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Gian Piero Gasperini è ormai entrato nella storia del calcio italiano per essere riuscito a portare una provinciale come l’Atalanta a qualificarsi per tre anni consecutivi alla Champions League, rendendola ormai stabilmente una squadra di vertice della Serie A.

Eppure i colori nerazzurri hanno contraddistinto anche il punto più basso della sua carriera, in quei pochi mesi alla guida dell’Inter chiusi con un esonero dopo sole 5 partite disputate. 

Cosa successe in quell’estate del 2011 che rischiò di stroncare la carriera di colui che avrebbe poi compiuto il miracolo Atalanta? 

Gasperini e l’Inter: l’idea di un rinnovamento presto tramontata

L’Inter del 2011 era reduce dall’annata post-triplete, che aveva visto i nerazzurri perdere lo scudetto dopo 5 trionfi consecutivi ma anche conquistare due trofei con due allenatori differenti: il Mondiale per Club con Rafa Benitez in panchina e poi, dopo l’esonero del tecnico spagnolo, la Coppa Italia con la guida tecnica dell’ex milanista Leonardo, che poi lasciò a fine stagione per assumere il ruolo di direttore sportivo del Paris Saint-Germain.

Il nucleo di giocatori che aveva vinto tutto due stagioni prima iniziava a dare segni di stanchezza, ed appariva chiara la necessità di rinnovare un po’ la squadra

Massimo Moratti decide di puntare quindi su un tecnico emergente, che nel 2009 ha portato il Genoa ad un passo da una clamorosa qualificazione alla Champions League (i primi presagi di quanto sarebbe successo anni dopo con l’Atalanta).

Nonostante una storia personale legata a doppio filo alla Juventus, il salto in una grande squadra come l’Inter è un’occasione da non perdere per Gasperini, una carriera partita dalle giovanili bianconere, proseguita nel Crotone e salito alla ribalta con il Genoa. 

All’Inter Gasperini ritrova il bomber Diego Milito, che nel suo Genoa era esploso prima di passare all’Inter e diventare uno degli eroi del Triplete. Ma il mercato non regala grandi soddisfazioni al nuovo tecnico: nelle sue intenzioni l’Inter doveva disporsi con un 3-4-3 che, oltre ad un’inedita difesa a 3 praticamente mai utilizzata dalla squadra nerazzurra, avrebbe avuto come punto di forsa il tridente formato da Milito, Eto’o e Rodrigo Palacio, l’attaccante che al Genoa aveva sostituito con successo lo stesso Milito. 

Per la dirigenza dell’Inter però il profilo di Palacio non era da grande squadra (ironia della sorte, sarebbe l’anno successivo e diventato uno dei pilastri della squadra per i successivi 5 anni), mentre arrivò un’offerta irrinunciabile ad Eto’o dai russi dell’Anzhi.

Gasperini dovette quindi ripiegare su altri profili, mentre i dirigenti interisti inseguivano vanamente attaccanti del livello di Tevez, Sanchez o Lavezzi.  

Le prime sconfitte e il mercato insoddisfacente

L’esordio stagionale, ai primi di agosto nella Supercoppa Italiana disputata a Pechino, vide i nerazzurri sconfitti dai cugini del Milan. Eto’o era ancora in rosa, schierato da punta centrale, con alle spalle due trequartisti come Wesley Snejder (a cui Gasperini faticava molto a trovare un’adeguata collocazione tattica) e il neo arrivato Ricardo Alvarez. Dopo il gol del vantaggio del trequartista olandese il Milan riuscì a ribaltare la partita con il gol dell’ex di Zlatan Ibrahimovic e di Kevin Prince-Boateng. 

I primi malumori iniziarono a salire nei confronti di Gasperini, la cui difesa a 3 veniva vista come troppo fragile e inadatta ai giocatori a disposizione.

Il rinforzo chiesto da Gasp per puntellare il reparto, Mimmo Criscito, non arrivò mai. Nel mentre, il tecnico cercava di convincere la dirigenza ad acquistare rinforzi a centrocampo come Vidal e Nainggolan ancora non esplosi alla grande platea (e di nuovo, ironia della sorte, giocatori che in futuro sarebbero finiti comunque ad indossare la maglia nerazzurra).

