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Se c’è una maglietta dell’Italia che è diventata una sorta di feticcio generazionale, questa è quella di Roberto Baggio indossata ai Mondiali di USA ‘94.

Il Divin Codino, forse il giocatore più amato dagli italiani degli ultimi 50 anni, fu il simbolo nel bene e nel male di quell’incredibile mondiale americano, e la sua maglia numero 10, che per la prima volta ad un mondiale riportava anche il nome sulla schiena, con quella R puntata per distinguerlo dall’omonimo Dino, comparve sulle spalle di tutta Italia.

Forse nessun’altra maglia riporta alla mente una gamma di emozioni così differenti, legate ad un cammino incredibile dell’Italia fatto di gioie, paure, sogni e imprese, quasi completamente legate alla figura di Baggio, fino all’incredulità e alla delusione di quella palla spedita sopra la traversa in quel maledetto rigore in finale contro il Brasile nell’infernale stadio di Pasadena.

maglia italia usa 94
Alcuni particolari della maglia indossata tra gli altri da capitan Baresi a USA 94

I mondiali americani e l’esplosione del marketing

I Mondiali di calcio di USA ‘94 hanno segnato una svolta epocale nel mondo delle maglie da calcio: la kermesse statunitense, nonostante negli States il calcio fosse uno sport decisamente minore, era una vetrina importantissima per tutte le aziende produttrici dei marchi sportivi.

Per la prima volta il marketing veniva percepito nelle sue reali proporzioni, con innumerevoli nazionali che si presentarono alla manifestazione con divise rivoluzionate e rivoluzionarie. In particolare la novità dei nomi dei calciatori stampati sulla maglia contribuì a rendere le magliette ancor più oggetti da indossare con orgoglio.

La maglietta azzurra adottata per i mondiali di USA 94 è ammantata di quella vena di “modernismo” che travolse un po’ tutte le nazionali, ansiose di sbarcare sul ricco e praticamente vergine mercato statunitense e promuovere il calcio presso un popolo che aveva reso business miliardari sport che nel resto del mondo erano minoritari, come il baseball e il football americano.

Queste aspettative non furono pienamente soddisfatte, ma il mercato fu inondato di magliette che, in una maniera o nell’altra, presentavano quelle che all’epoca si definivano “americanate”.

Tante novità nella maglia azzurra

La nazionale italiana non perse l’occasione per apportare alcuni cambiamenti ad una maglia che fino ad allora aveva visto pochissime variazioni sul tema. La tonalità di azzurro rimase quella adottata anche ai Mondiali di Italia ‘90, ma serigrafato tono su tono su tutta la superficie si poteva scorgere il logo della FIGC.

Logo che era stato oggetto di un radicale restyling e che appariva anche cucito sul petto, al posto del tradizionale tricolore: consisteva in una i stilizzata bordata in oro, con il pallino azzurro molto grande, sulla sinistra, e il corpo della lettera, un rettangolo poco più grande del pallino, che racchiudeva al suo interno le tre stelle a simboleggiare i tre mondiali vinti, la denominazione della Federazione Italiana Giuoco Calcio e, un po’ sacrificato, il tricolore.

Il tricolore però veniva ripreso con un motivo a triangoli lungo i bordi di maniche e colletto (che presentava anche un bottoncino metallico), e nella divisa del portiere si ripeteva per tutta la lunghezza delle maniche.

Il numero di maglia per la prima volta veniva riportato anche sul petto, scritto, come sulla schiena, con un carattere ad effetto tridimensionale che riportava un’ombreggiatura grigia bordata di verde acqua alle spalle del numero bianco. Il nome e il numero erano scritti con un carattere corposo, ben visibili dalle telecamere.

Il kit da gara si completava con pantaloncini bianchi ed i calzettoni della stessa tonalità di azzurro della maglia. La divisa dei portieri era stata realizzata in due versioni: verde e grigia, in entrambi casi completata da pantaloncini neri e calzettoni azzurri.

Nella versione da trasferta la maglia presentava le stesse caratteristica, ma tutto in colore bianco, con il numero in azzurro così come il colletto e i bordi delle maniche.

Come tra tradizione fino al 1999, lo sponsor tecnico non compare da nessuna parte nella maglia da gara (tranne che nell’etichetta interna), a differenza della versione commercializzata nei negozi in cui era stampigliato sul lato sinistro del petto. Nonostante l’enorme successo, questo modello fu abbandonato subito dopo il mondiale americano, a causa del cambio di sponsor tecnico, ironia della sorta condiviso proprio con il Brasile che ci sconfisse in finale.