Il calcio cambia alla velocità della luce. Le normali leggi della fisica, quando ci ritroviamo a commentare – o godere di – questo sport, sfumano nel nonsenso. Il piano newtoniano, disegnato sull’esperimento e il calcolo, sui principi logici dell’induzione e della deduzione, vacilla dinnanzi alla relatività del gioco, le cui leggi andrebbero piuttosto comprese con Einstein, Heisenberg, Rovelli. Questa sospensione del piano di realtà (quotidiana) è data dal fatto che il calcio non è davvero mai soggetto al pronostico: la sua pelle è come quella del fiume di cui parlava Eraclito, e nel quale non ci si può mai bagnare due volte nello stesso modo.
Noi non vogliamo parlarvi di fisica quantistica e relatività filosofica, ma queste discipline spiegano meglio di quanto qualsiasi analisi tattica possa fare i momenti di Napoli e Inter, prossime avversarie in Serie A per quella che si preannuncia essere non solo la partita più bella della ottava giornata di campionato ma anche la più importante finora, forse dell’intero tabellone. Perché, però, di nuovo, un’analisi filosofica e se vogliamo psicologica è più adatta alla presentazione del match? E soprattutto: chi sono i pazienti dell’indagine?
- Si gioca sabato 25 ottobre, alle ore 18:00
- Dallo stadio Diego Armando Maradona di Napoli
- Per la 8a giornata di Serie A, stagione 2025/26
- Napoli v Inter (allenatori Conte v Chivu)
- Arbitra Mariani
- La diretta è un esclusiva DAZN
Non tutti sono bravi a fare i Conte coi problemi
Scusate la freddura, ma è meglio scherzarci su a questo punto. Conte chiama la primogenita Vittoria, ha un’ossessione per il segno vincente delle sue squadre che lo porta quasi al delirio, cambia umore sulla base dei risultati del proprio team: lo chiamano perfezionista, in termini psicologici si direbbe un paziente patologico, un maniaco del controllo. Ma anche, infine, una persona incapace di prendersi le proprie responsabilità, almeno dinnanzi alle telecamere.
Così, dopo aver subito la seconda sconfitta in pochi giorni, la più ampia nella storia del club (6-2 dal PSV), l’allenatore barese ha richiamato l’attenzione dei giornalisti presenti in sala stampa sui troppi acquisti, mentre a telecamere spente (meglio, estere, quelle olandesi), Neres e Lang, due ex conoscenze della Eredivisie, si lamentavano dello scarso impiego.
Lui, quasi di risposta, forse inconsapevolmente ma sintomaticamente, avrebbe invece accusato proprio i nuovi di una fin troppo lenta integrazione, richiamando all’umiltà collettiva (ci sarebbe da chiedere dove sia finita la sua, di umiltà: un gioco pericoloso questo…):
“Dobbiamo fare un bagno di umiltà, ve lo sto dicendo da tempo. Qualcuno a Napoli qualcuno butta fumo e quella è una piazza alla quale bisogna dire sempre la verità. I vecchi e i nuovi devono alzare i giri. Dobbiamo alzare i giri tutti al di là dell’espulsione. Se vogliamo a crescere e costruire qualcosa che può rendere orgogliosa Napoli dobbiamo capire che dobbiamo tornare come l’anno scorso dove c’era solo il bene di Napoli. Deve tornare questo, il bene del singolo non serve a niente”.
Contro l’Inter Conte si gioca una importante fetta non solo del campionato né solamente della stagione, ma forse della stessa permanenza a Napoli. È rimasto convinto dalla bontà del progetto tecnico. Ha lavorato alla grande con Manna in estate, ora però escono strani discorsi. De Bruyne non lo avrebbe voluto lui, ma Manna appunto.
I nuovi non hanno l’umiltà che si aspettava – ma non va anche trasmessa? I vecchi l’hanno smarrita col secondo Scudetto. Epperò rimane il dato della percentuale di vittorie di Conte nelle partite in Champions nella sua carriera: 33%. Pochino, per uno così bravo. Bravo in tante cose s’intende, ma non a prendersi le proprie responsabilità, affrontando i problemi di petto.
Chivu è nella testa
Arrivati a questo punto dell’articolo, dovrebbe risultarvi più comprensibile il nostro discorso di partenza sul legame tra calcio e filosofia, o psicologia – se si parla dei protagonisti. Se vale per Conte in un momento di crisi del suo Napoli, vale a maggior ragione per Christian Chivu, che dopo una falsa partenza ha aspettato, ha difeso i suoi giocatori pubblicamente e ci si è confrontato duramente lontano dai riflettori.
È rimasto col modulo di Inzaghi, ma cambiando alcuni principi di gioco – soprattutto in fase di non-possesso, l’Inter è molto più aggressiva oggi. Davanti, i gol stanno fioccando. Dietro, i nerazzurri sembrano impenetrabili. Potremmo analizzare la situazione sotto il profilo tattico, inventarci chissà quali mirabolanti schemi. La verità è molto semplice, come direbbe qualcuno, e viene dalle stesse parole di Chivu nel post-partita dello 0-4 contro l’USG:
“Prendo quello che di buono abbiamo fatto oggi, non bisogna mai pensare al passato. Conta sempre l’ultima partita. Era importante fare la prestazione, vincere. Sono contento per quello che hanno fatto in campo i ragazzi, di non aver subito gol e di essere arrivato a 9 punti. Il gruppo sta lavorando sodo, tanto: tutti si sono messi a disposizione nostra. Tutti hanno risposto molto bene”.
Gli ha fatto l’eco Don Fabio Capello, mica uno qualunque: “Stai facendo la stessa strada che ho percorso io quando sono arrivato al Milan. Dicevano che il Milan era cotto, io non ho fatto altro che entrare nella testa dei giocatori. Come stai facendo tu”. Una benedizione non da poco, una lettura che condividiamo a pieno. E una stagione, quella dell’Inter, che si prospetta estremamente interessante.


