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Pesce d’aprile, ma non è uno scherzo. Corre l’anno 2000, corre l’annata 1999/2000, una delle più incredibili nella storia del nostro calcio, incerta fino all’ultimo minuto di gioco.

La Lazio insegue la Juventus ma il terreno perso (ingenuamente) nelle passate giornate ha allungato una distanza che appare (quasi) incolmabile. Eppure, la formazione di Eriksson, forte dell’esperienza avuta l’anno precedente quando era stato il Milan a scipparli da sotto il naso il titolo dato per acquisito già a marzo, non molla più per la forza dei nervi e dei mezzi di una squadra tanto potente quanto irripetibile – almeno a livello di nomi – che per altro.

La Juventus è avvertita, e il Delle Alpi si prepara ad un incontro che dirà se non tutto, molto, sull’esito finale di questo campionato.

Tensione pre-gara

Del resto il modo in cui si arriva al big match è un elastico di distanze tra le due squadre che si allungano e si accorciano. Siamo alla 28ª giornata, ne mancano 6 al termine e la Juve è davanti di 6 lunghezze.

Appena due giornate prima la Lazio era incappata nella classica brutta sconfitta di Verona, evento abituale per la squadra di Eriksson in quel periodo, piombando a -9 da una Juve vittoriosa nel derby.

Con un distacco quasi in doppia cifra e la prospettiva del derby romano nella giornata successiva (gara dove all’andata la Lazio prese un’imbarcata paurosa nella prima mezz’ora) e della trasferta in casa della capolista in quella successiva, la squadra di Eriksson era ormai data per spacciata.

Tutto faceva pensare alla fuga decisiva per la Juve che invece perse in casa del Milan nell’anticipo nel 27° turno per poi vedere la Lazio rimontare la Roma e fare suo il derby con una ciclonica punizione di Veron.

Allo showdown della 28ª giornata si arriva quindi così: Juve 59, Lazio 53. Ancora un’ultima singola possibilità per riaprire i giochi scudetto. Per la Juve il vantaggio di giocare per due risultati su tre oltre che quello del fattore campo.

Ancelotti mette giù la sua Juve in formazione tipo, con Zidane a fluttuare sulla trequarti per servire F.Inzaghi e un Del Piero che in quella stagione non riusciva a trovare il gol su azione.

Eriksson soffre di una defezione fondamentale dietro dove manca Nesta sostituito da Couto. Anche davanti le cose non vanno meglio con l’indisponibilità di Salas: gioca l’altro Inzaghi con Boksic che parte dalla panchina. Dato in gran forma Veron e in generale il centrocampo bianco celeste, con Almeyda e Simeone impareggiabile cerniera di centrocampo e Nedved e Conceicao a proporre gioco offensivo.

L’undici iniziale della Juventus di Ancelotti nel big match del 1 aprile 2000

La formazione Laziale scesa in campo nel big match del 1 aprile 2000

La Juve vuole chiudere i giochi

La Lazio parte decisa in avanti e Nedved, dopo aver eluso un tentativo in scivolata di Ferrara sulla fascia, si guadagna il primo corner per i suoi.

Ma è la Juventus ad avere sul contrattacco una ghiotta occasione con Inzaghi su invenzione di Zidane; lo stop con un braccio di SuperPippo ferma però tutto in partenza. All’undicesimo, però, Inzaghi ha un’altra occasione per rifarsi su bel lancio di Ferrara; lo stop di petto di Pippo è anche buono, ma il suo sinistro è ciancicato e debole, e finisce leggero leggero tra le braccia di Ballotta.

La Juventus prende le misure dopo la partenza sprint dei ragazzi di Eriksson.

Prima Inzaghi viene atterrato in area da Mihajlovic – ma il replay darà ragione al serbo, bravo l’arbitro a lasciar proseguire – poi Del Piero, su bella imbucata di Edgar Davids, calcia forte di sinistro ma sul primo palo dove Ballotta è attento e copre ciò che va coperto mettendo in corner.

Sul cross che ne scaturisce, Tacchinardi al limite calcia al volo su bell’assist di Del Piero: facile questa volta la presa per Ballotta. Stesso esito anche per Davids, che calcia di sinistro dopo la respinta di un altro calcio d’angolo, ma il pallone finisce sulla pista posta dinnanzi alla curva bianconera.

