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Nella ricorrenza della sua tragica scomparsa, ricordiamo il calciatore che ha lasciato l’indelebile segno del carisma, del talento e del fair play

«…ma in questo frastuono è rimasta un’idea un eco nel vento, Facchetti e Scirea» così canta Gaetano Curreri, il leader vocale degli Stadio, unendo in un ideale abbraccio, i due più grandi campioni del calcio italiano. Due uomini considerati campioni per quello che hanno dato in campo e per le vittorie ottenute. Due uomini considerati campioni soprattutto, per il modello di fair play, rispetto, correttezza e carisma che ha contrassegnato un’intera epoca. Si parla sempre volentieri di Gaetano Scirea e lo si ricorda ancora oggi con profonda commozione quando il pensiero torna a quel triste 3 settembre di trentuno anni fa: aveva da pochi mesi deciso di appendere le scarpe al chiodo, il Gaetano da Cernusco Sul Naviglio, accettando l’invito del grande amico Dino Zoff, divenuto allenatore della Juventus, che chiese al compagno di mille battaglie sportive di fargli da assistente. Scirea accettò di buon grado, per rispetto dell’amico e per il viscerale amore per quella società. Il 3 settembre del 1989 parte per la Polonia dove va a visionare il Gornik Zabrze, che da lì a poco sarebbe stato rivale dei bianconeri in Coppa. Gaetano Scirea stava tornando verso l’aeroporto quando, all’altezza di Babsk, la macchina sulla quale viaggia con un interprete ed un dirigente del Gornik, è tamponata da un furgone. Un impatto violento e purtroppo fatale, perché il furgone trasporta taniche di benzina che prendono fuoco. La notizia arriva in fretta in Italia ed è Sandro Ciotti, durante la Domenica Sportiva, ad informare gli sportivi di quanto accaduto. L’Italia rimane sbigottita, al di là della fede calcistica. Già. Perché Gaetano Scirea era davvero “l’idea” cantata dagli Stadio. Era un modello di vita: condotta esemplare, mai fuori posto, una tecnica sopraffina, un grande carisma ed una capacità di saper “leggere” la partita superiore alla media.

Nato a Cernusco sul Naviglio, “capitale” della Martesana, il 25 maggio del 1953, Scirea calcia i primi palloni alla Serenissima di Cinisello Balsamo. Il suo ruolo preferito è quello di attaccante, ma quando viene notato dagli osservatori dell’Atalanta ed arriva in nerazzurro, inizia la sua trasformazione: ala destra, poi centrocampista ed infine, nella Primavera atalantina, difensore centrale. Esordisce in Serie A il 24 settembre del 1972 disputando 58 partite (ed una rete) con gli orobici. Nel 1974, Gaetano Scirea arriva alla Juventus e comincia un nuovo capitolo di una affascinante storia. Ben voluto dalla famiglia Agnelli e da tutto l’ambiente, col passare dei campionati e delle vittorie Scirea diventa la bandiera della Juventus che vince tutto. Allenato da Giovanni Trapattoni e schierato nel ruolo di libero, il cernuschese mette in bacheca sette scudetti, due Coppe Italia, la Coppa Uefa del 1977, una Coppa Intercontinentale ma anche il trofeo per il quale non ha mai gioito: la Coppa dei Campioni nella notte dell’Heysel. Fu lui, con Neal del Liverpool ad andare vicino alle tifoserie a predicare la calma: “Stiamo giocando per voi”, disse provando a placare gli animi in una notte così terribile. Così come nella Juventus, Scirea sapeva dettare i tempi anche con la maglia azzurra della nazionale che onorò in ogni circostanza. C’era anche lui nel gruppo di giocatori che regalò allo sport italiano la straordinaria impresa ai Campionati del Mondo del 1982, allenatore in campo della squadra diretta in panchina da Enzo Bearzot. Gioca 78 partite e segna due gol con la nazionale. Quando, a 35 anni, decide di ritirarsi dal calcio giocato, più che ogni alloro vinto, di Gaetano Scirea si preferisce ricordare un altro record che è lo “specchio” di quello che lui sapeva essere in campo. Più delle 435 presenze e delle 25 reti in Serie A, o delle 89 presenze e 3 reti nelle coppe europee, di lui si disse soprattutto che arrivò a fine carriera senza mai essere stato espulso. Gaetano Scirea è passato alla storia come uno dei più forti difensori di tutti i tempi in un ruolo, quello di libero, che in quell’epoca aveva altri interpreti eccellenti quale Franz Beckenbauer o Daniel Passarella. E’ proprio pensando a tutto quello che Gaetano Scirea ha “regalato” in campo, che cresce il rammarico ricordando quella triste sera del 3 settembre di 31 anni fa. Ci ha lasciato un grande uomo, un fortissimo giocatore la cui stella, però, non ha mai smesso di splendere.

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