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Nonostante gli inviti alla prudenza e al rispetto della salute, il mondo del pallone è l’unico che non ha ancora deciso come completare la stagione

La speranza è l’ultima a morire, recita un famoso luogo comune. E’ ciò che tiene ancora in vita il sistema calcio, l’unica disciplina sportiva che ancora non ha alzato bandiera bianca rispetto all’emergenza sanitaria dovuta al contagio da corona virus. E’ alla luce dei fatti la decisione del Comitato Internazionale Olimpico che ha spostato di un anno i Giochi di Tokyo 2020. Così come nelle scorse settimane, pallacanestro prima e pallavolo subito dopo, hanno optato per far calare il sipario sulla stagione, cancellando di fatto tutto quello successo sinora ed azzerando promozioni e retrocessioni. Senza tralasciare le importanti decisioni adottate dalle altre principali federazioni che hanno sospeso i principali eventi sui quali si reggeva la stagione sportiva: la NBA, i tornei preolimpici, le gare di qualificazione a Tokyo 2020 degli sport individuali, tutto il gustosissimo programma ciclistico (dalla Milano-Sanremo alle principali corse a tappe passando per tutte le Classiche del Nord che spera possa trovare successiva collocazione), Formula 1 e Moto GP sin qui saliti agli onori della cronaca solo per i Gran Premi rinviati se non addirittura annullati. Tanta altra è stata la “carne al fuoco” delle cronache sportive, impossibilitate a raccontare un qualsivoglia evento senza premettere i vocaboli “annullamento”, “sospensione”, “rinvio”…

Il mondo del pallone, invece, per ora è rimasto alla finestra, non prendendo alcuna decisione se non quella di adeguarsi ai provvedimenti governativi di divieto, assunto dalla stragrande maggioranza delle nazioni. Probabilmente “soffocato” da quella che tradizionalmente è la sua “linfa”, ovvero gli interessi economici legati alla presenza di sponsor e alla vendita dei diritti televisivi, il mondo del calcio sta temporeggiando, trovando, nel contempo, le proprie affiliate suddivise in due scuole di pensiero: quelle che “bisogna giocare a tutti i costi, non importa dove, come e quando” e quelle che gradirebbero la netta vittoria del buon senso, ovvero la chiusura dell’attività nel totale rispetto di giocatori, addetti ai lavori e soprattutto tifosi. Un ragionamento che “avvolge” il calcio a qualsiasi latitudine: da quello internazionale, alla Serie A per finire al movimento più locale del dilettantismo.

Da parte sua, il presidente della FIFA, Gianni Infantino, cerca di tracciare la via. Parlando ai rappresentanti di tutte le Federazioni affiliate in occasione degli auguri pasquali, Infantino ha ribadito che «Il nostro principio fondamentale, che noi applicheremo nelle nostre competizioni e che vi incoraggiamo a seguire è semplice: la salute prima di tutto. Nessuna competizione, nessun campionato meritano che ad essi venga sacrificata una sola vita. Sarebbe completamente irresponsabile riprendere a giocare se la situazione non fosse messa in totale sicurezza. Se dovremo attendere più a lungo, lo faremo. Meglio essere pazienti che prendere il minimo rischio. Ascoltiamo attentamente le autorità sanitarie, lavoriamo al loro fianco». Dal canto suo, il presidente della FIGC Gabriele Gravina, intervistato da Sky Sport, ha sottolineato che ogni porta resta aperta: «Presto ci sarà una riunione, abbiamo una procedura e presto la comunicheremo. Inizieremo, mi auguro a inizio mese, con dei controlli per garantire la negatività a cui seguirà l’allenamento. Giocare in estate? Non abbiamo una scadenza, ma l’idea è di completare i campionati non appena ce ne saranno le condizioni». Mauro Balata, il presidente della Lega di Serie B, è più o meno sulla stessa frequenza: «Si partirà solo quando ci saranno le condizioni di massima sicurezza nella speranza di poter portare anche un po’ di gioia al Paese. Il presidente del calcio mondiale, Gianni Infantino ci dice che si deve ripartire senza fretta. Non c’è una data. E’ assolutamente prematuro fare ipotesi. Sono necessarie le condizioni di massima sicurezza e bisognerà garantire la regolarità delle competizioni e affermare il principio superiore del merito sportivo». Mentre Antonio Sibilia, presidente della LND (da sempre sostenitore della necessità di tornare in campo ma che ha sempre più società che, in nome del dilettantismo, chiedono la chiusura della stagione) non demorde e annuncia solo la sospensione dell’attività sino al 4 maggio, il presidente della Lega Pro, Francesco Ghirelli, ha ricevuto dalle società il compito di affermare ai piani alti come la ripresa deve essere collegata non solo al dover tornare in campo ma all’analisi di una situazione ben precisa: quella di club che si trovano ad operare in zone particolarmente colpite dall’epidemia e che sono state sconvolte, in ogni senso, dalla drammatica situazione. Il mondo del calcio però deve rendere conto anche ai club di ogni ordine e grado dai quali la richiesta si alza unanime: «decidete la cosa giusta – dicono – ma fatelo in fretta».

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