Dal mercato quindi arrivano in extremis attaccanti come Mauro Zarate e Diego Forlan che andavano ad intasare il reparto e chiudevano gli spazi a giovani promettenti come Luc Castaignos e Philippe Coutinho, inficiando quindi le direttive date a Gasperini di far crescere la rosa.

Un punto in 5 partite: il misero bilancio di Gasperini all’Inter

Con il rinvio della prima giornata di Serie A a causa di uno sciopero dei calciatori, l’Inter tornò in campo più di un mese dopo la Supercoppa Italiana, nell’esordio in campionato a Palermo.

L’Inter gasperiniana si porta avanti ben due volte grazie alla doppietta di Diego Milito, i siciliani, ispirati dall’esordiente Josip Ilicic, andarono in gol per ben 4 volte, due con Fabrizio Miccoli e una a testa per Abel Hernandez e Mauricio Pinilla. Inutile il gol all’esordio di Diego Forlan in extremis che rendeva meno pesante il passivo della sconfitta. 

Nell’occhio del ciclone e tormentato non solo da critiche ma anche da prese in giro di vari comici, che lo rappresentavano come un allenatore inadatto ad una realtà del livello dell’Inter, Gasperini decise di schierare nuovamente la difesa a 4 in occasione dell’esordio in Champions League contro i turchi del Trabzonspor

Il cambio tattico non sortì gli effetti sperati e i turchi uscirono da San Siro con una vittoria, siglata dal difensore ceco Ondrej Celustka. Per Gasperini era chiaro che i problemi non erano di natura tattica, ma risiedevano nelle motivazioni e nell’impegno dei suoi giocatori. Le voci su un suo problematico rapporto con i giocatori di maggior esperienza della rosa si diffondevano esponenzialmente. 

Contro un avversario di livello come la Roma, giunta a San Siro pochi giorni dopo la disfatta di Champions, i nerazzurri tornarono alla difesa a 3 e si resero protagonista di un’ottima prestazione, in cui però mancò solo il gol. Lo 0-0 finale comunque rappresenta il miglior risultato ottenuto da Gasperini sulla panchina interista. 

Pochi giorni dopo questo pareggio è infatti il momento del turno infrasettimanale giocato sul campo del neo-promosso Novara, da tutti indicato come la cenerentola della Serie A.

I piemontesi però si portano presto in vantaggio con Riccardo Meggiorini, prodotto del vivaio nerazzurro peraltro, per poi raddoppiare con il centrocampista Marco Rigoni su rigore. I nerazzurri non riescono a reagire e solo all’89° trovano la via del gol grazie ad Esteban Cambiasso, ma le speranze di rimonte vengono spente dal secondo gol di Rigoni al 90°, per un 3-1 finale che segna la condanna di Gasperini

Massimo Moratti decide di dare ascolto ai malumori del popolo interista, che mai era entrato in sintonia con Gasperini, e decide di esonerare l’allenatore, sostituendolo con un tecnico più “tradizionale” come Claudio Ranieri

La separazione ha lasciato comunque strascichi pesanti, con l’allenatore che non ha mai nascosto la sua acrimonia verso l’ambiente interista e i tifosi nerazzurri che male sopportano il loro ex tecnico quando si presenta da avversario.

Gasperini qualche anno dopo, in un ambiente dalle pressioni infinitamente minori e in cui ha trovato la fiducia totale da parte della dirigenza, ha potuto costruire uno dei maggiori miracoli del calcio italiano, la favola dell’Atalanta.

Ma anche nell’isola felice di Bergamo sono sorti problemi nel momento in cui ha dovuto fare i conti con giocatori assurti al ruolo di “star” come il Papu Gomez. Ma forse anche l’esperienza di Milano è stata utile al Gasp per imparare a gestire media e spogliatoio nel momento in cui la sua Atalanta è salita di livello.