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Il tempo questo fa: fondere i tempi, passato e presente, proiettandoli nel futuro del “si dirà”. Cosa si dirà di Pinturicchio? Cambia davvero qualcosa, rivolgendoci a voi lettori, se anziché lasciarlo non-virgolettato, scrivessimo “Pinturicchio”? Quest’ultimo nome è forse più appropriato per l’incipit di un articolo / indagine del gol alla Del Piero di Alex Del Piero?

Era un pittore tanto eccezionale, Pinturicchio, che Papa Innocenzo VIII nel 1484 lo volle con sé in Vaticano. Doveva dipingere gli scorci, i luoghi nascosti e prodigiosi del Bel Paese, le meraviglie dell’Italia intera. Doveva, in una parola, poetare sul prosaico. Perché quel nome, “Pinturicchio”? Per la sua gracilità.

Dopo qualche secolo, questo stesso carattere, Pinturicchio, distinguerà un calciatore leggenda della Juventus e originario di Conegliano: Alessandro Del Piero. Perché quel soprannome? Semplice: Alex fa sul campo ciò che Pinturicchio (quello del XV secolo) fa sulla tela; creare qualcosa di meraviglioso, e crearlo dal nulla.

Ma qui arriva il miracoloso. Se per Pinturicchio, senza essere esperti d’arte, ritroviamo uno stile particolare ma non unico – almeno nel senso in cui Pinturicchio non inventa un genere di pittura, ma si rifà ad una tradizione –, per “Pinturicchio”, Alex Del Piero, siamo costretti fin da subito a sottolineare uno scarto rispetto alla “tradizione” calcistica: il tiro alla Del Piero, oggi, vale anche per quei calciatori che non portano il nome di Alessandro, non il cognome di Del Piero, né son nati a Conegliano veneto. Tenteremo ora di capirci qualcosa in più.

Napoli-Juve 18 settembre 1994: la traccia

È il 18 settembre del 1994. La Juventus affronta il Napoli al San Paolo. È una Juventus forte, non fortissima, quella che vincerà lo Scudetto al termine della stagione. È un Del Piero giovane, giovanissimo, quello che battezza così un luogo di per sé già sacro e consacrato qualche anno prima da Diego Armando Maradona.

L’azione è apparentemente semplice. Antonio Conte sfrutta l’indecisione di due difensori partenopei per infilarsi nel varco da entrambi lasciato al limite dell’area di rigore. Sopraggiunge un fulmineo Alessandro Del Piero che, dopo aver “scippato” il pallone all’uomo che, da tecnico della Juve, lo allenerà nell’ultimo anno della sua carriera, esegue uno splendido destro a giro che, complice anche un posizionamento non impeccabile del portiere avversario, si infila con furbizia alla sinistra dell’estremo difensore. Partita chiusa e prima “traccia” del gol alla Del Piero. Traccia, dunque, non simbolo. Il tiro infatti manca di quella parabola “a palombella” che caratterizzerà, come vedremo, il gol alla Del Piero. Procediamo con cautela, senza perderci i pezzi per strada. Giusto un appunto: il 18 settembre del 1994 Alessandro Del Piero ha appena 19 anni.

Lazio-Juve 11 dicembre 1994: l’annuncio

Non passano neanche tre mesi e Del Piero colpisce con un’altra perla. È l’11.12.1994; siamo vicini a proclamare il campione d’inverno di quel campionato. Ma mentre tutti son focalizzati sulla Juventus, il nostro occhio del futuro non vede che un campione, Alessandro di nome, di cognome Del Piero.

Si gioca all’Olimpico, si gioca Lazio-Juventus. La Lazio di Zeman è in difficoltà e avrà il derby di lì a pochi giorni. La Juventus è lanciatissima e può annoverare tra le sue fila quello che molta stampa dell’epoca già addita quale futuro Baggio. Verrà ricordato semplicemente come Pinturicchio.

