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Streamer. Una delle parole più presenti nel nuovo lessico, quello forgiato dai social media e dalla comunicazione via Internet. Un ruolo. Quello di chi può influenzare le passioni, le idee e – in qualche modo – anche le vite degli altri, perché chi streamma è di per sé un influencer. Una professione. Nata sulle piattaforme online (Twitch), esplosa ai tempi del coronavirus, ufficializzata dal mondo del gaming.

Lo streamer di professione è infatti una delle figure di riferimento per chi gioca. Non è questo l’unico modo per essere streamer, ma sicuramente è uno dei più efficaci. La ragione è evidente: uno streamer di successo è soprattutto un aggregatore di persone che condividono una passione, e la community è ciò che tiene vivo un gioco.

Negli ultimi anni, anche in Italia la figura dello streamer è diventata fondamentale per le organizzazioni esportive. Nonostante esista ancora qualche lacuna a livello di disciplina fiscale e del lavoro, farne una professione è un pensiero che attira i giovani.

Tra coloro che ci sono riusciti c’è Paolo Marcucci, meglio noto nel mondo di League of Legends come “Paolocannone“. 25 anni, romano di nascita ma calabrese di adozione, Paolo Marcucci è oggi uno degli streamer più in vista nel nostro Paese. Qualche settimana fa è stato intervistato dalla ministra Dadone la quale, dopo aver parlato – sempre in streaming – con il campione di Starcraft Riccardo “Reynor” Romiti, ha scelto Marcucci come portavoce di un altro aspetto del mondo degli eSports.

Paolo Marcucci è infatti un perfetto esempio di chi è riuscito a crearsi un lavoro a partire da una passione ludica. Per questa ragione abbiamo cercato di capire da lui che cosa significa essere streamer e soprattutto se c’è una ricetta per diventarlo. Probabilmente non c’è, ma le storie personali possono aiutare.

DIFENDI LA TUA PASSIONE

Quella di Paolocannone per i videogame inizia abbastanza presto, anche se il nickname arriverà più tardi. A 13 anni il futuro streamer è uno “smanettone” dei giochi arcade, in particolare quelli della serie Kenshiro e Metal Slug. E’ talmente bravo che gli altri ragazzini gli pagano le partite a condizione che li aiuti a superare i livelli che loro non riescono a battere. Forse il suo sogno di un futuro da gamer professionale inizia a formarsi proprio nelle sale giochi e nei lidi balneari delle coste calabresi. Dopotutto, gli elementi principali ci sono già: la passione, le skills, i soldi e il pubblico, anche se magari “composto solo da 2 o 3 persone“. E poi c’è la voglia di crescere, di perfezionarsi: “Ho sempre sentito il bisogno di fare le cose al meglio“, dice. E noi gli crediamo anche perché non è difficile immaginarlo come performer già a quell’età.

Nel frattempo, però, il mondo degli eSports è diventato qualcosa di importante. Paolo Marcucci ci arriva come molti altri, attraverso League of Legends. Ma per rendersi conto che LoL può essere una svolta professionale, dovrà prima passare per le proprie Forche Caudine esistenziali. Nel suo caso queste hanno l’aspetto (nascosto) di uno smurf, cioè di un giocatore veterano che usa un account secondario per partecipare a competizioni di livello inferiore. Paolocannone subisce una batosta che lo manda in crisi ma che è anche la molla per decidere di investire ancora più energie e motivazioni nel mondo dei videogiochi.

Nel 2015, poco più che maggiorenne, Paolo Marcucci entra nel mondo competitivo di LoL. Non se la cava male, ma per fare soldi la strada è in salita. “In quel periodo in Italia la figura dell’esporter, cioè del giocatore di professione, non c’è ancora. Non si riesce a guadagnare con il gioco competitivo” e di conseguenza per l’ambizioso player non c’è la possibilità di dimostrare a tutti che può mantenersi con i videogame. Arriva così il primo vero ostacolo della sua carriera, quello con i genitori: “Erano totalmente contrari, avevano paura che mollassi il percorso universitario (è iscritto alla Facoltà di Sociologia, ndr). Per loro sarebbe stato un errore gravissimo“.

Ma tra gli studi e il gioco puramente competitivo c’è un’alternativa: quella della community degli appassionati di LoL, con la quale il giocatore può entrare in contatto attraverso le piattaforme di livestreaming. Twitch esiste già e il momento è quello giusto. “Lì ho capito di essere più orientato all’intrattenimento che all’aspetto competitivo del gioco“: questa è la rivelazione che lo porta, ormai 21enne, a lasciare la Calabria e a girare il nord Italia (Pavia, Melegnano, Milano) nella duplice veste di streamer/giocatore per le nascenti realtà esportive del Belpaese. Anche perché nel frattempo i primi guadagni realizzati con le streammate hanno convinto i genitori della bontà del nuovo percorso.

(Continua nel prossimo articolo)

 

Foto di testa: Paolo “Paolocannone” Marcucci (courtesy of QLASH)

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