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Conosciamo tutti purtroppo, l’epilogo di quelle “notti magiche” del Mondiale di calcio 1990, giocato proprio in casa e con le speranze di un intero paese a spingere gli azzurri fino alla fine. Una fine che ha una data e un luogo ben precisi: lo Stadio S.Paolo di Napoli in quel maledetto 3 Luglio.

Gli imbattibili

Quella che si presenta alla semifinale contro l’Argentina, è un’Italia letteralmente imbattibile. La nazionale di Vicini è ormai una delle favorite, non solo per poter giocare davanti al proprio pubblico ma perché proprio nelle notti mondiali, quel gruppo stava facendo qualcosa di realmente magico.

Cinque partite giocate, cinque vittorie sul campo. Non una macchina da gol quella di Vicini, solo 6 reti all’attivo, ma certo una corazzata impenetrabile con una difesa fino a quel momento imbattuta. Raramente del resto, abbiamo potuto vantare una linea composta da campioni del calibro di Franco Baresi, Riccardo Ferri, Giuseppe Bergomi, Paolo Maldini, ma anche Ciro Ferrara e Pietro Vierchowod.

Un’Italia ben coperta insomma, che poteva però contare anche sull’estro stellare di un Roberto Baggio, sulla regia perfetta del “principe” Giuseppe Giannini, oltre alle galoppate di Roberto Donadoni e alla condizione pazzesca di Salvatore Schillaci, eroe delle notti magiche azzurre. Tanta qualità al punto di permettersi di tenere in panchina un Roberto Mancini.

La notte del S.Paolo

Si arriva così legittimamente carichi di speranze, davanti a un avversario altrettanto ostico, che però si era qualificata agli ottavi solo come migliore terza (dopo aver perso la partita di apertura contro il Camerun) e aver faticato non poso per avere la meglio sulla Jugoslavia (solo dopo i calci di rigore).

E il destino sembra aver scelto una location ideale per portare avanti il sogno, mettendo i nostri eroi in scena al S.Paolo di Napoli, con un pubblico con il cuore diviso tra l’amore per gli azzurri e quello per il suo “Dio in campo”, Diego Armando Maradona. L’atmosfera in effetti è surreale, con parte degli spalti dichiaratamente a favore del numero dieci argentino.

Ma è solo la prima delle sorprese di quella serata, che da sogno, diventerà presto un vero e proprio incubo.

La cronaca della partita

E dire che tutto sembrava andare per il meglio, con il solito Schillaci che aveva subito messo la partita nella nostra direzione con un gol dei suoi, andando a ribattere in rete la respinta del portiere argentino dopo una conclusione (una delle pochissime) di Vialli.

Non solo siamo in vantaggio, ma abbiamo anche messo a referto il nuovo record di “imbattibilità” ai mondiali, superando i 499 minuti dell’Inghilterra senza subire alcuna rete.

Baresi e Ferri si prendono alternativamente Maradona e Caniggia in marcatura, a seconda della posizione dei due argentini (che continuano a scambiarsi ma senza grande successo), mentre Maldini e capitan Bergomi chiudono ogni spazio sulle due fasce. Il primo tempo vola così via senza particolari preoccupazioni, se non quella di vedere qualche giocatore sotto tono, a cominciare da Gianluca Vialli, ma anche un Giannini non particolarmente brillante.

Gli errori della ripresa

Fin qua tutto bene, si potrebbe dire.

Poi però nella ripresa il piano inclinato fa rotolare sempre più velocemente la pallina della disfatta. Gli argentini si presentano subito con un cambio dagli spogliatoio, con il centrocampista laziale Pedro Troglio a prendere il posto di un difensore (Calderon) per dare nuova spinta offensiva.

Proprio il nuovo entrato e la velocità di Caniggia, sembrano cominciare a fare breccia nella difesa azzurra, con Zenga che si salva prima con una parata su Giusti e poi grazie a una provvidenziale deviazione di Ferri su tiro proprio del biondo argentino.

