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Quasi tutti i grandi eventi della storia nascondono, sotto una superficie di scintillante maestosità, un granello di assurdità. Pensateci un attimo: che cosa deve aver mangiato per colazione Gavrilo Princip il giorno in cui assassinò l’erede al trono asburgico Francesco Ferdinando insieme alla consorte? Chi piantò la rosa le cui spine trafissero il capo già divino di Gesù? Ma anche e soprattutto: a chi venne in mente di convocare la popstar coreana PSY per il pre-partita concertistico di Lazio vs Roma, nel derby che decise la finale di Coppa Italia il 26 maggio del 2013?

“Oppa Gangnam Style” significa, letteralmente, “il fratello maggiore [o fidanzato] che viene da Gangnam”, noto come uno dei più ricchi quartieri di Seul in Corea del Sud. Ma la dicitura è divenuta celebre in tutto il mondo grazie al sopracitato cantante coreano, il cui videoclip rimase in cima alle classifiche di YouTube dal 2012 (anno di uscita del brano) al 2017. Quella all’Olimpico fu un’esibizione terrificante. E non tanto – o non solo – per demeriti della popstar, ma per l’accoglienza che i tifosi di Lazio e Roma – per una volta uniti in una comune battaglia – gli riservarono.

Attesa spasmodica e coreografie

Eccolo dunque l’assurdo preludio al grande evento storico: perché la finale di Coppa Italia del 2013 non fu semplicemente una partita di calcio, né un derby cittadino. Al contrario, fu la prima stracittadina della capitale con in palio un trofeo. La Roma si giocava non solo la Stella d’Argento – l’equivalente di dieci Coppe Italia vinte – ma la possibilità di riscattare una stagione per altri versi demoralizzante, caratterizzata da un cambio di allenatore (da Zeman ad Andreazzoli) e dall’ansia di un futuro incerto – quello della primissima gestione americana sotto James Pallotta.

La Lazio di Petkovic si era persa nel corso della stagione, ma aveva mostrato spesso e volentieri un ottimo calcio, traduzione tecnico-tattica di un allenatore che – non solo per aplomb – ricordava a tutti Sven Goran Eriksson.

Lo svizzero aveva portato la squadra in un ritiro quasi monacale a Norcia nei giorni appena precedenti la sfida, isolando il gruppo da un ambiente che ribolliva in preda al panico. La Nord laziale, rappresentata dai suoi capi ai piedi della Curva per la coreografia iniziale, parlerà coi giocatori solo a pochi istanti dall’inizio della partita. La Sud giallorossa, invece, aveva già fatto sentire il fiato sul collo ai propri beniamini nei giorni precedenti, con striscioni cori canti e sfottò ai cugini.

Ma il derby poi andò alla Lazio. I tifosi biancocelesti all’ingresso in campo delle due squadre, in un clima paurosamente elettrico, avevano proclamato dalla propria curva: “HIC MANEBIMUS OPTIME”, qui staremo ottimamente.

L’opera coreografica l’aveva realizzata Disegnello, Michelangelo delle curve d’Italia: vi era raffigurato un legionario romano nell’atto di consegnare l’aquilifero (emblema dell’impero) a un calciatore biancoceleste (che teneva sotto braccio la gloriosa sfera di cuoio, ponte di continuità tra la guerra e il gioco nella fede della propria gente); a santificare il gesto la Dea Roma. Più sobria ma altrettanto passionale la dedica della Sud romanista, tinta di fumogeni e cartoncini giallorossi per l’occasione. Vi si leggeva: “Il cielo si oscurò con i colori di Roma”.

Il derby dei derby

Epperò quel pomeriggio alle 18 il cielo era limpido e privo di nuvole: il sole vi splendeva e già sembrava dire Lazio. Poi i 90’ hanno dissipato ogni dubbio. La Lazio, più forte nei singoli e nel gioco, era partita contratta e la Roma aveva creato le prime occasioni da gol – soprattutto con Destro, scelto al posto di Osvaldo, che su cross di Marquinhos dalla destra aveva spedito alto di testa a pochi passi da Marchetti, il portiere biancoceleste.

