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Da quando il calcio ha preso la strada che il Dio denaro ha indicato, esistono due modi di interpretarlo. Quello radicato alla passione, agli occhi di un bambino che corre dietro a un pallone dentro un rettangolo di gioco e quello un po’ meno legato alla magia e alla passione che solo uno sport così può regalare.

Esistono anche dei racconti che è meglio ascoltare, oppure leggere, senza andare a fondo per capire se la storia a cui fanno riferimento sia stata effettivamente vissuta, oppure se su di essa siano state romanzate, in parte o integralmente, le sezioni più romantiche.

Fa parte di questi racconti quello che Osvaldo Soriano lasciò in eredità quando concluse e pubblicò il proprio manoscritto “Il rigore più lungo del mondo“, un lascito pregno di sudore polveroso, che nessun amante del calcio esente da dinamiche “altre“, può permettersi il lusso di non leggere.

Argentina e Soriano

Osvaldo Soriano è stato uno scrittore argentino nato nel bel mezzo della seconda guerra mondiale, a Mar del Plata, il 6 gennaio del 1943 e vissuto fino a quando, nel 1997, i polmoni hanno lottato e retto contro un cancro devastante.

Fu talmente amato, anche in Italia, che il giornale con cui collaborò nel nostra Paese, “Il Manifesto“, gli dedicò l’intera pagina di apertura nel giorno successivo alla sua scomparsa, il 29 gennaio.

Tra gli altri scritti che Soriano ci ha lasciato c’è quello straordinario del racconto citato nel paragrafo precedente, che fa capo ad uno spaccato di cultura calcistica che si intreccia tra realtà e leggenda.

Il reportage di Ugo Splendore

Parecchi anni dopo l’uscita del racconto, Ugo Splendore decise, nel 2008, di mettersi a capo di una piccola delegazione del Manifesto che seguì le tracce lasciate da quello stesso manoscritto, per capire quanto di vero ci fosse in quel meraviglioso racconto.

Splendore decise di recarsi a Cipolletti, che Wikipedia identifica come una cittadina argentina abbarbicata al centro della provincia di Rio Negro, in Patagonia.

Splendore racconta che a Cipolletti sono pochi a ricordarsi di Soriano, anche e soprattutto perché il giovane scrittore fu sballottato da una parte all’altra della nazione sud americana prima del suo definitivo trasferimento in Europa all’indomani degli stringenti dettami della dittatura civile-militare.

Soriano non visse mai a lungo nello stesso posto, in virtù della professione del padre, ispettore di acquedotti, che volava di palo in frasca per mettere il pane a tavola e far mangiare la propria famiglia.

Il rapporto di Splendore parla dell’incontro con l’anziano Carlos Alberto Segovia, unico notaio di “Cipo”, ormai 72enne e memoria storica della cittadina argentina.

In realtà Soriano non identificava mai geograficamente le “location” dei propri racconti e non lo fece nemmeno con il racconto del rigore più lungo della storia.

Il rigore più lungo della storia

Segovia ricorda l’ateismo dello scrittore, che faceva a pugni con la fede calcistica di Soriano, il quale teneva per il San Lorenzo, squadra fondata da un prete e che portava il nome di un santo.

Ma era questa la forza di Soriano: gli ossimori che affrescavano di pittura romantica e romanzata episodi come quello che state per leggere.

Il punto finale del viaggio di Splendore, risponde al nome di Pepe Santos, altra indelebile memoria storica della città di Cipollotti e amico intimo di infanzia di Soriano, sparito per poi essere ritrovato da Pepe a pochi mesi dalla sua dipartita in quel di Buenos Aires ad una fiera di libri.

Pepe dice che rispetto al racconto di Soriano, ci sono alcune cose da precisare. Intanto la data, che non era il 1958 come scritto nel racconto, ma qualche anno primo, intorno al 1954.

Il campionato di riferimento è la Lega Deportiva Confluencia, in virtù della quale giocavano partite su campi talvolta improponibili, dove gli arbitri decidevano quando doveva fare bel tempo o quando doveva diluviare e la loro corruzione non poteva essere esente da qualche sopracciglio sollevato.

Al torneo partecipavano una dozzina di squadre dell’hinterland di Cipolletti, tra cui i perenni campioni dell’Union Allen Progresista, di una cittadina che dista pochi KM da Cipolletti, Allen, appunto.

La stagione del “Club Cipolletti” è di quelle che non si dimenticano e a una giornata dal termine, con un vantaggio di un solo punto, l’Allen deve giocare il big match decisivo proprio a Cipolletti.

La partita

La partita si snoda nervosamente come la maggior parte delle partite argentine intrise di furore agonistico e voglia di primeggiare su ogni pallone, fino a quando scocca il 70°, 20 minuti al termine.

L’arbitro decreta un calcio di rigore per i padroni di casa, che noi saremmo i meno indicati per stabilire se fosse legittimo o meno.

Sta di fatto che il penalty scatena una rissa tra giocatori, tifosi e semplici osservatori, che l’arbitro non riesce ad arginare. Il passo successivo è il triplice fischio, che manda tutti negli spogliatoi con il risultato che verrà deciso fuori dal rettangolo di gioco.

La presa di posizione della Lega è ciò che di più salomonico possa essere preso in carico da un potere decisionale che fa capo al calcio: l’arbitro non ha avuto abbastanza “polso” e nel weekend successivo la partita andrà terminata partendo dal rigore non tirato.

I 20 minuti di gioco saranno suddivisi in due mini tempi da 10 ciascuno.

Ci sono tutta una serie di incongruenze tra il racconto originale e quello di Segovia. E nemmeno Pepe è d’accordo con parecchi particolari resi noti dal Notaio, come ad esempio quello del colore della palla, bianca per uno e marrone ( con le cuciture in bella mostra ), per l’altro.

Si riparte, come detto, dal rigore, che nessuno vuol battere per la responsabilità che esso origina e per le conseguenze che, invece, produrrebbe in caso di errore.

Sul dischetto si presenta il mediano Righetti, tutt’altro che un rigorista di eccelsa fattura, unico, però, ad avere il carattere per provare a battere la sua nemesi, il portiere BenjaminTomate“, rigorosamente senza guanti come si confaceva ai tempi di allora.

Righetti tira una mozzarella inguardabile, lenta come un aquilone per nulla cosmico e per giunta centrale. Il tiro non spaventa “Tomate”, il quale non deve fare altro che abbassarsi e catturare il pallone.

I 20 minuti successivi passano sotto un sole rovente di un pomeriggio argentino durante i quali tutti i sogni del “Cipo” si infrangono contro la traversa difesa da “Tomate” a pochi minuti dal termine.

I vincenti vincono ancora. Il Cipollotti piange lacrime di dolore e sabbia.