La Lazio prova la reazione e con un po’ di confusione arriva al limite con Nedved che però viene fermato da Conte; ripartenza Juventus al fulmicotone, con Zidane ancora per Antonio Conte che serve Del Piero sul lungolinea; stop a rientrare di Pinturicchio che si fa beffe di Mihajlovic e calcia col sinistro, centrale e lento.

Grande costruzione di azione ma esito ancora una volta a dir poco deludente. La Juventus costruisce tanto, la Lazio soffre e appare spaesata. Fischio di Farina, 0-0 e fine di un primo tempo dove sembra sia la Lazio la squadra più tesa, mentre la Juve gioca con la forza della tranquillità.

La testa di Simeone riapre i giochi scudetto

Non ci sono cambi. Non cambia neanche la partita. La Juventus continua a dominare il campo, a presiederlo con autorità e voglia. Zidane rientra sul destro e poi sul sinistro, disorientando Couto che va al manicomio; Zizou calcia di sinistro con grande violenza sul palo opposto a quello difeso (e sguarnito) da Ballotta, ma per sua (e di tutti i tifosi della Lazio) fortuna Pancaro aveva già visto in anticipo quel pericolo; la sua diagonale è semplicemente fondamentale, decisiva.

Corner per la Juventus, che a inizio ripresa ha la più grande occasione della partita, sui piedi del suo giocatore più forte. Intanto entra Stankovic nei bianco celesti. Ci prova Zidane da calcio piazzato; controlla senza problemi Ballotta.

La Juventus corre al doppio della velocità col doppio dell’entusiasmo e molta più qualità dei bianco celesti, che appaiono stanchi e come sommessamente fuori dalla partita e dai giochi del campionato.

Zidane ancora ad inventare calcio, Inzaghi pastrocchia col pallone che però carambola alla fine sui piedi di Davids: il mancino dell’olandese è una rasoiata precisa e indelebile che però Ballotta toglie alla storia della partita. Si rimane ancora sul punteggio di 0-0, ma la Juventus meriterebbe il vantaggio. Sul corner seguente, il tiro a giro di Del Piero inganna Inzaghi (Simone) che liscia il pallone; Ballotta bravissimo e attentissimo a rimanere lì e a bloccare la sfera.

Poi accade quello che la gara non aveva fatto minimamente sospettare: minuto 20 della ripresa, cambia la partita.

Veron vede Inzaghi partire alle spalle di Ferrara e con un’idea folle ma follemente realizzata (di esterno destro di prima) lancia il compagno di squadra in campo aperto; l’intervento di Ferrara, che lo trattiene per una spalla sul nascere della sua corsa, provoca la doppia ammonizione e la doccia anticipata negli spogliatoi, lasciando così la Juventus in dieci uomini a quasi mezzora dalla fine del match.

Mihajlovic batte la susseguente punizione in mezzo, pallone respinto che finisce però sui sapienti piedi di Juan Sebastian Veron. Si muove al centro Simeone, che invoca almeno idealmente il pallone in mezzo. La palla arriva eccome, è pregiata, un cioccolatino della brujita, che Simeone non si lascia scappare; colpo di testa preciso, ad incornare, sul palo opposto rispetto alla direzione del cross (dalla destra). Esplode il settore ospiti, la Lazio è in vantaggio e con un uomo in più (al minuto 66’).

Ma sopratutto la Lazio è così a 3 punti dalla Juventus.

La Juventus prova la reazione, Inzaghi spaventa Ballotta che non tocca né il pallone né Filippo; rimessa dal fondo. La Lazio soffre, combatte, ma non subisce particolari occasioni da gol dalla Juventus, che vede sempre più lontana la vittoria, sempre più improbabile persino il pareggio.

Kovacevic guadagna però un’interessante punizione al limite.

È il momento decisivo della partita, forse (col senno di poi, senza forse) del campionato. Del Piero va sul palo di Ballotta, con la palla che si alza e scende in un attimo; giusto il tempo di far riprendere il battito cardiaco ai tifosi della Lazio. Calcio d’angolo. 46’. Nulla di fatto, come nulla di fatto fruttano gli ultimi attacchi della Juventus.

Il triplice fischio di Farina, sull’ultimo stacco aereo di Couto ai danni di Kovacevic sancisce il trionfo bianco celeste. È la prima di altre e decisive battaglie, fino alla conquista della guerra e al secondo scudetto della storia della Lazio.