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Ci sono serate che valgono più di quanto raccontino. La loro portata, si direbbe salvifica, non è riducibile al punteggio finale né a ciò che esso rappresenta. Ieri sera la Lazio ha battuto il Celtic 2-0 approdando matematicamente e con un turno di anticipo agli ottavi di finale di Champions League. Ma questa non è neanche la notizia più importante della serata, perché è nelle modalità della vittoria che i tifosi della Lazio possono ritrovare una fiducia, una speranza e una fede quasi eclissate dall’uno-due firmato Kastanos-Candreva di tre giorni fa a Salerno.

Due competizioni, due marce

Le modalità, dunque. Ne ha parlato Sarri con una punta di amarezza nel tono della voce: «dobbiamo ritrovare questa energia anche in campionato». Ecco allora che nella notte più bella di questo avvio di stagione, riescono fuori i fantasmi del campionato, quasi un monito che l’allenatore toscano vuole lanciare e ricordare ai propri ragazzi – autori di 10 punti in 5 partite di Champions, una media di due punti a partita che in Serie A è pura utopia al momento.

Per qualche giorno, comunque, almeno fino a sabato – quando a Roma arriverà il Cagliari, una partita ‘da dentro o fuori’ l’ha definita Lazzari ieri nel post-partita –, la Lazio si gode un piazzamento europeo che ha dell’incredibile. Certo, il girone non era impossibile anzi. Ma le partite in Europa vanno comunque giocate e possibilmente vinte. La Lazio lo ha fatto tre volte su cinque incontri, due contro gli scozzesi del Celtic e una contro il Feyenoord, pareggiando contro l’Atletico Madrid grazie alla capocciata di Provedel che, numeri alla mano, vale la qualificazione. Laddove il portiere biondo diventava Superman per una notte, Gimenez si inventava un’autorete d’antologia (la seconda della serata dopo quella di Gertruida nel primo tempo) per mandare sul 3-1 l’Atletico a Rotterdam.

Ciro l’immortale

La Champions è fatta di dettagli, in campo e fuori. E allora diamola la palma di man of the match a Maurizio Sarri, per una volta, che ha decisamente azzeccato i cambi. Dopo un primo tempo senza particolari acuti né da una parte né dall’altra, il mister toscano ha buttato dentro Kamada, Pedro e Immobile per Luis Alberto (maluccio), Felipe Anderson (malissimo) e Castellanos (sciapo). È stato ripagato da un calciatore tanto criticato quanto più decisivo nei momenti che contano. La partita volgeva al termine e lui, con due zampate da rapace d’area di rigore, faceva 1-0 all’82’ e 2-0 all’86’. Quattro minuti, due gol, che in totale fanno 12 gol e 3 assist in 20 partite di Champions – mica male per uno che fuori dalla Serie A non la struscia, a detta di molti.

Un segnale che Ciro lancia anche a Spalletti, reo come altri di averlo dato per finito forse troppo presto. Se Ciro viene gestito, come Sarri sta facendo, rimane uno degli attaccanti più forti a livello internazionale. Ma la prestazione del capitano biancoceleste va inserita in un secondo tempo di altissimo livello della Lazio, che in un momento molto difficile della stagione ha tirato fuori artigli e qualità: i primi, quelli di Guendouzi, Gila e Patric; la seconda, quella di Isaksen (gioiellino che inizia a brillare di luce propria), Lazzari (gran partita) e Immobile appunto. La Lazio uscirà di nuovo, a febbraio, a riveder le stelle, contro i pronostici di (quasi) tutti. Non di chi conosce il valore di una squadra e di un popolo uniti dal carisma di un allenatore unico. E a Madrid la Lazio, ora, va per vincere.