Sarebbe tempo di correre ai ripari, con Giannini sempre meno in condizione e un Vialli completamente avulso dal gioco ormai. E invece nulla si muove. Almeno fino al 67° quando proprio uno scatenato Caniggia trasforma in rete un cross di Olarticoechea senza che nè Ferri in marcatura nè Zenga in uscita (purtroppo allegra…) possano farci nulla.

Siamo alla svolta del match, con Vicini che finalmente ricorre a qualche cambio, togliendo ovviamente sia Giannini sia Vialli, per far posto rispettivamente a Baggio e Serena. Ma nemmeno questa boccata di estro e fantasia sembrano ormai poter sbloccare nuovamente una partita che si avvia ai supplementari senza troppi scossoni.

Proprio nell’over time, è il piede magico di Roberto Baggio ad avere l’occasione per dare agli azzurri il nuovo vantaggio, ma la sua punizione indirizzata a togliere le ragnatele dall’incrocio viene incredibilmente parata da un Goycoechea che si prende così la carica necessaria ad affrontare i rigori.

La disfatta azzurra

Il S.Paolo ormai è un cuore spezzato.

Comunque vada a finire saranno lacrime. L’argentina però sembra quanto meno avere più “garra” da metterci, non a caso il tabellino degli ammoniti segnerà un’impietoso 6-1 per i sud americani, con tanto di espulsione per Giusti nel primo tempo supplementare. Solo Giannini invece ammonito tra gli azzurri, e al 22° del primo tempo.

Un segnale di profonda determinazione che forse influirà proprio nell’emozionante lotteria dei rigori, al pari della condizione opposta con la quale si presentano i due portieri: Zenga con la consapevolezza di una certa colpa sul gol del pareggio, Goycoechea consapevole di aver già salvato almeno una volta la barca Albiceleste.

L’Italia si presenta per prima dal dischetto, con Baresi, Baggio e De Agostini a realizzare i primi tre tiri, al pari di Serrizuela, Burruchaga e Olarticoechea per gli argentini. Poi è la volta di Roberto Donadoni, ovvero uno dei migliori dei nostri, che però trova sulla sua strada i guantoni di Goycoechea che si butta alla sua sinistra intuendo la traiettoria a mezza altezza.

Poi è l’idolo di casa Diego Armando Maradona, che ignorando qualche fischio mette un rasoterra centrale con Zenga che va dall’altra parte senza possibilità alcuna. Siamo a un passo dall’eliminazione, che arriva puntuale poco dopo, quando Aldo Serena sfoggia un tiro goffo e lento che finisce ancora una volta tra le braccia del portiere argentino.

Siamo fuori. L’argentina vola in finale, con il laconico commento di Pizzul mentre gli avversari sono in festa: “Sono immagini che non avremmo mai voluto commentare”.

I (tanti) rimpianti azzurri

L’impressione è che sarebbe bastato anche molto poco, per scrivere un’ucronia con un finale completamente diverso. E invece.

E invece purtroppo proprio in quell’ultima partita alcuni elementi hanno fallito le attese. Zenga, colpevole almeno in parte del gol argentino. Ma anche Giannini, molto sotto tono e soprattutto un Vialli completamente assente. Oltre naturalmente agli errori non tanto di Donadoni quanto di Aldo Serena dal dischetto.

La spiegazione del CT Vicini è che gli azzurri sono arrivati stanchi a quell’appuntamento (anche se in verità sarebbero dovuti esserlo di più gli argentini con un supplementare in più sulle gambe), negando qualunque responsabilità su alcune scelte pesanti di quella serata (vedi al formazione iniziale).

Eppure proprio dalle sue scelte tecniche sarebbe potuto arrivare quell’aiuto necessario per arrivare in finale. Chissà cosa sarebbe stato se non avesse scelto Vialli dal primo minuto visto che palesemente non era in condizione. O se avesse anticipato dei cambi che sembravano da tempo necessari (e sono invece arrivati tutti dopo il pareggio).

Chissà che sarebbe successo se invece di mettere dentro insieme Serena, Baggio, Schillaci e Donadoni, non avesse dato più corpo a un centrocampo in grande difficoltà (sono rimasti in panchina Ancelotti, Berti e Marocchi per esempio).

L’unica certezza, è che non lo sapremo mai.

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