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La bellezza di uno sport come il calcio giocato ai massimi livelli, fa capo a tutta una serie di cicli più o meno lunghi che si sa quando iniziano, ma non si sa quando e, soprattutto, in che modo, terminano, esattamente come sta succedendo al Manchester City e al momento decisamente “No” del suo allenatore, Pep Guardiola. 

Non è mai facile esaminare i motivi di quelle che sono tali defaillance, soprattutto dopo il periodo di massimo fulgore che i “Citizen” hanno messo in atto nelle ultime stagioni sotto la guida del catalano, ma qualche idea ce la siamo fatta e la vogliamo condividere con i nostri lettori. 

La storia di Guardiola in panchina: da quando allena il Manchester City?

La storia di Pep Guardiola come allenatore, comincia nell’ormai lontano 2007, quando viene chiamato ad allenare la squadra B della sua città, Barcellona, o meglio, se vogliamo mettere i puntini sulle “I”, di qualche chilometro più in là rispetto a quella che ha dato i natali nel 1971 all’ex calciatore di Brescia e Roma, Santpedor, centro catalano di meno di 10.000 abitanti. 

L’idillio con la squadra inglese del Manchester City comincia nel 2016, al termine delle esperienze, molto positive con la prima squadra Blaugrana e con il Bayern Monaco, la prima dal 2008 al 2012 e la seconda dal 2013, fino alla fine della stagione 2015/16. 

In tutti questi anni Guardiola ha fallito ben poche volte, conquistando tre campionati spagnoli e tre campionati tedeschi, ai quali vanno aggiunte le due Champions League con il Barcellona e tutta una serie di titoli nazionali e internazionali da fare invidia alla stragrande maggioranza degli allenatori di tutte le latitudini. 

Le ultime stagioni del Manchester City

Il Manchester City accolse Pep Guardiola in grande stile, aspettandosi tantissimo da uno che considerava “lo spazio come il proprio centravanti”, frase e mentalità smentita a più riprese, soprattutto quando alla corte della squadra di Manchester, è arrivato un certo Herling Haaland. 

La sua avventura con il City comincia immediatamente con un record: 5 partite vinte sulle prime giocate, in quel club non le aveva mai vinte nessun altro allenatore. 

Da quel primo anno, Guardiola ha accompagnato il Manchester City a conquistare un trionfo dietro l’altro e, fino al giorno in cui usciamo con questo articolo, i trofei centrati dal City sotto la guida del “Pep”, sono stati copiosi:

  • 6 vittorie della Premier League
  • 3 Community Shields
  • 2 Coppe d’Inghilterra 
  • 1 Champions League 
  • Una Supercoppa UEFA
  • Una Coppa del Mondo per Club

Ma, all’apparenza in modo del tutto improvviso, sembra che questo tipo di idillio si sia bruscamente interrotto.

La crisi della stagione in corso

Se è vero com’è vero che i successi degli ultimi otto anni siano stati merito dell’allenatore spagnolo, non si può non pensare che quando le cose vanno meno bene, le responsabilità debbano essere imputate ad avvenimenti altri. 

La capacità di creare gioco negli spazi che ha reso così famoso il gioco di Guardiola in ogni parte del mondo, ha originato studi, ipotizzato alchimie inesistenti, risvegliato rigurgiti tattici di sacchiana memoria, tanto che la strategia di una mente eccelsa come quella del coach del City, è stata spesso teorizzata come un’evoluzione dell’ormai datato “tiki-taka” di cui proprio Guardiola fu il massimo esponente. 

Giocare in quel modo significava fare affidamento sulla velocità di piede e pensiero di gente come Lionel Messi, Pedro, Xavi, Iniesta e Fabregas, che fecero le fortune di “uno dei Barcellona”, passateci l’orrenda definizione, più spettacolari della storia. 

Non sono in pochi a pensare che quel tipo di strategia calcistica avesse avuto origine più per le caratteristiche dei calciatori appena citati, che per le mere idee dell’uomo che li guidava, cosa peraltro parzialmente confermata durante l’avventura tedesca e soprattutto, negli ultimi anni di City durante i quali le squadre a disposizione di Guardiola sono state meno veloci e più forti e pesanti fisicamente, seppur tecnicamente comunque più che apprezzabili. 

