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In questi ultimi giorni il mondo degli eSports ha assistito ad alcuni cambiamenti per quanto riguarda le organizzazioni che gestiscono squadre competitive.

Le ragioni sono diverse. A volte, un’organizzazione acquista un team performante in uno specifico gioco. E’ questo il caso di Amuka Esports, società canadese, che ha recentemente rilevato High Performance Motorsport (HPM), squadra leader nella competizioni virtuali NASCAR che utilizzano il simulatore iRacing.

Un incontro tra leader nei rispettivi ambiti e che promette bene. HPM ha infatti i piloti più vincenti nelle competizioni eNASCAR, con più di 3500 vittorie dalla comparsa del team sulla scena esportiva ad oggi. Amuka Epsorts, invece, è un organizzatore di eventi molto attivo: nonostante sia stata fondata nel 2019, solo nell’ultimo anno la società ne ha messi in campo oltre 300, proponendosi in questo modo come un riferimento per  la scena esportiva canadese.

“Siamo convinti che eNASCAR abbia il potenziale per essere tra gli esports più giocati in futuro. Quasi tutti capiscono l’appeal che il mondo delle corse (anche virtuali) possiede. HPM potrà guidarci nell’elite del sim-racing, attraendo sponsor, partner e fan nel mondo delle gare online” ha detto Ben Feferman, CEO di Amuka Esports.

Anche nel panorama delle società italiane c’è movimento. Oltre alla partnership tra i Milwaukee Bucks e il team QLASH, nei giorni scorsi abbiamo assistito ad un’importante fusione: quella tra i ben noti Racoon Esports e la new entry – ma piena di dinamismo – rappresentata dai Macko Epsorts.

Favorita forse anche dalla vicinanza geografica – sono entrambe società con sede in Puglia – questa “combo” ha grandi potenzialità. Da un lato c’è il team italiano più competitivo di League of Legends, i Racoon appunto. Nell’ultimo anno i “Procioni” hanno raggiunto tre finali consecutive in altrettante competizioni: l’ESL Vodafone Championship Spring Season e nei due split, Spring e Summer, del PG Nationals. Tre “argenti” e nessun “oro”, quindi, ma abbastanza per poter accedere all’European Masters e competere con il top delle squadre a livello continentale.

Dall’altro lato i Macko Esports si sono affacciati sulla scena italiana con un programma ben chiaro: quello di diventare una delle organizzazioni più competitive del Belpaese. La prima mossa in questo senso è stata l’acquisizione dell’intero roster dei vincitori dell’ultimo PG National di Rainbow Six Siege, i Samsung Morning Stars. Adesso arriva la fusione con i Racoon, il tutto condito da una gaming house di proprietà e una academy per i giovani talenti. Non male per una società giovane come quella creata in tempi di coronavirus da Antonio “Macko” Todisco e gestita insieme al COO Alessio Albanese: “Avevamo e abbiamo una grande passione per i videogiochi (Siege su tutti) quindi perché non provarci? Il lockdown ci ha aiutato a capire meglio l’ecosistema dell’eSport. Così, quella che era una semplice passione si è incastrata al meglio con la mia idea imprenditoriale”, ha raccontato Todisco dopo l’operazione con i Samsung Morning Stars.

L’ultima notizia è di sapore diverso, decisamente più amaro per quanto riguarda il mondo degli eSports. Nonostante il boom dei videogiochi competitivi durante il lockdown, il cosiddetto sistema delle franchigie internazionali dà qualche segnale di scricchiolio dal punto di vista economico. E il problema sembra essere originato dalla pandemia stessa, che ha messo uno stop alle manifestazioni dal vivo.

Il riferimento è a quelle competizioni di altissimo livello, alle quali prendono parte team in grado di garantirsi un posto solo acquistandolo. E’ il modello dello sport professionistico statunitense (quello della NBA, della NFL e della MLB), dove non esistono movimenti da e verso i campionati minori (promozioni e retrocessioni come nel calcio da noi), ma soltanto cessioni e acquisti di franchigie.

E quando diciamo acquisti, parliamo di cifre milionarie anche per gli eSports. Ad esempio, le organizzazioni che hanno scelto di partecipare alle due leghe principali di Activision Blizzard, la Call of Duty League e la Overwatch League, hanno dovuto firmare un contratto che prevede un pagamento oscillante tra i 20 e i 40 milioni di dollari per la prima stagione, addirittura 60 milioni per la seconda.

Cifre che normalmente vengono recuperate (anche con profit) dalle società esportive attraverso la vendita dei diritti TV, degli spazi pubblicitari, le sponsorizzazioni e in parte anche dalla vendita di biglietti e del merchandising durante gli eventi dal vivo. Ma tutto questo non è stato possibile nel 2020, con gli eSports live messi in congelatore dall’emergenza coronavirus.

La stessa Activision Blizzard è dovuta intervenire per sostenere economicamente i 10 team coinvolti che altrimenti avrebbero rischiato la bancarotta, offrendo loro un pagamento dilazionato nel tempo, in tranche 1 a 5 milioni. E il problema non riguarda solo Activision ma anche un altro grande publisher, Riot Games, che ad aprile aveva permesso alle squadre di pagare a rate le proprie franchigie nella LEC, la massima lega europea di League of Legends.

In questo senso si colloca anche l’iniziativa di Ubisoft con il Rainbow 6 Share, un sistema di condivisione dei profitti tra publisher e team sulle vendite realizzate attraverso le brandizzazioni degli oggetti di gioco. Un’ottima idea ma che rivela i tempi di magra per tutte le franchigie mondiali.

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