Arriva dalla sinistra una palla fortissima, che Del Piero non solo controlla in maniera splendida ma, grazie ad una classe che viene dalle stelle, riesce con quel tocco a far fuori un difensore. Dal lato corto dell’area di rigore, dalla mattonella di sinistra, Del Piero ha ora di fronte due giocatori della Lazio: ci passa in mezzo dopo averli irrisi con un leggero quanto dolce tocco di interno mancino; un altro passo, destro a giro e rete. “Destro a giro”, ma non è affatto un tiro come gli altri. Marianella, in cabina di commento, dichiara stupefatto: «Un gol fantascientifico; signori, Del Piero». È l’annuncio di uno straordinario commentatore ad uno straordinario fenomeno del nostro calcio.

Il trittico, girone di Champions 1995: la rivelazione

Non è “corretto” scrivere un intero articolo basandolo su due mesi di calcio. Ma quello che accade tra il settembre e l’ottobre del 1995 è un’autentica rivelazione calcistica, meritevole almeno di un capitolo nella storia del calcio di ogni tempo. Per esigenze di sintesi, ci limitiamo a darvi delle date e qualche rapido accenno su ciò che, ancora oggi, a raccontarlo, desta in noi dello stupore.

La Juventus torna in Champions League dopo nove anni – l’ultima volta, la competizione si chiamava Coppa dei Campioni. La Vecchia Signora affronta il Borussia Dortmund dei campioni; quello che, non ce ne vogliano i tifosi bianconeri, farà fuori proprio la Juventus nella finale di Champions League della stagione successiva.

Borussia-Juve 13 settembre 1995

Dopo essere andata sotto, la Juventus pareggia i conti e crede nella vittoria. Ma non crede, non può crederci nessuno, a ciò che accade di lì a pochi minuti. Sousa ruba il pallone dai piedi di Jugovic, suo compagno di squadra lì indaffarato a trovare la sfera e a portarla via da una situazione pericolosa; il portoghese vede Del Piero partire nello spazio; per servirlo effettua uno straordinario lancio di esterno destro che scavalca d’un colpo il centrocampo – la sciabolata parte da molto prima della zona centrale del terreno di gioco – e la difesa avversaria, giungendo sul piede fatato del piccolo gioiello juventino, Alessandro Del Piero.

Controllo, rientro sul destro, finta su Kohler che, spaesato, retrocede di un metro, lo spazio necessario che serve a Del Piero per lasciar andare la gamba alla sua maniera: il tiro non è forte, ma è semplicemente perfetto a livello balistico; la traiettoria disegnata dal collo interno di Del Piero canta mentre è in volo; muore all’incrocio portandosi dietro l’eco di amletiana memoria: «the rest is silence». In realtà, per dirla meglio, il resto è il gol alla Del Piero, ufficializzato dagli dèi quel giorno piovoso al Westfalen Stadium (attuale Signal Iduna Park). Inutile ricordarlo, ma siam qui per questo: dopo 11 anni, ma nella porta opposta, Del Piero sigillerà in questo stesso stadio la semifinale contro la Germania, su assist di Gilardino: «Siamo a Berlino, Beppe».

Juve-Steaua 27 settembre 1995

27 settembre 1995. La Juventus ospita i rumeni della Steaua Bucharest. Il punteggio finale è di 3-0. A due settimane esatte dal primo gol alla Del Piero, arriva un’altra perla assoluta, e la firma non può essere che quella di Pinturicchio. Siam fuori dall’area di rigore – caratteristica fondamentale per distinguere l’ortodosso gol alla Dal Piero da quello di altra confessione; Alex rientra sul destro, salta un avversario con la consueta finta a togliere la gamba – una sorta di calcetto all’indietro che colpisce l’aria; roba che a ripeterne l’esecuzione c’è il rischio di farsi male alla cartilagine del ginocchio; calcia con il collo interno del piede. Il portiere, che sembra aspettarsi quel tiro – infatti è molto vicino alla linea di porta – non può che toccare il pallone e vedersi scavalcare dallo stesso; incrocio dei pali toccato, rete gonfiata. Meraviglia delle meraviglie, ma non è finita qui.

A rendere il gol ancor più insensato, ci sono almeno altri due gesti da sottolineare; il lancio di Ferrara, che lo pesca con una lunga gittata alla Bonucci, diremmo a posteriori, e lo stop di Del Piero, che fa letteralmente morire sul terreno di gioco un pallone che, per gli altri 21 in campo, è semplicemente incontrollabile. Il resto lo abbiamo già, insufficientemente, analizzato.

