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In attesa di capire come e se si riuscirà a finire la stagione 2019-2020, la Serie A lancia le prime indiscrezioni sulla prossima stagione che, giocoforza, dovrà essere accorpata per permettere la disputa degli Europei.

Secondo quanto riportato dal Corriere dello Sport, la Serie A 2020-2021 potrebbe iniziare il 12 settembre, tre settimane dopo l’attuale scadenza prevista per la stagione corrente. Una decisione quantomeno dettata dalla logica ma bisognerà poi trovare un compromesso anche per capire i rischi a cui saranno sottoposti i giocatori. E non si parla solo di Coronavirus.

Dopo oltre 70 giorni di stop, oggi le squadre di Serie A hanno potuto riavviare gli allenamenti ‘tradizionali’, con la palla e partitelle. Ma da qui al ritorno in campo ce ne passa, sebbene la Lega Serie A sia fiduciosa nel poter riprendere il campionato il 13 giugno prossimo. L’obiettivo è stato sempre quello di terminare la stagione, a tal punto da poter pensare anche di ridimensionare quella successiva che rischia ancor di più di essere modificata, visto che poi a giugno si terranno gli Europei e la Copa America. La prossima Serie A, dunque, dovrebbe partire il weekend del 12-13 settembre 2020, ossia tra meno di quattro mesi: situazione che però dovrà essere confermata dalle autorità competenti, perché i giocatori sarebbero costretti a scendere in campo quasi per 2 anni ininterrottamente senza alcuna pausa, eccezion fatta per il periodo di lockdown. Qualora non venissero attuate riforme, la Serie a A 20 squadre vedrebbe 38 partite tra metà settembre 2020 e maggio 2021, senza considerare le Coppe – il 20 ottobre potrebbe essere la data del via della Champions – e gli impegni delle varie Nazionali, ora a serio rischio. Insomma, le preoccupazioni per i giocatori, sottoposti a stress e ad un impegno fisico senza sosta, iniziano a trapelare a tal punto che anche giocatori come Kanté (Chelsea) hanno manifestato il proprio disappunto sulla ripresa del campionato. O come Rose che ha paragonato i giocatori a dei topi di laboratorio. Parole forti ma che raccontano il timore di un mondo, quello dei calciatori, senza i quali i club non esisterebbero. E non è detto che sia lo stesso viceversa.

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