L’infortunio di Ledesma aveva costretto Petkovic ad arretrare Hernanes e ad affiancare a Klose Stefano Mauri, capitano di quella Lazio. Ma i due eroi di giornata si chiamavano Antonio Candreva, ala si vociferava di provata fede giallorossa, e Senad Lulic, l’altro esterno. Il cui gol, su assist di Candreva e malconcia smanacciata di Lobont – che avrà solo l’effetto di mandare fuori giri la corsa di Marquinhos sul secondo palo –, lo consegnerà alla storia della città.

E quindi di questo sport, che nel derby romano vede forse una delle ultime rappresentazioni feudali, cittadine e sociali del gioco.

Era il minuto 71, ed era anche la fine del derby di Roma nella sua rilevanza storica. Da quel giorno in poi, ogni derby sarebbe stato niente in confronto a questo, anzi una semplice riproposizione (quasi teatrale) di un evento escatologico.

Esiste un derby avanti Lulic e dopo Lulic, su questo non c’è dubbio. Non lo capì fino in fondo la Gazzetta dello Sport, alla cui milanese redazione quella non poté che sembrare una partita come le altre, dacché titolò il giorno dopo: ‘Roma-Lazio 0-1, decide un gol di Lulic. Biancocelesti in Europa. Il gol del bosniaco a un quarto d’ora dalla fine regala il sesto trofeo alla Lazio e un posto ai gironi di Europa League’.

Leggermente meglio il Corriere dello Sport, che ha sede a Roma invece: ‘Lazio, è tutto tuo: Coppa ed Europa’. Era il sesto successo nella competizione per la Lazio, ma nessuno ci pensava troppo. Il vero successo era aver inciso per sempre il proprio nome nei secoli dei secoli della stracittadina romana.

Se ne resero conto i giocatori, in lacrime insieme ai tifosi a fine partita. Ad esempio Miro Klose, che l’anno dopo vincerà il Mondiale con la Germania ma che qualcosa aveva già vinto in carriera: « questa vittoria non è paragonabile a nessun’altra, questa coppa è qualcosa di diverso ». Mauri, che ha avuto l’onore di alzarla, aveva aggiunto: « la partita più importante, la gioia più incredibile. Orgoglioso di questa maglia ». E Ledesma, capitano per elezione di popolo: « siamo entrati nella storia. Una vittoria imparagonabile con tutte le altre, anche con la conquista della Coppa Italia del 2009 ». Preso forse da un pizzico di hybris, certo comprensibile, per Lulic « ha vinto la squadra più forte. Non è il primo derby che vinciamo, è una cosa normale. Godiamo per questa vittoria ». Molto più british infine Vladimir Petkovic: « Complimenti ai miei ragazzi per come hanno giocato. La vittoria è meritata, siamo stati più squadra rispetto alla Roma. Mi dispiace per loro, hanno fatto bene nella Coppa, ma sono orgoglioso della Lazio ». Hic manebimus optime. Per sempre.

Formazioni e tabellino dell’incontro

  • ROMA: Lobont, Marquinhos, Burdisso, Castan, Balzaretti (76′ Osvaldo), De Rossi, Bradley, Lamela, Totti, Marquinho (83′ Dodò), Destro. A disposizione: Goicoechea, Svedkauskas, Taddei, Piris, Florenzi, Romagnoli, Tachtsidis, Perrotta, Lopez, Pjanic. Allenatore: Andreazzoli.
  • LAZIO: Marchetti, Konko, Biava, Cana, Radu, Candreva, Onazi (92′ Ciani), Ledesma (54′ Mauri), Hernanes (85′ A. Gonzalez), Lulic, Klose. A disposizione: Bizzarri, Strakosha, Dias, Crecco, Ederson, Pereirinha, Stankevicius, Floccari, Kozak. Allenatore: Petkovic.
  • Arbitro: Sig. Orsato (Schio) – Assistenti Sigg. Di Liberatore e Tonolini – Quarto uomo Sig. Mazzoleni – Arbitri di porta Sigg. Damato e Banti.
  • Marcatori: 71’ Lulic.
  • Note: espulso al 91′ dalla panchina Tachtsidis. Ammoniti: Ledesma, Balzaretti, Marquinho, Hernanes, Klose, Lulic, Burdisso, Totti. Angoli: 1-4. Recuperi: 0′ p.t., 5′ s.t..
  • Spettatori: 50.000 circa.