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Terminato il campionato, ti aspetti un super calciomercato con partenze e arrivi fra le 20 squadre di Serie A. 

Invece la partenza roboante ha riguardato le panchine. Raramente, come nel maggio appena trascorso, abbiamo assistito ad un massiccio cambio di allenatori. Quasi una sorta di effetto domino che ha interessato le panchine di gran parte delle formazioni di Serie A. 

In principio è stato Mourinho, annunciato con anticipo dalla Roma. Poi ecco Gattuso che da Napoli prende la via di Firenze, spalancando il percorso inverso ad un altro toscano: Luciano Spalletti. 

Mentre il Milan si tiene stretto Stefano Pioli, sull’altra sponda del naviglio c’è la tempesta dopo la festa scudetto: serve stringere la cinghia, sia con i contratti attuali e sia con il mercato in uscita. Conte allora dice addio e nemmeno 72 ore dopo dalla Lazio arriva Simone Inzaghi. 

Finita qui? Nemmeno per idea. Max Allegri torna al timone della Juventus, mentre Pirlo con due trofei vinti è costretto a salutare. Torino che si infiamma anche nella parte granata, con Juric che arriva da Verona. 

Nel mezzo gli addii di Ranieri, De Zerbi, Iachini, Gotti e Nicola, che fanno da contraltare alle conferme di Gasperini all’Atalanta, Italiano allo Spezia, Mihajlovic al Bologna, Semplici a Cagliari, Dionisi all’Empoli neo promosso e Ballardini al Genoa. 

La Serie A assume i contorni di un porto di Mare, eppure ci sono ancora alcune panchine vuote: la Lazio che spera di portare a casa Sarri, il Verona che sembra vicino a Tudor, il Sassuolo che crede in Giampaolo. Lo stesso Giampaolo che potrebbe tornare alla Sampdoria per un’esperienza 2.0. E poi ci sono le altre due neo promesse: Venezia e Salernitana, con Zanetti e Castori ancora in bilico. Tutto tace a Udine, anche se Pozzo è rimasto colpito dallo stesso Zanetti a Venezia. 

Le rivoluzioni a Roma, Milano e Torino

Come ti cambio la panchina: da Mourinho alla Roma a Simone Inzaghi all’Inter, fino ad arrivare al ritorno di Max Allegri alla Juventus. 

Roma

Alla Roma il messaggio della nuova presidenza è chiaro: sognare è possibile. Così parte l’era di José Mourinho sulla panchina giallorossa. L’annuncio in un pomeriggio di maggio che squarcia la tranquillità della capitale e infiamma il popolo romanista. 

Il motivatore per eccellenza, l’uomo che dalle polemiche sa far scudo alla squadra nei momenti difficili. Insomma l’allenatore giusto per domare un piazza come quella della Roma. Poco importa se nelle ultime stagioni ha collezionato più esoneri che trofei: lo Special One è sempre lo Special One. 

A trigoria non vedono l’ora di assistere alle sue mai banali conferenze stampa, oltre che operare in campo e sul mercato. Il portoghese riuscirà a reggere la pressione di un ambiente come quello giallorosso? Non sarà facile, ma è l’ennesima sfida impossibile in cui si cimenta il lusitano. 

Inter

La festa e una secchiata d’acqua gelida a raffreddare gli animi. La milano nerazzurra si è svegliata di colpo, dopo i meritati festeggiamenti per lo scudetto. La situazione finanziaria si è fatta pesante: i contratti vanno rivisti e c’è bisogno di far cassa con qualche cessione eccellente. 

Antonio Conte, lo sappiamo: non è uno che ama sedersi con 10 euro in tasca al ristorante da 100 euro. Insomma, non ama far le nozze con i fichi secchi. Saluta, incassa la buona uscita e prende forse la via di Parigi. Marotta dal canto suo non è l’ultimo arrivato e quindi, ecco Simone Inzaghi dalla Lazio. 

Diverse stagioni sulla cresta dell’onda, diventando non solo uno dei più longevi allenatori sulla riva biancoceleste del Tevere, ma proseguendo un rapporto che lo ha visto protagonista anche in campo come giocatore. 