Juve-Rangers 18 ottobre 1995

Arriviamo così alla conclusione del trittico che, senza se e senza ma, sancisce il gol alla Del Piero. Si gioca Juventus-Glasgow, 18 ottobre 1995. La partita finirà 4-1. In questo caso il gol è su punizione – quella che diventerà col tempo una delle specialità di Alex. Siamo ad almeno una ventina di metri dalla porta, appena fuori dall’area di rigore, spostati sul lato sinistro del campo; anche qui, ci si aspetterebbe un semplice cross in mezzo; il piede di Del Piero, dopo il tocco di Sousa – punizione a due –, riesce invece ad inventarsi – è giusto qui chiamare in causa il piede, più che Del Piero – una traiettoria che, alzandosi in cielo, cade dalle nubi fino all’incrocio dei pali dalla parte opposta a dove il pallone era stato colpito: un gol impensabile anche coi palloni odierni. Figurarsi all’epoca con quei palloni – più vicini al piombo che al cuoio.

Juve-Verona 15 dicembre 1996: credo in un solo gol alla Del Piero

L’inverno porta tanti doni: prima Babbo, poi la Befana. E porta a Del Piero non solo tanti gol, ma solo gol clamorosi. Il 15 dicembre del 1996 la Juventus rimonta un Hellas Verona in grande spolvero al Delle Alpi. Siamo fermi sul 2-2, quando sale in cattedra il professore. Ancora una volta, Del Piero parte dalla sinistra. Questa volta, però, anziché limitarsi ad una sola finta, ne fa due, per poi calciare – con un tiro che mi piacerebbe qui definire “in ciabatte” – sul lato opposto.

È un gol di una difficoltà immensa. E più lo vedi, più te ne rendi conto. Non c’è lo spazio per tirare così, e infatti Del Piero non calcia in modo normale, ma la traiettoria che imprime al pallone è così beffarda che, oltre alla consueta palombella, è dotata di quella forza necessaria a renderla imprendibile a livello di velocità, anche per il migliore dei portieri. Palla in buca d’angolo. Ecco, fermiamoci un secondo.

Il gol alla Del Piero è sotto l’incrocio, all’incrocio, o addirittura all’angolo? Risposta: tutti e tre. Abbiamo analizzato diversi gol, da diverse angolature, ma non è cambiata l’essenza del gesto tecnico. Dovete concentrarvi sul piede: Del Piero la colpisce con le ossa del Metatarso, ma lasciando andare la gamba in un modo tale che la palla, anziché andar via dritta – come avviene ad esempio con il tiro alla Cristiano Ronaldo – sorride beffardamente al portiere mentre gira come una trottola, per infilarsi pesante, stanca ma felice, all’angolo. Ripetiamolo ancora: non è il dove – la palla vada – ma il come – la palla venga colpita.

Juve-Roma 24 gennaio 2012: sit finis Alex, non finis alla Del Piero

Thomas Merton, autore di uno dei libri più belli e meno letti della storia della letteratura, La montagna dalle sette balze (1948), finisce la sua opera scrivendo: sit finis libri, non finis quaerendi. Tradotto: è finito il libro, (ma) non finisce (qui) la ricerca. L’ultimo gol di Alex Del Piero alla Del Piero è datato 24 gennaio 2012: il turno di Coppa Italia riserva una sorta di finale anticipata, Juventus-Roma. Il risultato è di 1-0.

Siamo allo Juventus Stadium, al suo primo anno di vita. Una palla sporca viene maldestramente toccata da Del Piero, che vorrebbe servire Borriello e invece, vincendo un rimpallo, se la ritrova bella e succosa al limite dell’area di rigore: impacciato, stanco e con un ginocchio di meno – l’infortunio che ha frenato, nonostante tutto, la meravigliosa carriera di questo straordinario giocatore – Del Piero calcia, trovando prima la traversa, poi la rete. Un gol strano; il pallone è cambiato, dal tempo che fu, le divise pure, lo stadio anche; Alex soprattutto. Ma quel calcio lo puoi riconoscere tra mille altri. È il gol alla Del Piero, l’ultimo.

Sit finis Alex, non finis (il gol) alla Del Piero.