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Le loot box, ovvero le buste upgrade a pagamento dal contenuto randomico, sono sempre più nell’occhio del ciclone. In particolare quelle usate da EA Sports per la versione Ultimate Team di FIFA21, le quali sono state inserite da molti Stati nella categoria del gioco d’azzardo e, di conseguenza, bloccate.

Nonostante questo, il publisher statunitense ha deciso di utilizzare le loot box come forma di ricompensa per il concorso FIFA 21 Team of the Year (TOTY). In sostanza, i partecipanti devono votare gli 11 migliori giocatori del videogame, indicando un portiere, quattro difensori, tre centrocampisti e tre attaccanti. In tutto ci sono 70 nomi a disposizione, ognuno dei quali è associato a speciali oggetti che garantiscono migliori perfomance per chi li usa durante le partite. Per ogni giocatore azzeccato – ovvero che entrerà a far parte del Team dell’Anno – il partecipante ricevere lo speciale oggetto annesso, sotto forma di loot box, senza sapere prima di quale upgrade si tratti. In questo caso si tratta di un premio che però pubblicizza quello che in molti Stati è considerato gioco d’azzardo.

Tra questi ci sono sicuramente i Paesi Bassi che, nell’ottobre dello scorso anno, hanno condannato EA Sports al pagamento di una multa da 10 milioni di dollari. Secondo un rappresentante della Kansspelautoriteit (KSA), l’autorità olandese per il gioco d’azzardo, le loot box di FIFA violano la regolamentazione nazionale e costituiscono un pericolo per i minorenni: “I giocatori sono spesso giovani e quindi particolarmente a rischio di dipendenza. Gli elementi del gioco d’azzardo, che spesso ne sono la causa, non possono quindi essere presenti nei videogiochi”.

Più o meno sulla stessa linea si stanno muovendo Francia, UK e altri Paesi europei, mentre in Belgio i giocatori possono utilizzare la modalità Ultimate Team, ma possono acquistare gli upgrade solo utilizzando la valuta di gioco, le monete FUT che si ottengono con i risultati e il mercato in game, e non soldi reali.

Una soluzione interessante, quest’ultima, ma che non sembra accontentare né EA Sports né gli altri publisher coinvolti nella vicenda, come ad esempio Blizzard che mette a disposizione le loot box per i propri titoli Overwatch e Hearhsone. La ragione è semplice: dietro all’acquisto della carte upgrade c’è un giro di soldi non trascurabile per i produttori di videogiochi: secondo Gameindustry il giro d’affari di Ultimate Team si aggira intorno al miliardo e mezzo di dollari, ovvero il 27% del fatturato di Electronic Arts.

Detto questo, i publisher hanno comunque iniziato a fare qualche passo indietro sul fronte delle loot box. Secondo il il sito FUT Watch, EA Sports avrebbe già predisposto per alcune giurisdizioni una versione di FIFA21 con la formula Ultimate Team bloccata da questo messaggio: “FIFA Ultimate Team non è attualmente accessibile a causa di una richiesta da parte delle autorità del tuo Paese”. Blizzard ha invece cambiato le diciture pubblicitarie di Overwatch e Heartstone sostituendo “gioca gratis” con “scarica ora”.

C’è chi è d’accordo sullo stop alle loot box e chi no. Coloro che si schierano tra i sostenitori del rischio dipendenza, hanno davanti agli occhi (o meglio, nella testa) il “caso Jonathan Peniket“, il giovane inglese che ha recentemente dichiarato di aver speso nel 2012 tutti i suoi risparmi, pari a 3mila sterline, in loot box. “Mi sento obbligato a raccontare la mia storia e di come il gioco d’azzardo insito nelle loot box sia stata una delle peggiori esperienze della mia vita”, ha detto alla BBC. “Ricordo distintamente quando, nel 2012, chiesi per la prima volta ai miei genitori se potevo usare i miei soldi per acquistare i pacchetti, e la mia frustrazione quando mio padre disse che le loot box erano gioco d’azzardo. Nei quattro anni successivi ho speso sempre più soldi per i pacchetti di Ultimate Team cercando ogni volta quel brivido che sarebbe arrivato solo occasionalmente”. (fonte esportsmag.it)

Una dichiarazione che ha scosso il mondo degli eSports e che ha cambiato anche la sua vita. Oggi Jonathan Peniket ha 21 anni e dall’ottobre 2020 è consulente per EPIC Games, all’interno del team che si occupa di Risk Management.

Sulle loot box, si è invece espresso in maniera diversa Peter Moore. E sarebbe stato difficile pensare il contrario, visto che parliamo di un veterano dell’industria videoludica che fino al 2017 è stato il direttore della divisione sportiva di EA nonché l’inventore di questo modello di business. Per Moore le loot box “sono ben lontane dall’essere considerate gioco d’azzardo. Si tratta di collezionare carte – ha detto a Gameindustry – esattamente come si faceva con le figurine delle sigarette negli anni ’20, o le Lucky Bags nel Regno Unito. L’esperienza di aprire qualcosa e non sapere cosa ci sarà dentro attira attenzione e soldi. Basti pensare alla popolarità acquisita dai video dedicati ad Ultimate Team. La gente le adora: apri una bustina e poi ecco spuntare Ronaldo o Messi. É meraviglioso”. (fonte corriere.it)

La sua difesa degli upgrade misteriosi è definitiva, perché nell’acquisto della busta “ottieni sempre delle carte. Non apri una bustina in cui non ci sono giocatori all’interno. La mia è una visione personale, ma il concetto di sorpresa è ben lontano da quello di gioco d’azzardo. Compri o giochi per ottenere pacchetti, li apri, e poi sarai felice o penserai di aver trovato solo carte scadenti. Ripeto, nella mia visione di outsider, questo non è gioco d’azzardo”.

Che sia una visione personale non c’è dubbio ma, permetteteci di dirlo, è anche un po’ parziale perché vede nelle loot box solo il valore economico per l’industria videoludica: “i numeri parlano da soli. E se lo giochi, lo ami. Inoltre ha reinventato Fifa in un periodo in cui i titoli sportivi erano relativamente stagnanti“.

Forse tra le due posizioni è pensabile una terza che cerca di coniugare business e impatto sociale e che potrebbe essere proprio quella messa in atto in Belgio, dove le loot box sono un premio da raggiungere giocando a FIFA21 e non un prodotto da acquistare.

 

Foto di testa by arstechnica.com

 

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