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Non c’è dubbio che una passione, quando è smodata e in balia dell’ego, diventi nociva per l’individuo. Ma questo vale per qualsiasi attività: quanti sono gli atleti che nella loro carriera hanno perso di vista i valori dello sport solo per raggiungere determinati traguardi? Tanti, purtroppo.

Anche per questo motivo sarebbe opportuno liberare la sana passione per gli eSports delle etichette di “cose da nerd”, “asocialità” e “dipendenza”, nonostante le resistenze siano ancora piuttosto forti soprattutto nel nostro Paese, a causa di pregiudizi radicati sia tra le famiglie sia tra chi fa politica.

A dire tutto questo non siamo noi, ma due notizie che dimostrano quanto gli eSports siano uno strumento di socializzazione. La prima viene dalla Lyse Foundation, organizzazione di sviluppo e promozione degli eSports, che lancia il progetto NED – Nazionale Esport Disabili.

Il nome indica chiaramente il senso del progetto. Per tante persone – più o meno giovani – affette da disabilità di varia natura, la maggior parte delle attività “normali” sono precluse, compresi gli sport nella loro forma classica. Ci sono le discipline per disabili, certo, ma anche i videogiochi offrono un’ottima alternativa attraverso la quale esprimere se stessi e avere la possibilità di inserirsi in una rete sociale. Non dimentichiamo, infatti, che molti di questi giochi si fanno in gruppo, cioè in squadra, anche quando si svolgono interamente online, soprattutto in questo periodo di pandemia. E allora perché non creare una vera e propria nazionale di esporters?

L’iniziativa, sostenuta anche dall’associazione “Famiglie SMA”, è stata presentata il 19 settembre dal fondatore della Lyse Foundation Alessio Berni: “Gli esports permettono un superamento non solo delle barriere architettoniche ma anche di quelle culturali, economiche e sociali. Possono favorire un sano ambiente di competizione e amicizia. A livello nazionale ci sono tanti appassionati che già dimostrano concretamente questo abbattimento delle diversità, ecco perché vogliamo costituire questa rappresentanza nazionale che veicoli questo messaggio positivo e costruttivo“. 

La presentazione è stata inserita all’interno di un evento per la raccolta di fondi a sostegno delle attività per persone disabili, accompagnato da un torneo dimostrativo internazionale di eSports che è stato trasmesso in streaming sui canali dell’organizzazione e sui diversi  social.

La seconda notizia arriva invece dal mondo della scuola, rappresentato da European Schoolnet (il network che unisce 34 Ministri dell’Istruzione europei), in joint-venture con quello dei videogiochi, nella forma dell’ISFE Interactive Software Federation of Europe – l’associazione europea di categoria. Una combinazione forse inaspettata, ma dalle grandi potenzialità.

Si chiama Games in Schools il progetto che mira a utilizzare i videogame come strumento pedagogico nelle scuole. I giochi elettronici, in sostanza, aiutano gli studenti a migliorare le proprie abilità digitali, un requisito imprescindibile nel mondo di oggi, e a socializzare, soprattutto in un periodo di “distanziamento sociale”.

A conferma di questo è arrivato il recente studio Ipsos MORI commissionato da ISFE, secondo il quale un genitore su cinque concorda sul fatto che i videogiochi sono stati un aiuto dal punto di vista dell’istruzione nel periodo di chiusura delle scuole. Un’alta percentuale di genitori, inoltre, evidenzia che giocare con computer o console ha avuto un impatto positivo sulla salute mentale durante il lockdown.

Due sono i fattori chiave a sostegno del progetto Games in Schools, come ha sottolineato Marc Maduro, Executive Director di European Schoolnet: “La pandemia ha messo in luce l’importanza di sostenere gli insegnanti nell’utilizzo degli strumenti digitali in modo efficace da un punto di vista pedagogico. I videogiochi hanno il potenziale non solo di coinvolgere gli studenti nell’apprendimento, ma anche di trasformarli da consumatori passivi di media digitali a creatori e sviluppatori che danno forma ai media digitali di domani. Il progetto Games in Schools ha fornito agli insegnanti formazione, linee guida e strumenti utili per realizzare questo cambiamento utilizzando i videogiochi in classe e nella didattica a distanza per attività di apprendimento”.

Dello stesso avviso è Simon Little, CEO di ISFE: “Diverse ricerche testimoniano che l’uso dei videogiochi in classe aumenta abilità importanti per il momento storico in cui viviamo: lavoro di squadra, comunicazione, problem solving, pensiero critico, capacità analitiche e molto altro. I videogiochi sono fondamentali per la società odierna, crediamo che la Commissione europea dovrebbe utilizzare il Piano d’azione per l’istruzione digitale per incoraggiare i governi nazionali a cogliere l’opportunità di crescita che rappresentano, seguendo l’esempio del governo polacco e aggiungendoli al curriculum scolastico. L’industria europea dei videogiochi vale 21,6 miliardi di euro ed è cresciuta del 55% negli ultimi cinque anni. Gli educatori europei devono recuperare il ritardo e preparare i nostri giovani per i lavori del futuro“.

I risultati di Games in Schools e il nuovo manuale per gli insegnanti saranno presentati lunedì 29 settembre durante l’evento online Learning by Playing, supportato da Sabine Verheyen, presidente della Commissione Cultura e Istruzione del Parlamento Europeo e al quale parteciperà Antoaneta Angelova-Krasteva, Direttore per l’Innovazione, la Cooperazione Internazionale e lo Sport, DG EAC, Commissione Europea.

Fonte: esportsmag.it

 

 

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