molto tempo potrebbero essere un ricordo del passato. A dirlo non siamo noi, ma Gabe Newell, co-fondatore della software house Valve ora publisher di eSports quali DOTA 2 e Counter Strike, secondo il quale il nostro cervello potrebbe interagire direttamente con il computer.

In un’intervista con 1 News di New Zealand Television, Newell ha dichiarato: “Perché usare le nostre periferiche di carne per giocare a Super Smash Bros quando semplicemente potremmo pensare alla mossa che vogliamo compiere nel gioco?”. Un’immagine, questa, che ricorda un po’ lo scenario del film Matrix, dove sostanzialmente viene detto che le azioni compiute (nella Matrice) altro non sono che impulsi elettrici ricevuti e inviati dal cervello, mentre il corpo rimane fermo. E qualcosa di simile avviene in Avatar dove il protagonista controlla da remoto, in una specie di stato d’incoscienza, il suo “secondo corpo” che si muove nel mondo reale.

Questa visione, già dibattuta ampiamente dalle neuroscienze, è secondo Newell il futuro sul quale dovrebbe investire i creatori di videogiochi, ovvero sostituire i vari controller dei videogiochi con la periferica più potente, il nostro cervello: “Non si tratta più solo di fantascienza, adesso”, ha affermato nell’intervista.

Una ragione per sbilanciarsi in questa direzione c’è. Il publisher sta infatti già lavorando alla creazione di un auricolare che leggerà i segnali cerebrali e li utilizzerà per creare esperienze di gioco. La tecnologia in questione, studiata insieme a OpenBCI, è al momento ancora lontana da un prototipo, ma Newell non ha dubbi che il progetto diventerà realtà. Il partner di Valve ha senza dubbio il know-how giusto per realizzarlo: è infatti una piattaforma di interfaccia cervello-computer open source, creata da Joel Murphy e Conor Russomanno, dopo una campagna Kickstarter di successo alla fine del 2013.

Una tecnologia di questo tipo sarebbe in grado di offrire un’esperienza sensoriale di gioco molto superiore a quella attuale, senza contare l’immersione emotiva di vivere realmente in prima persona l’azione. Il giocatore potrebbe addirittura provare dolore quando il suo “avatar” viene ferito nel videogame. Al contempo, il rischio più grosso immaginabile per una tecnologia di questo tipo è il danneggiamento stesso del cervello.

Ma questa non è la prima volta che l’industria guarda in direzione del collegamento cervello-computer. Anche l’imprenditore del settore super high-tech Elon Musk, che secondo Forbes è il secondo uomo più ricco al mondo, si è già mosso in questa direzione. Nel suo caso l’obiettivo non sono però i giochi: all’interno della sua compagnia Neuralink si studiano le possibilità di far relazionare la mente umana con l’intelligenza artificiale, anche con l’obiettivo di curare le più gravi malattie celebrali.

Per chi pensava che la realtà virtuale fosse il futuro dei videogame, è tempo di aggiornarsi.

 

Foto di testa: elektormagazine.com

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