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Non c’è niente da fare. In finale, almeno da quando l’allena Simone Inzaghi, la tassa Inter si paga sempre.

Questo è un avvertimento anche nei confronti del Manchester City: i nerazzurri alzano il quarto trofeo in due anni, ripetendo così il bis nazionale dello scorso anno – Coppa Italia e Supercoppa. 2-1 alla Fiorentina in rimonta, al termine di un match che si è concentrato nel primo tempo (almeno come reti e occasioni da gol) e al termine dell’incontro (con una Fiorentina arrembante e un Handanovic quasi miracolo).

Vediamo meglio come è andata con le pagelle della finale.

Fiorentina

  • Terracciano 6: guantone. Li ha messi due volte, Terracciano, i guantoni: su Lukaku e Dimarco, nella ripresa, nella stessa azione, che avrebbe chiuso l’incontro. Sui due gol di Lautaro può poco e nulla, coi piedi è sempre preciso.
  • Dodo 6: viola. Viola, Dodo, come i capelli dipinti sul suo capo e la grinta che mette per tutti e 90 i minuti. La sua spinta è audace, i suoi cross intrigano ma non vengono sfruttati dai compagni.
  • Quarta 5: inQuartato. Quarta l’incartato. Dovrebbe guidare, con la classe e l’intelligenza che gli sono proprie, la difesa viola. Invece la sfalda, soprattutto nell’occasione del gol dell’1-1 (Ranieri s.v.).
  • Milenkovic 5.5: opaco. Offuscato dalla confusione del compagno di reparto, prova ad arrabattarsi come può in fase difensiva, coprendo bene e salendo meglio con la linea di difesa. Ma è impacciato e stanco, e qualcosa sbaglia anche lui.
  • Biraghi 6: capitano. Ha guidato la Viola con coraggio e determinazione, cavalcando insieme a Dodo le fasce di speranza di titolo della Fiorentina su questa Coppa. È pericoloso anche dalla distanza, cresce sul finale come tutta la squadra.
  • Amrabat 6.5: moto perpetuo. Il marocchino gioca una partita sontuosa, livello mondiale. Ma più nei primi 30’ che nei successivi 60’, dove soffre anche il ritorno prepotente di Barella in quella zona di campo.
  • Bonaventura 6: stanco. Torna poco, torna male. Gioca una partita equilibrata, ma quando Jack becca la sufficienza non può essere contento. Inizia bene, ma la sua prova è un climax ascendente.
  • Castrovilli 5: poco e nulla. Se non fuori ruolo, quantomeno fuori fase. Sbaglia tanto e viene sostituito presto (Mandragora 6.5: game-changer. Cambia in meglio il centrocampo viola, dando alla Fiorentina delle certezze che difficilmente Italiano le negherà in finale di Conference).
  • Gonzalez 7: spinta nel fianco. Dimarco impazzisce, Bastoni se lo perde. Quasi costantemente. Gonzalez gioca una partita da leader tecnico, e perde il derby argentino con Lautaro solo perché questo è abituato a certi palcoscenici.
  • Cabral 5: delusione. Il peggiore dei suoi, senza dubbio. Un’enorme delusione per chi voleva ammirarlo anche in formato nazionale (Jovic 6.5: deciso. Entra deciso, come mai forse aveva fatto prima d’ora in stagione. Aveva già segnato all’Inter: stavolta solo Handanovic gli nega la gioia del gol).
  • Ikone 5.5: meteora. Il solito Ikone: inizia benissimo, poi sparisce lentamente (Sottil 5.5: poco incisivo. Entra nel miglior momento dei suoi, ma aggiunge poco e nulla alla creatività viola nel finale).
  • Italiano 5.5: il coraggio dell’esordiente. Ne ha avuto di coraggio Italiano, senz’altro. Quello d’altra parte non gli è mai mancato. Ma la prestazione di Castrovilli, poco interditore e non troppo trequartista, rimane nel bel mezzo di un’incompiutezza che è la stessa del suo allenatore. La Fiorentina parte bene, ma sparisce nel corpo della partita, tornando solo sul finale. È tutta esperienza: che serva però.

Inter

  • Handanovic 6.5: climax ascendente. Inizia male, è poco preciso coi piedi e goffo in occasione del vantaggio viola. Poi però cresce, guida da dietro con la sua esperienza e nega a Jovic il pari con un autentico miracolo.
  • Darmian 5.5: soldatino. Meno preciso del solito, pecca di attenzione soprattutto all’inizio, poi cresce e fa la solita partita ordinata.
  • Bastoni 5: peccati di gioventù. Deve crescere, Bastoni, nella testa. In occasione del primo gol si accolla a Ikone ma perde Gonzalez alle spalle, e l’Inter viene punita. È il peggiore dei suoi (De Vrij 6: sufficiente. Soffre Gonzalez ma riesce comunque a contenerlo).
  • Acerbi 6.5: leader. Guida la difesa con una calma e una qualità uniche. Cabral è quasi senza voto grazie a lui.
  • Dumfries 5.5: spento. Non fa molto in avanti, soffre dietro su Biraghi.
  • Dimarco 5.5: lingua di fuori. Stessa prova del compagno di reparto dall’altra parte del campo, Dumfries. Certo, Gonzalez e Dodo sono avversari difficilissimi, ma lui fa poco per smentire l’andamento del contendere (Gosens 6: sprecone. Entra bene, dà equilibrio e forza al reparto, ma si divora il 3-1 su gran palla di Lukaku).
  • Brozovic 6.5: serio. Fa una partita seria, Marcelo Brozovic. È sempre al posto giusto nel momento giusto. Ed è sua, soprattutto, l’imbeccata geniale per Lautaro Martinez che vale l’1-1.
  • Barella 6: barellino. Soffre molto Amrabat nella prima mezz’ora, poi cresce e fornisce anche l’assist del 2-1 a Lautaro Martinez.
  • Calhanoglu 6.5: di lotta e governo. Quando deve costruire, lo fa. Quando deve difendere (sul finale), diventa un difensore aggiunto. È un leader di questo spogliatoio, e lo si avverte in campo (Gagliardini s.v.).
  • Dzeko 5.5: il Cigno nero. Spreca un’occasione clamorosa su assist di Lautaro, e non reagisce mai a quell’errore (Lukaku 6.5: colossale. Cambia l’attacco nerazzurro, aiutandolo a respirare e sfiorando anche il gol in un paio di circostanze. Quando entra a partita in corso è quasi sempre decisivo, e Inzaghi lo ha capito).
  • Lautaro 8: Toro scatenato. Studia la preda facendogli credere di non essere concentrato. Poi però alla prima occasione utile, la incorna. Non una, ma due volte. Il secondo gol è di rara bellezza, la prestazione totale che Lautaro fornisce per il resto del match ancora di più: lega il gioco, si sacrifica, gioca da leader. Questa Coppa è soprattutto sua.
  • Inzaghi 7: Re di Coppe. L’Inter parte male, ma la tranquillità che ha imparato a trasmettere ai suoi li mette in condizione di rimontare la partita. Inzaghi si conferma Re di Coppe, vincendo la terza finale di Coppa Italia e arrivando a sette trofei in carriera (comprensivi di quattro Supercoppe italiane).