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Il monopolio logora chi non ce l’ha, avrebbe detto qualcuno. Anche se di monopolio vero e proprio (per ora) non si tratta, è difficile negare che in questo momento le grandi potenze economiche mondiali stiano reagendo al crescente potere delle multinazionali cinesi.

Gli schieramenti sono chiari. Da un lato c’è l'”asse occidentale”, rappresentata dagli Stati Uniti e dal Regno Unito, sostenuti però anche da Paesi asiatici di grande rilevanza economica, quali l’India e più di recente da Taiwan. Dall’altro i colossi, soprattutto quelli del settore tecnologico, al servizio di Pechino.

Una sfida combattuta a colpi di ban, dazi, cause legali e “complottismi” vari, come ad esempio l’ipotesi formulata dal Presidente Trump per la quale il COVID-19 sarebbe stato creato intenzionalmente in un laboratorio cinese, al fine di colpire l’economia dell’Occidente. Tensioni pericolose che rischiano di espandersi a macchia sullo scacchiere internazionale, con conseguenze imprevedibili.

La situazione del fronte “tecnologico” ha iniziato ad inasprirsi a maggio, quando gli Stati Uniti hanno esteso il ban a Huawei fino al 2021. Già nel 2019, infatti, Huawei e Zte erano state inserite nella lista nera delle aziende potenzialmente pericolose per la sicurezza del Paese: a rischio ci sarebbe stata la “privacy” di cittadini, compagnie e istituzioni a stelle a strisce, a causa delle attività hi-tech delle due corporation cinesi.

Subito dopo si è mosso anche il Regno Unito, che ha bandito Huawei dalla sua rete 5G. Dell’India abbiamo parlato poco tempo fa, quando il secondo Paese al mondo per numero di abitanti – e con una economia in continua crescita – più o meno con lo stesso pretesto ha bloccato una sessantina di app sviluppate da aziende cinese, tra le quali TikTok e WeChat, peraltro già bersagliate anche negli Stati Uniti. Nel caso dell’India persino il mondo dei videogiochi ha corso – e corre ancora – qualche pericolo, con la multinazionale Tencent nell’occhio del ciclone.

E proprio quest’ultima, insieme al Netflix cinese iQiyi, è stata oggetto del blocco da parte di Taiwan. Una mossa che, a dire il vero, non sorprende più di tanto. La Repubblica Popolare Cinese, infatti, non ha mai riconosciuto l’indipendenza dell’isola che rimane la “provincia separatista di Taiwan”, una definizione tornata a farsi sentire proprio di recente nelle parole dei vertici di Pechino.

Secondo un comunicato ufficiale del governo con sede a  Taipei (capitale di Taiwan) le due aziende cinesi avrebbero “operato illegalmente” sull’isola, collaborando con emittenti e distributori locali per fornire i loro contenuti video tramite servizi di streaming. (fonte CNN).

Per non dare fuoco alle polveri in maniera affrettata, Taiwan si è data un periodo di valutazione di due settimane (di fatto fino al 3 settembre) per valutare se rendere definitivo il provvedimento, ma il rischio è concreto.

Un rischio che in questo caso non intacca più di tanto il business di Tencent e iQiyi, nonostante l’isola abbia comunque 24 milioni di abitanti, ma che segna un altro passo in direzione di una guerra economica che, soprattutto in tempi in cui la pandemia non sembra regredire, potrebbe avere effetti devastanti per tutti i settori.

Anche quello degli eSports, come è successo di recente con l’apertura del contenzioso legale tra Epic Games da una parte e Apple/Google dall’altra.

 

Foto di testa credits www.asia.nikkei.com

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