Il suo percorso nella capitale è finito e così l’Inter è il nuovo nido di stimoli per Simone. Dalla pressione laziale a quella interista. Eppure si tratta di pressioni diverse. Alla Lazio nessuno impone la vittoria dello scudetto: un piazzamento in Champions di questi tempi vale come il tricolore. All’Inter e a San Siro soprattutto, la storia è diversa. 

Ripetere l’impresa di Conte sarà dura, ma un campionato da non protagonisti non è ammesso. Certo bisognerà anche capire come il mercato estivo ridisegnerà la “Benamata”, ma il neo tecnico è perfetto in chiave difesa a tre. Il muro nerazzurro eretto da Conte, non dovrebbe subire modifiche con Inzaghi che alla Lazio aveva fatto della difesa a tre un punto fermo. Se poi Lukaku e Lautaro restassero entrambi, a quel punto l’Inter farebbe ancora paura. 

Juventus

Sarri e Pirlo. Quando i trofei non bastano per assicurarsi la conferma alla Juve. Sullo sfondo l’ombra di Max Allegri che virtualmente non ha mai lasciato Vinovo. Così, 24 mesi dopo l’addio, torna il livornese al timone della Juventus. 

Uomo di mare, allenatore pratico e che ha stretto un legame ferreo con l’ambiente bianconero. Non ama la teoria e secondo lui, vincere di Corto Muso vale come vincere con tre mesi di anticipo. E’ la somma che il fa il totale in questi casi. 

Arriva quasi a furor di popolo, lo stesso popolo che due anni or sono chiedeva la sua testa. Ma né Sarri e né lo stesso Pirlo hanno convinto a pieno. Rispetto alla sua vecchia Juventus, Allegri ritroverà un gruppo molto diverso: negli uomini, nelle gerarchie e anche nell’anagrafe, con diversi elementi dello zoccolo duro che sembrano giunti all’ultimo giro di Valzer. 

Riuscirà nell’impresa di far centro al primo colpo, nella sua esperienza Bis alla Juventus? Il passato ci dice che Trapattoni prima e Lippi poi ci sono riusciti. Anche in questo caso va capito cosa riserva il mercato e soprattutto cosa farà CR7: oltre 100 gol in 3 anni hanno pesato, ma non come la sua presenza che rischia di essere troppo ingombrante in uno spogliatoio che necessita di aria nuova. 

Rino e Luciano si incrociano 

18 mesi dopo il suo approdo al Napoli, Rino Gattuso ha già fatto le valige. Il rapporto con De laurentiis non è mai sbocciato: da una parte una Coppa Italia vinta contro la Juventus e dall’altra un Champions League mancata all’ultimo tuffo, quando però il destino dell’allenatore era già scritto. 

Nemmeno 72 ore dopo il divorzio, Rino risale la penisola e si accomoda in Riva all’Arno. Firenze e la Fiorentina sono la sua nuova tappa. Nella città di Dante, in mezzo ad un popolo che si divide dai tempi di Guelfi e Ghibellini, Gattuso sembra l’uomo ideale per ricucire lo strappo tra una tifoseria passionale e una squadra che ha sfiorato tre retrocessioni consecutive in cadetteria. 

Calabrese, come il suo nuovo vulcanico presidente. Uno che dagli USA non ha mai rinnegato il suo passato italiano, ma che ancora non ha ben capito come funziona il calcio a queste latitudini: da “I soldi non sono un problema”, passando per il famoso avvertimento a Nedved “Job du Bronx”, fino ad arrivare alla conferenza stampa stile regolamento di conti contro quasi tutti i giornalisti che gravitano nell’ambiente viola. 

Lo sappiamo: Gattuso è uno che si esalta nelle difficoltà. Lo ha fatto da giocatore e lo sta ripetendo da allenatore. Ma due caratteri così esplosivi riusciranno a trovare le giuste coordinate per far decollare il progetto viola e il loro rapporto? Il mercato può e deve aiutare in questo senso. 

