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In attesa di capire quando si ripartirà, il calcio italiano starebbe pensando al come: stadi a porte chiuse e ritiri sanificati per le varie squadre

L’emergenza Coronavirus è ancora lontana dall’essere arginata ma il calcio, italiano ed europeo, non può farsi trovare impreparato quando le condizioni del Paese renderanno possibile la ripartenza. Proprio per questo motivo, le Federazioni, le Leghe, l’AIC e tutte le altre parti in causa stanno studiando le misure da adottare per garantire la sicurezza ai giocatori ma anche il fatto che, una volta ripreso a giocare, non ci si fermerà più.

Il punto di partenza, forse il più scontato, è quello relativo all’assenza di tifosi: gli stadi saranno a porte chiuse e non è da escludere che tale disposizione possa valere addirittura fino a dicembre 2020, riaprendo gli impianti sportivi solamente nel 2021. Un elemento da un lato logico e inappuntabile ma che, guardando meramente il fronte economico, rappresenta una mazzata per i club, soprattutto i medio-piccoli che, dal botteghino, riuscivano a produrre ricavi e ‘salvare’ i bilanci. Il pericolo Coronavirus non sarà del tutto scomparso a fine maggio – l’auguro è di essere smentiti, la realtà però appare ben diversa – e pertanto anche i giocatori chiedono tutele e garanzie: saranno necessari, ovviamente, trattamenti di sanificazione ai vari impianti sportivi ma la maggior parte delle società non predispone di strutture di allenamento che possano anche permettere il pernottamento. Proprio per questo motivo, è paventata nelle ultime settimane l’ipotesi di disputare tutte le partite in un’area geograficamente limitata – si parlava di Roma e dintorni – per contenere al minimo i rischi di contagio. Negli stadi potranno accedere un numero esiguo di persone, tra staff, dirigenti e operatori dell’informazione che dovranno ovviamente sottostare alle normative del Governo: prima dell’ingresso, infatti, verranno sottoposti a termo-scanner e misurazione della temperatura. Per quanto concerne i giocatori, invece, a fine aprile dovrebbero iniziare i test secondo il protocollo della FIGC, stilato dalla Commissione medica.

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