I motivi della disastrosa stagione del Manchester City di Guardiola

Ma i problemi che si stanno palesando nella stagione in corso, sono diventati un macigno e la causa non può ricercarsi solo nella minore dinamicità di un gruppo che non può contare sul supersonico passaggio del pallone da un giocatore all’altro, per lo più alla luce delle caratteristiche del centrocampo che ha oggi a disposizione Guardiola. 

La ricerca della pezzatura “light” da parte dell’allenatore catalano, è sempre e comunque stata assecondata da chi al City cacciava i soldi, per dirla in modo molto grossolano ed è altrettanto vero che ci si è sempre ciecamente fidati, con immancabile successo, delle richieste del Pep. 

Il fatto è che al termine della scorsa stagione, il Manchester City ha dato il benestare alla partenza di alcuni capisaldi della squadra delle ultime stagioni, Cole Palmer, Joao Cancelo, Riyad Mahrez e Julian Alvarez, probabilmente non rimpiazzati nel migliore dei modi, nonostante il club vanti ricavi che sfiorano i 900 milioni di dollari. 

Uno dei prospetti che avrebbero dovuto fare la differenza a centrocampo, avrebbe dovuto essere il giovane promettente Oscar Bobb, che aveva iniziato alla grandissima la preseason insieme a Guardiola e molti tifosi dei Citizen si aspettavano meraviglie dalla coppia che egli avrebbe formato con De Bruyne, binomio che non si è mai potuto mettere in campo, anche per via dell’infortunio del giocatore belga. 

Senza Rodri è un gran problema

Rientrato nei ranghi De Bruyne, ma utilizzato con cautela da Guardiola nelle ultime partite, la fonte del gioco ha risentito dell’assenza di un altro centrocampista di livello internazionale su cui Guardiola avrebbe voluto costruire le fortune della stagione in corso, Rodri, che però sarà difficilmente arruolabile prima della fine di questa stagione. 

Sempre per quanto riguarda il centrocampo, adesso c’è anche l’infortunio occorso a Mateo Kovacic, chiamato agli straordinari a 30 anni di età proprio per via delle defezioni appena riportate. 

All’indomani del tremendo infortunio di Rodri, il record del City è di sei vittorie, due pareggi e sei sconfitte, l’ultima delle quali contro il Liverpool, i cui tifosi non sono stati molto amichevoli, gridando a Guardiola che “si troverà senza lavoro domani mattina”. 

Guardiola ha risposto sollevando sei dita al cielo, in stile “Special One”, a ricordare ai tifosi Reds gli altrettanti titoli conquistati in Premier League. 

Il pressing alto e il vuoto difensivo

Un’impressionante numero di reti subite dal Manchester City in questa stagione è però arrivato in contropiede attraverso il break da parte degli avversari e non si può non leggere questo dato senza pensare all’assenza dei giocatori più attrezzati tecnicamente, i cui sostituti si sono spesso trovati a sbagliare il passaggio in fase offensiva sulla trequarti, scatenando la ripartenza, spesso fatale, di quelle squadre, leggi Sporting Lisbona e Tottenham, che possono contare su esterni abili a sfruttare questo tipo di situazione. 

E’ stato lo stesso De Bruyne ad aver chiarito questo aspetto, parlando di una squadra che se pressa alta come fa il City, deve concedere qualcosa in fase di ripartenza avversaria. 

Il problema è che siamo davanti a qualcosa di mai visto prima, rispetto al quale Guardiola non riesce a prendere provvedimenti che vi mettano fine. 

I dati parlano inoltre di poca “garra” da parte dei giocatori: le palle fifty/fifty vengono spesso concesse agli avversari e sembrerebbe mancare quel tipo di reazione che serve quando la squadra va in difficoltà, cosa che accade spesso, vista la facilità delle squadre rivali ad andare a segno nei primissimi attacchi della partita. 

E’ vero che non si può dominare ogni stagione calcistica e qualche volta ci si è messa anche tanta sfortuna, ma c’è solo un uomo che può risolvere questo tipo di problemi, in parte, peraltro, causati da lui stesso, e questo uomo risponde al nome di Pep Guardiola.