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E’ indubbio che la pandemia di COVID-19 abbia cambiato il mondo. Senza voler entrare nel merito dell’emergenza sanitaria, della conseguente crisi economica e della sensazione di essere circondati da un nemico invisibile che non intende mollare la presa (almeno fino a quando non sarà disponibile un vaccino), è indubbio che anche le nostre abitudini di vita siano state stravolte. Tra lockdown e distanziamento sociale, siamo stati costretti a isolarci dalla realtà “vera” e trovare rifugio in un altro tipo di realtà, quella virtuale.

In questo senso, ieri sera è successo qualcosa di paradossale. Durante le finale di Coppa Italia tra Napoli e Juventus (vinta dal Napoli ai calci di rigore, per la cronaca), l’assenza di spettatori è stata compensata da proiezioni digitali di bandiere e di persone che con i loro cori hanno cercato di riscaldare l’atmosfera. Il tutto attraverso “una grafica virtuale integrata tramite sofisticati software”. Non solo: agli spettatori da casa è stata offerta la possibilità di essere proiettati all’interno dello Stadio Olimpico di Roma “grazie allo sviluppo di un filtro Instagram”. (fonte Gazzetta dello Sport)

Insomma, un clamoroso mix di reale e virtuale che sembra non sia piaciuto alla maggior parte degli appassionati. I commenti sui social hanno giudicato la grafica fastidiosa se non addirittura ridicola.

Va detto, tuttavia, che non si tratta di un esperimento isolato. Anche la Liga spagnola, una settimana fa ha deciso di utilizzare la tecnologia per riempire gli stadi, nello specifico quella del videogame FIFA20 di EA Sports che ha fornito elementi di grafica per colorare gli spalti e cori per accompagnare le azioni dei giocatori.

E non è nemmeno il primo. Ci aveva già provato nel 2014 il Manchester United, con l’intento di rinfoltire virtualmente gli spalti lasciati semivuoti dai tifosi per il pessimo andamento della squadra. E ancora prima la Triestina (Serie B italiana) che nel 2010 aveva fatto stampare le immagini dei tifosi su uno striscione posto a copertura di un’intera sezione dello stadio Nereo Rocco. In questo caso, una soluzione di “vecchio stampo”, ma con lo stesso intento.

A noi però interessa evidenziare un altro aspetto di tutta questa vicenda. Ai tempi del coronavirus gli sport hanno imparato che guardare in direzione degli eSports può essere una soluzione. Il calcio, attraverso le federazioni e le squadre pro e semi-pro, lo sta facendo in maniera continua ed efficace dall’inizio del lockdown, organizzando tornei e competizioni di vario tipo su FIFA20 e Pro Evolution Soccer. Potrà non piacere, ma è un modo per tenere vivo l’interesse degli appassionati di questo sport. Ma è anche un interscambio, perché allo stesso tempo consente ai giovani videogamer di far parte di un movimento più ampio come quello degli sport tradizionali. In altre parole li coinvolge.

Esattamente quello che è successo ieri sera, all’Olimpico di Roma. Il calcio che per mesi si è fatto eSports, ha restituito il favore permettendo che il virtuale entrasse nel mondo reale.

Il risultato avrebbe forse potuto essere migliore, ma si tratta di occasioni, di opportunità. E di finestre aperte sul futuro.

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