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La coreografia della Curva Sud milanista – contestata da più parti per rimandi un po’ troppo pregiudiziali al popolo partenopeo – sembrava preannunciare l’esito della partita. Milan vs Napoli è stata una sfida dai contorni definiti.

Nonostante Spalletti nel post-partita abbia parlato di ‘buona gara’ e Capello addirittura di ‘grande prova’, il Napoli ha mostrato tutte le lacune offensive di una squadra a cui non manca semplicemente un centravanti (pardon, due, se non tre, visto che Raspadori era a metà servizio), ma quel centravanti (Osimhen) da 25 gol stagionali.

Spalletti ha provato la ‘mossa’ a sorpresa: Elmas dal primo minuto al posto dell’attaccante nigeriano. Ma il macedone è parso in grande difficoltà, troppo stabile per essere considerato ‘falso nueve’ e troppo ‘centrale’ per offrire al Napoli quel movimento utile all’inserimento dei centrocampisti e degli esterni – ma anche dei terzini, soprattutto Di Lorenzo che spesso si accentrava per offrire quella linea di passaggio verticale tra centrocampo e difesa rossoneri.

Il Milan ha atteso quando il Napoli varcava la propria metà campo, ma ha anche aggredito quando c’era da aggredire – e quindi nella fase di riconquista palla dal centrocampo in su. L’ha atteso, dicevamo, e lo ha bucato in più di un’occasione.

La chiave del match

Il lavoro tattico di Pioli è stato senz’altro degno di nota, ma un giocatore su tutti è stato fondamentale ai fini del gioco offensivo rossonero: Brahim Diaz. Il 10 del Milan, autore dello strappo decisivo per il gol del (definitivo) 1-0 a fine primo tempo (in rete Bennacer), ha giocato una gara ordinata, ma anche frizzante.

Ha puntato l’uomo – soprattutto Mario Rui – ad ogni occasione utile, e ne ha saltati addirittura due (a centrocampo) in occasione del gol del vantaggio, con una giocata da vero giocoliere (non sarà l’unica della sua partita). Il Milan aspettava, ma quando ripartiva era più pericoloso del Napoli: Leao è stato a tratti incontenibile, un tornado, Theo Hernandez – che ha fatto espellere Zambo Anguissa – un treno, di Brahim abbiamo già detto e della coppia Tonali-Bennacer si dirà sempre troppo poco.

La chiave del match, insomma, è stata tattica. Anche perché il Napoli le sue occasioni – all’inizio della partita e alla fine della stessa, con miracolo di Maignan su Di Lorenzo – ce le ha avute eccome.

Ma sono nate più per una volontà rabbiosa di reazione che attraverso un piano ordinato. Non è stato il Napoli di Lecce né quello sconfitto proprio dal Milan dieci giorni fa al Maradona (0-4), ma in vista del ritorno Spalletti dovrà studiare necessariamente un piano alternativo. Le assenze – mancherà anche Kim oltre al già citato Anguissa – peseranno terribilmente, inutile negarlo. Ed Elmas falso nueve non è certo la soluzione ai suddetti problemi.

Cosa aspettarci dalla prossima partita

Il Milan poteva sfruttare meglio l’uomo in più (dal 75’), anche perché lasciare ‘viva’ una squadra come il Napoli non è mai una buona notizia: anzi, è stato proprio il Napoli ad avere le migliori occasioni (Di Lorenzo e Oliveira) sul finale.

Ma questo non cancella una prova matura, seria, e determinata degli uomini di Pioli. Al di là delle tante occasioni avute – Leao e Tonali su tutti –, il Milan ha avuto l’umiltà e l’intelligenza di aspettare pazientemente il palleggio partenopeo. Ha rischiato molto poco, ripartendo con tanta maggiore pericolosità. Ha punto e ha continuato ad attendere, senza fretta, il primo errore degli avversari.

Da questo punto di vista il ritorno potrebbe essere per il Milan la partita ideale. C’è un solo fattore che potrebbe cambiare i pronostici della vigilia: il San Paolo, o Diego Armando Maradona, che sa esaltarsi nelle notti delle imprese. È vero, il Napoli deve recuperare un solo gol. Ma con le assenze che conosciamo, è molto più di questo.