Per un allenatore che lascia Napoli, ecco un altro tecnico che si accasa all’ombra del Vesuvio. Luciano Spalletti da Certaldo, fiorentino di nascita, ma empolese d’adozione sia come giocatore e sia come allenatore agli inizi della sua carriera. In molti lo davano come prossimo tecnico della Fiorentina, ma alla fine ha preso la direzione di Napoli. Uomo tutto di un pezzo, è stato capace di mettere alla porta Totti alla Roma e Icardi all’Inter. 

Insomma uno che non guarda in faccia nessuno, con il bene della squadra che viene prima del singolo. In questa ottica, chi rischia di più a Napoli? Forse Insigne. Sta di fatto che il gruppo è di quelli interessanti e se dal mercato arrivassero un paio di pezzi da novanta, sarebbe la quadratura perfetta per una squadra che può ambire a qualche titolo. 

Il problema sarà anche in questo caso, gestire il rapporto tra il presidente partenopeo e Spalletti, le cui conferenze stampa non sono seconde a nessuno. 

Pioli e Gasp, il progetto continua

In due sono rimasti al margine di questo pandemonio di panchine. Stefano Pioli bello saldo su quella del Milan e il solito Gasperini su quella bergamasca. 

L’allenatore del Milan non è mai stato messo in discussione da Maldini e Massara, dopo la conferma dello scorso luglio che allontanò l’ombra teutonica dalla panchina meneghina. 12 mesi dopo quindi, sarebbe stata una bocciatura al progetto milanista non confermare il tecnico ducale. 

L’unico ostacolo poteva essere la mancata qualificazione alla Champions League. Il giardino naturale del Milan è stato riconquistato dopo 7 anni di assenza e allora, tutto nelle mani di Pioli, con i soldi della Coppa che permetteranno al Milan di fare un altro tipo di mercato rispetto al passato: con la conferma di Ibra al centro del progetto e l’addio di Donnarumma tra i pali, già sostituito da Maignan. 

Gasperini all’Atalanta è intoccabile. Dalle salvezze o retrocessioni con cui doveva convivere la formazione bergamasca, all’ingresso in pianta stabile nelle top four del campionato, con annessa partecipazione alla Champions League. Senza dimenticare la Coppa Italia. La sensazione è che prima o poi un trofeo arriverà a Bergamo. 

Si va avanti allo stesso modo: un laboratorio in continua evoluzione, con un paio di pezzi pregiati che saluteranno Zingonia e una schiera di nuovi arrivi pronti a dar vita al solito Luna Park bergamasco. In fondo, il vero segreto atalantino è proprio questo: non stravolgere per nessun motivo al mondo il proprio credo calcistico. 

Sarri e Lazio, un matrimonio da fare (forse)

Come detto fra le panchine ancora scoperte, c’è quella della Lazio. In molti sono propensi a credere che il prossimo allenatore dei capitolini sarà Sarri. Ma ci sono dei ma in questa storia. 

Il primo nodo concerne la buona uscita della Juventus al tecnico aretino che è ancora sotto contratto con i bianconeri. Se non arriva la fumata bianca, non può essere tesserato da nessuno. 

Secondo aspetto. Sarri ha un gioco molto particolare, il famoso “Sarri Ball”. Ma per metterlo in atto servono i giocatori più congeniali al suo credo calcistico. Una campagna acquisti alla rinfusa non sarebbe il miglior modo per iniziare l’avventura, rischiando di commettere lo stesso errore fatto dalla dirigenza della Juventus con lo stesso Sarri. 

Il terzo nodo, si collega al precedente. Uno come Lotito, sarà disposto a spendere e spandere per accontentare Sarri? Oppure darà mandato al solito Tare di fare un mercato di basso profilo, cercando di assicurarsi scommesse che poi possono fruttare? 

Quarto ed ultimo aspetto. La Lazio di Inzaghi aveva una sua anima ed identità precisa, basando molto sulla difesa a tre e la mediana a cinque. Sappiamo bene che Sarri predilige uno schieramento molto diverso. Non solo, ma dopo aver dato tantissimo con lo stesso Simone, gli stessi giocatori hanno ancora fame per inseguire un nuovo progetto?. 

Domande alle quali solo il tempo potrà dare una risposta. Sicuramente portare Sarri a Formello sarebbe un level up di grandissimo spessore per tutto l’ambiente.