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Roma contro Inter è, per chi è cresciuto tra la fine degli anni Novanta e l’inizio dei Duemila, una classica del nostro calcio. Mourinho contro la Capitale, Mourinho con la Capitale contro Milano, Ibra contro Totti, Mancini contro Spalletti, chi ne ricordi più ne metta.

Arrivati alla settima giornata di campionato, questa torna ad essere dopo tanti anni una sfida da vertice, con la Roma di Gasperini – grande “nemico” del popolo nerazzurro, ci torniamo tra breve – che a 15 punti (5V; 1P) dopo 6 giornate sogna davvero qualcosa di storico, pure senza dirlo mai, con quella compostezza che non si addice alla piazza romana e romanista, e che pure il Gasp sta riuscendo a imprimere sulla sua gente. Diciamo sua non per un eccesso d’ottimismo, ma perché ricordiamo i presupposti coi quali era stato accolto l’ex allenatore della Dea a Roma. Le cose cambiano se sai cambiarle, vale pure per Christian Chivu. Questa sfida promette scintille.

L’ultima sfida di Gian Piero Gasperini

Correva l’anno 2011 quando Gian Piero Gasperini fu chiamato da Massimo Moratti alla guida dell’Inter post-Benitez, ma ancora coi reflussi del post-Mourinho, un addio mai pienamente digerito dalla piazza e dai giocatori.

Come molti di voi ricorderanno, in modo particolare i tifosi nerazzurri, Gasperini durò appena 4 giornate, il tempo di racimolare quattro sconfitte e un pareggio (compresa la Coppa). Nessuna vittoria. Come lui solo Corrado Verdelli – traghettatore per una sola partita nel 2004 – e Ferenc Molnar nel lontano 1941-1942, quando l’Inter si chiamava Ambrosiana.

Ecco perché, allora, Gasperini contro l’Inter ha qualcosa da riprendersi. Ha qualcosa da dimostrare, soprattutto, visto che con l’Atalanta sono state più le occasioni d’umiliazione contro l’Inter (ricordiamo un 6-0 e un 7-0 entrambi a San Siro) che quelle di gioia. È un incentivo in più, certo magari non l’unico, e poi la Roma ha dimostrato in questo primo mese e mezzo stagionale di saper vincere di qualità ma anche e soprattutto di carattere, reagendo alle avversità (sconfitta col Nizza e col Toro) e sfidando pure il vento contrario (vedi il 2-1 alla Fiorentina). In questo carattere si nasconde flebile ma decisa l’ombra del suo allenatore, un uomo di poche parole che dopo 20 anni di carriera sta compiendo il definitivo salto, da pastore di talenti ad allenatore di grandi calciatori.

Quello che all’Inter non gli permisero di fare, o che quantomeno lui non riuscì pienamente a fare. Vincendo contro l’Inter, la Roma di Gasperini si lancerebbe definitivamente come seria pretendente per la lotta al titolo: prepariamoci ad un Olimpico di fuoco.

Aggiungi un posto a tavola

In un articolo uscito su Rivista Contrasti in settimana, a poche ore dal primo gol in nazionale di Pio Esposito, il nome sulla bocca di tutti, Massimiliano Vino scriveva (a ragione): “Diceva Aristotele che la vera saggezza sta nella moderazione. Dunque anche una rarità (e lo è per davvero) come un giovane calciatore italiano di ruolo attaccante e di discrete qualità, deve essere filtrato attraverso la ragione e il buon senso. Per non ridurlo a fenomeno da baraccone prima di abbandonarlo nel dimenticatoio”.

Il succo del discorso è questo qui. Chivu, anche per meriti suoi, sta riuscendo a smussare gli angoli di un diamante grezzo, che nella sua lucentezza rimane da coccolare, da curare, da preservare. Da chi? Dai riflettori di una stampa che quando esalta a sproposito è subito pronta a rimangiarsi tutto, persino con una furia maggiore del precedente (e prematuro) elogio – Christian Chivu, nella sua pur breve carriera di allenatore, lo sa benissimo.

Rimane il fatto che Esposito per l’Inter rappresenta un’arma. Sia da titolare, per far rifiatare Thuram e Lautaro Martinez (più quest’ultimo che il primo, degnamente sostituito dall’altra riserva Bonny), sia da co-titolare, soprattutto a gara in corso, quando cala l’attenzione e l’energia degli avversari, ed Esposito col suo fisico e la sua freschezza può creare problemi. Potrebbe farlo anche contro la Roma, una squadra in grande condizione mentale (più che fisica), che però ha dimostrato lacune di tenuta atletica in quasi tutte le gare disputate.

Ma il punto non è solo Pio Esposito, né lo sarebbe solo Bonny. Il punto è che Chivu sta costruendo una squadra vera, capace di ammettere al suo interno più volti a seconda del momento della stagione, del campionato, della singola gara. Ora è il momento di vincere, ad esempio. Ecco perché Bonny ed Esposito potranno essere così importanti: perché in prima istanza è di Lautaro e Thuram il compito di trainare i nerazzurri alla vittoria. Una vittoria, per inciso, che lancerebbe l’Inter all’inseguimento dello Scudetto, una parola mai davvero esclamata finora dai protagonisti, ma sempre nella mente di un gruppo che dopo una falsa partenza si sta ritrovando, e ha bisogno di vincere il secondo scontro diretto (dopo la sconfitta contro la Juventus allo Stadium) per dare credibilità al proseguo del campionato. Affinché pure i discorsi sul titolo, da retorici, divengano tangibile realtà.

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